I 10 film più filosofici di sempre

Un viaggio metafisico, che ci condurrà all'interno delle menti dei più grandi registi del secolo. Ecco i film più filosofici di sempre

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3. Waking Life di Richard Linklater, 2001.

Film più FilosoficiWaking Life è un film d’animazione in rotoscope del 2001, diretto da Richard Linklater. L’intero film è stato girato usando video digitale, su cui successivamente una squadra di artisti – tramite computer – ha disegnato linee stilizzate e colori per ogni fotogramma. Il titolo stesso della pellicola lo rende uno dei film più filosofici, dato che si riferisce alla massima di George Santayana che dice:

“Sanity is a madness put to good uses; waking life is a dream controlled” (“l’esser sani di mente non è che pazzia tesa al buon uso; la vita da svegli è un sogno sotto controllo”).

Il racconto narra la storia di un ragazzo (il cui nome rimane sconosciuto) che non riesce più a svegliarsi dallo stato di sogno. L’intero film, dunque, è un susseguirsi di sogni fatti dal protagonista, nel bel mezzo dei quali incontra diverse persone che dialogano o che intraprendono discorsi filosofici di livello altissimo e sui temi più disparati: il senso della via, l’autolesionismo, il “godersi l’attimo”, la giustizia e molti altri. Talvolta questi dialoghi sono talmente articolati che bisogna impegnarsi per seguirne il nesso logico, e comprenderne fino in fondo il significato.

Il vero tema centrale di Waking Life, però, è il concetto di “sogno lucido”; ossia quello stato in cui una persona riconosce di essere all’interno di un sogno e riesce a rimanerci (mentre in genere il soggetto è destinato a risvegliarsi). In teoria questo stato mentale è il più potente che esista, in quanto tutto è possibile (anche volare, ad esempio) senza conseguenze. Waking life è uno dei film filosofici per eccellenza, unico e imperdibile.

A cura di: Andrea Tarenzi

4. Essere John Malkovich di Spike Jonze, 1999.

essere john malkovich

Al settimo piano e mezzo di un palazzo c’è un ufficio che nasconde una piccola porticina: quando l’archivista Craig Schwartz vi ci entra, scopre di poter vivere per 15 minuti attraverso gli occhi di John Malkovich. Nonostante la sua natura assurda e i suoi sviluppi grotteschi, il film è una tragicomica analisi dell’esistenza umana, che dallo sdoppiamento d’identità e l’alienazione del sé mostra allo spettatore il declino di esistenze non vissute, dominate dall’ossessione, costantemente in affanno in quel piccolo teatro di marionette che è la vita.

A cura di: Eduardo Bigazzi