Barry: uccidere per gioco o per bisogno? | RECENSIONE

Barry
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Barry è in onda su HBO (e su Sky in Italia) dal 2018. La serie è stata accamata dalla critica, paragonata a Dexter e considerata una delle migliori di questi anni

Barry Berkman non è Dexter Morgan, ma il paragone non è completamente campato in aria. Il protagonista dell’omonima serie HBO, interpretato da uno straordinario Bill Hader, incarna come pochi la figura dell’antieroe alle prese con problemi morali spesso complessi, incastrato in un labirinto di vicende che con il passare delle stagioni si fanno sempre più paradossali.

Barry (seguono SPOILER sulla serie, per chi non l’avesse vista) è un reduce dell’Afghanistan e come molti ex-combattenti si porta a casa un pesante fardello: l’unica cosa che sa fare, nella vita, è uccidere. Ha quindi in un certo senso bisogno di farlo, anche se non un bisogno psicologico come quello di Dexter, quanto piuttosto un bisogno materiale che, però, non manca di manifestarsi.

Inseguendo una vittima Barry si trova coinvolto nel gruppo di recitazione del professor Gene Cousineau (Henry Winkler: Fonzie), e incontra anche Sally, che presto diventa la sua ragazza. Nel frattempo le cose si complicano perché Barry si mette nei guai con la mafia cecena, la quale a sua volta è impegnata in una lotta con la mala boliviana per il controllo del territorio di Los Angeles.

La serie parte da premesse fondamentalmente comiche, o meglio che rispondono al tipico stile della black comedy, con momenti violenti ma anche spiritosi che sembrano prendere tutto alla leggera e mirare ad un certo umorismo nell’insieme. Presto però le cose cambiano e ci si ritrova a domandarsi se si sta assistendo davvero a una commedia, oppure no.

Barry Berkman lavora come sicario su commissione, ma non è certo di voler continuare con questa vita

Barry, incapace di intrattenere regolari rapporti umani (o credendosi tale), cerca di bilanciare la sua ritrovata e inaspettata vita “normale” con gli impicci da sicario dai quali non riesce a districarsi. E il quadro si complica man mano che le persone con lui coinvolte finiscono con lo scoprire chi è veramente. Lui stesso pare non riuscire a capirlo: è un buono o un cattivo?

Una domanda che naturalmente non può trovare una sola risposta, come in ogni indagine sulla natura umana che si rispetti. Come pubblico, e come nel caso di Dexter, siamo portati a prendere le sue parti ma in molte occasioni non possiamo non provare repulsione per le sue azioni. Allo stesso tempo e in vari modi, scopriamo che anche gli altri personaggi non sono sempre quello che sembrano.

Un caso particolare è quello di NoHo Hank, un membro della mafia cecena che all’inizio della serie compare come semplice macchietta comica ma che presto diviene uno dei protagonisti principali. Anche lui scopre su sé stesso molte cose che nemmeno sospettava, e il suo percorso di evoluzione in tre stagioni è degno dei migliori personaggi, per esempio, di Breaking Bad.

Come serie quindi Barry lavora di sottigliezza, sollevando continuamente dubbi sui personaggi e sulle loro motivazioni, e portando a domandarsi quando e fino a quanto il fine veramente possa giustificare i mezzi. Di più, gli episodi indagano molte sfaccettature delle contraddizioni umane in un’epoca del resto caratterizzata da crisi dei valori e abissale incertezza.

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