Tekken: Bloodline è una serie immancabile per i fan della saga

Abbiamo visto Tekken: Bloodline, nuova serie anime Netflix basata sul celeberrimo franchise picchiaduro. Ecco la nostra recensione

tekken bloodline
Condividi l'articolo

Su Netflix è appena arrivata Tekken: Bloodline, nuovissima serie anime basata sul celeberrimo franchise picchiaduro di casa Namco (qui i nostri personaggi preferiti). Si tratta di uno show formato da 6 rapidi episodi diretti da Yoshikazu Miyao e animato dagli studi giapponesi Studio Hibari e da Larx Entertainment. La storia ruota attorno al giovane Jin Kazama e alla sua sete di vendetta nei confronti del demoniaco Ogre che ha ucciso sua madre.

Il ragazzo per cercare di placare la sua ira decide dunque di recarsi da suo nonno Heihachi Mishima per farsi addestrare in modo da essere pronto ad affrontare la creatura demoniaca quando se ne presenterà di nuovo l’occasione. L’aziano patriarca della famiglia deciderà dunque di sfruttare il potere del nipote per organizzare un nuovo King of Iron First Tournament in modo da attirare a sè Ogre e ingabbiare il suo potere. Dopo averla vista per intero, siamo dunque pronti a parlarvene.

Tekken: Bloodline, il Trailer

Tekken: Bloodline, la Recensione senza Spoiler

Tekken: Bloodline è sicuramente un prodotto ben fatto, creato da persone che hanno a cuore il franchise e dedicato in modo particolare a chi è cresciuto realizzando combo nei cabinati o con i joypad. Probabilmente questo è uno dei punti di forza maggiore di tutta lo show. Non si è cercato infatti di creare una serie che potesse intrattenere tutti, ma è stato invece pensato un prodotto fatto ad hoc per una determinata schiera di persone, i videogiocatori. Difficilmente infatti questa serie attrarrà grande pubblico al di fuori degli appassionati del franchise o porterà neofiti ad appassionarsi al videogioco. Tuttavia è un autentico must per chi ha confidenza con questo mondo.

Buono il cast presente. Attingendo ad un pool sconfinato qual è quello di Tekken, il rischio era quello di gettare nella mischia troppi personaggi non dando a tutti la caratterizzazione che si meritano. Invece i produttori di questa serie hanno deciso di giocare safe. Nel torneo infatti vediamo solo una manciata di lottatori combattere, altri partecipanti vengono solo nominati ed altri personaggi del franchise sono presenti ma in altre vesti (vedi Ganryu che è il capo della sicurezza di Heihachi e non sferra neanche un pugno).

Questo che ad un occhio disattento potrebbe apparire come un difetto è in reatlà un grande pregio. I personaggi che infatti scendono sul campo di battaglia sono perfetti. Esteticamente sono tutti curati nei minimi dettagli e perfettamente sovrapponibili alla loro contorparte videoludica. Gli abiti, il design, l’attitudine. Tutto è ricercato in modo certosino e fedele al materiale di partenza. E non parliamo solo dell’estetica dei personaggi, ma anche del loro modo di combattere. Leroy, giusto per citarne uno, celeberrimo per essere un personaggio fondato sul parry nel videogioco, qui para quasi ogni colpo che gli viene sferratto. Stesso discorso per il parco mosse. Nei duelli che vediamo i personaggi sferrano tutti quei colpi che siamo sempre stati abituati a vedere premendo i vari tasti sul joypad. Un’autentica goduria visiva per gli amanti del franchise.

Tuttavia c’è da dire che, sebbene i personaggi visti sono assolutamente perfetti, determinate scelte di casting potevano essere fatte decisamente meglio. Alcuni lottatori, come Lei e Yoshimitsu ad esempio, appaiono per una frazione di secondo all’inizio del torneo salvo sparire subito dopo quando una grafica ci informa della loro sconfitta. Sarebbe stato bello vedere almeno una scena o una semplice combo anche con quei lottatori presenti ma che non vediamo combattere. Avrebbe sicuramente fatto felice tutti quei fan che speravano di osservare la tecnica dell’ubriaco di Lei o le magie con la spada di Yoshimitsu. È stato davvero un peccato che siano stati presentati nel roster di partecipanti ma che non abbiano sferrato neanche un colpo.

Inoltre, se da una parte le animazioni in combattimento sono fluide, spettacolari e ricche di movimenti rapidi e combo pirotecniche, quelle che invece vengono create fuori dal campo di battaglia o durante i dialoghi sono spesso terribili. Si tratta ovviamente di un problema secondario visto che il fulcro di Tekken: Bloodline sono le sfide di arti marziali. In ogni caso alcuni momenti sono talmente brutti da cozzare in modo incredibile con la bellezza di quanto messo in mostra nei momenti sul ring. Tuttavia anche in quest’ultimo frangente c’è un problema evidente. I combattimenti, come detto, sono stupendi, vari e fedeli al videogioco. Ma è innegabile che c’è un uso smodato dei rallenty. Sono troppi e invadenti e talvolta interrompono brutalmente le azioni spezzando il pathos che si stava creando e riducendo quindi l’impatto che le scene avrebbero potuto avere se libere da questi artifizi.

In conclusione Tekken: Bloodline è davvero un ottimo prodotto, con una trama lineare che scorre serenamente fino alla fine senza mai tediare e divertendo gli spettatori. Si tratta di una serie che farà sicuramente felici i fan del franchise e che probabilmente lascerà indifferenti tutti gli altri. Ma alla fine va bene così. Questo show è una lettera d’amore al franchise con citazioni continue ai giochi, come Kazuya che getta in un vulcano Heihachi come nella cut scene di Tekken 7 o King che vuole costruire un orfanotrofio. Tutte cose che faranno brillare gli occhi a tutti gli amanti storici di questo leggendario brand. Se siete cresciuti tendando di picchiare la famiglia Mishima non potrete che adorare questa serie. Garantito.

Che ne pensate? L’avete già vista?

Continua a seguirci su La Scimmia Gioca, La Scimmia Fa!