Leatherface – Julien Maury e Alexandre Bustillo (2017)
Leatherface
Dentro e fuori dai principali broadcaster, il Non Aprite Quella Porta di Hooper è ricomparso tra le file Netflix, pronto a confrontarsi con i mille remake e contro-proposte già saldamente inserite nel palinsesto. Piuttosto che riguardare il film, un valido accompagnamento può essere però questa assai interessante variazione sul tema, a opera nientemeno che dei redivi Maurye Bustillo.
Il loro Leatherface 2017 è quasi sicuramente il più interessante e meno-indegno apporto al franchise nella sua non fortunatissima vita extra-Hooper. Ed è significativo che l’ultimo alito di vita nel mito della famiglia Hewitt sia stato acceso dai due autori francesi, da anni marchiati dalla sfortunata nomea di one hit wonder, relegati al ricordo dei gloriosi mesi del nuovo horror francese di metà 2000.
Il loro A l’Intérieur resta ad oggi forse il parto più truce ed estremo del periodo – dunque, uno degli apici di ogni tempo, mai più ripetuto: il film del ritorno (anche commerciale) della coppia non ha ovviamente metà della forza di quel classico, ma basta comunque a regalare un’acida e sottilmente crudele origin story al deforme energumeno più amato di tutti.
I Gladiatori della Strada – Rowdy Herrington (1993)
I Gladiatori della Strada
C’è tanta azione vecchio stile nell’offerta mensile, con gli occhi degli appassionati sicuramente già rapiti da titoli come Lo Specialista (tardo Stallone in crisi di metà ’90), o la Sfida tra i Ghiacci di Steven Seagal (primo da regista nonché primo flop della star, presto esiliato nel regno del dtv).
La chicca vera da intenditori è però I Gladiatori della Strada, dimenticato film di Rowdy Herrington, seguito spirituale del classico Il Duro del Roadhouse e valido recupero per studiosi del contorto e affascinante percorso delle arti marziali nel cinema occidentale.
Messo insieme nell’unica fase storica possibile (gli anni di Van Damme e dei film di tornei), Gladiator si pose l’obbiettivo di aggiornare il vecchio racconto di boxe, ai tempi avviato al tramonto, con le nuove e più sregolate discipline in rampa di lancio – riconducendo le circensi tendenze asiatiche al più realistico standard narrativo hollywoodiano, ancora legato al dramma di rivalsa sociale.
Un genere di film che in capo a pochi sarebbe uscito dai programmi delle major per arenarsi nel low budget, ma che ai tempi poteva ancora contare su budget e grande cast. Da ricordare anche per il povero James Hurley di Twin Peaks in improbabile versione aspirante kickboxer, per uno dei suoi rarissimi ruoli da protagonista.
Crimson Peak – Guillermo Del Toro (2015)
Crimson Peak
Due come Tim Burton e Guillermo del Toro hanno molto in comune, e la loro comparsa con due film quasi paralleli nelle file dell’algoritmo non è certo casuale. Lo Sleepy Hollow di Burton fu un importante punto di svolta nell’imporre l’estetica dell’autore al pubblico ultra-mainstream, popolarizzando una nuova, postmodernissima idea di “gotico al neon” su cui in molti avrebbero mangiato per decenni. E ancora oggi, quasi vent’anni dopo, su quella bizzarra concezione di horror letterario come trionfo dello spettacolo macabro e barocco vive un film come il Crimson Peak.
Il flop del 2015, generalmente (giustamente?) dimenticato, è, con tutti i suoi difetti, un compendio esauriente di tutto ciò che registi come Del Toro e Burton hanno amato così profondamente, e che ha negli anni polarizzato il proprio pubblico in vere tifoserie di fanatici e detrattori: un’idea di gotico filmico usato contro se stesso, ridondante, teatral-musicale, autoindulgente, completamente alieno al rigore Universal che superficialmente vorrebbe omaggiare. Bene o male, un genere a sé.