Top 50: i migliori album del 2020 secondo la Scimmia

Ecco quelli che per noi sono i migliori 50 album del 2020

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30. Kelly Lee Owens – Inner Song

La canzone interiore di Kelly Lee Owens non delude i suoi fan (e non). Complici anche le tante collaborazioni importanti (prima fra tutti quella con Four Tet), Inner Song è un album che non dispiace all’ascolto. È ben ponderato nel suo malinconico electro, e questa volta la voce della Owens non è solo un mezzo, ma la vera protagonista dell’intero disco. Non sarà un capolavoro, ma siamo sicuri che l’onirico Inner Song stia proiettando la Owens su una buona strada.

A cura di Marika Lucciola.

29. Charli XCX – How I’m Feeling Now

Purtroppo Charli XCX seguita ad essere nota solo come “quella di I Love It”, il successo da lei cantato con le Icona Pop a inizio scorso decennio. Ragion per cui molti non hanno idea di quanto la sua discografia sia interessante e sfaccettata. In questo disco la cantante contamina il guilty pleasure del suo pop ultra-elettronico con motivi industrial, sposando in parte la wave dark pop e in parte volendo, come molte colleghe, rendere l’idea di quanto la musica commerciale possa essere anche intransigente e diversificata. How I’m Feeling Now è un perfetto esempio di come, nel 2020, le cantanti pop femminili abbiano spesso più e migliori idee dei gruppi rock o degli artisti indie.

A cura di Andrea Campana.

28. Fleet Foxes – Shore

Al loro quarto full-lenght album i Fleet Foxes hanno ormai esplorato il nuovo folk in tutte le sue sfaccettature, passando dai cori del debutto omonimo, per i toni più epici del successivo Helplessness Blues, ai suoni più rarefatti di Crack-Up, fino ad arrivare a Shore. Quest’ultimo è un viaggio nel mondo, in cui in ogni traccia è concentrata la meraviglia della natura. Il folk e il tripudio acustico lo rendono il viaggio musicale perfetto per chi è alla ricerca di una sountrack avventurosa, ma non è così densa da poter esser ritenuta memorabile. Un ascolto piacevolissimo, che però lascia il tempo che trova.

A cura di Marika Lucciola e Ivan Arena.

27. Bombay Bicycle Club – Everything Else Has Gone Wrong

Dopo più di 3 anni dall’ultimo lavoro i Bombay Bicycle Club sono tornati con un nuovo album, Everything Else Has Gone Wrong. Da questo nuovo lavoro emergono subito i tratti distintivi, musicalmente parlando, che hanno caratterizzato la, seppur variegata, carriera artistica della band Londinese. Le sonorità, dall’indie rock al folk, ritornano ora in una chiave più elettronica, che sembra essere la colonna portante dell’intero album, senza tuttavia emarginare i suoni della chitarra, della batteria e tutto il resto. Everything Else Has Gone Wrong è un album che ruota attorno a melodie malinconiche che però nascondo una rinnovata gioia, forse per il ritorno della band sulla scena.

A cura di Aurelio Fattorusso.

26. Tame Impala – The Slow Rush

Tornando ai Daft Punk si arriva a The Slow Rush, concept sul tema del tempo dove si respira la pulizia del French Touch, il sottogenere dell’elettronica incarnato da Homem-Cristo e Bangalter. Ma nel disco c’è anche la deep house di Breathe Deeper. la bossa nova di Tomorrow’s Dust, l’eurobeat di Glimmer (come in Suddenly) e persino le OST di Tarantino in It Might Be Time (a voi scoprire dove). Questa nuova evoluzione di Kevin Parker – esperita senza tradire il suo noto stile – agisce sul piano introspettivo, sopratutto attraverso i testi (più che mai significanti). Un consigliatissimo assalto sonoro che si muove persino tra l’EDM e la disco music. Proprio come Discovery. Ma vent’anni dopo.

A cura di Tiziano Altieri.

25. IDLES – Ultra Mono

L’attesissimo ritorno della band inglese, che non era ancora riuscita a saziarci con gli ottimi Brutalism e Joy as an Act of Resistance, stupisce di nuovo con suoni di chitarra freschi ed interessanti in un disco politico fino al midollo dalle sfumature noise e dance. In Ultra Mono la penna di Talbot è ancora più sottile e tagliente e si fa bandiera non solo della comunità LGBTQ+ ma, in generale, di tutte le “vittime” di questa società capitalista, razzista, maschilista e costantemente alla ricerca di un’irraggiungibile ideale di perfezione (vedi “Model Village”). Da ascoltare, in particolare, le stridenti “War”, “Grounds” e la stupenda “A Hymn”, vetta qualitativa dell’LP.

A cura di Ivan Arena.

24. mxmtoon – Dawn

Dawn è stato pubblicato prima del Covid-19, prima della quarantena e di questo 2020 ma ascoltandolo si ha l’impressione che Mxmtoon abbia previsto tutto. E volendo offrirci un conforto ha realizzato brani che ispirano una profonda serenità, quasi come se la cantante, seppure giovane, avesse raggiunto una specie di Nirvana. E invitandoti nella propria intimità, Mxmtoon con Dawn ti accompagna quasi in un viaggio interiore per riuscire a sopravvivere a questo anno terribile, ma anche ad altre sfide che la vita può porti. Questo album merita già solo per le sensazioni che riesce a trasmetterti.

A cura di Aurelio Fattorusso.

23. Run the Jewels – RTJ4

Chissà se i Run The Jewels si sono resi conto di vivere nel 2020. Chiamare Zack de la Rocha in un disco prodotto dopo il 2000 e Josh Homme in un disco hip hop è un azzardo e un segno del fatto che in casa di Killer Mike e El-P c’è ancora appeso al muro il calendario di Mel Gibson del 1998. Ma si rivela solo la conferma del fatto che l’hip hop è una pozione magica che richiede troppi ingredienti: tra gli altri, unghie di gnomo, zampe di tarantola, stoner rock, East e West Coast. Il loro suono è dedotto dal rap di New York sporcato, strappato e ripensato già sperimentale. Come suonerebbe il grime se non fosse nato dalla scena urban londinese? Forse così.

A cura di Francesco Di Perna.

22. Poppy – I Disagree

Cambiamo totalmente genere con l’ultima follia di Moriah Rose Pereira, a.k.a. Poppy. La fusione incontrollata di Marilyn Manson e Taylor Swift ci dona qui una bella scorpacciata elettro-Industrial, mista a sfuriate metal ed improbabili parti cantante che sembrano uscite da Disney Channel. Stranamente, queste non stonano assolutamente se unite agli altri stili. Ciò avviene perché Poppy ci ha ormai abituato a tali stranezze, ma la cantante ci stupisce con Nothing I Need, traccia da cui esce fuori la vera essenza dell’artista. La sua urgenza di dire qualcosa. Lo stesso dicasi per Don’t Go Outside, notevole anche per le sue anticipazioni sul Coronavirus. Ma queste tracce più melodiche sono troppe, e non tutte così riuscite. Cara Poppy: donaci solo il tuo lato psicotico.

A cura di Tiziano Altieri.

21. Rina Sawayama – Sawayama

Debut album dell’anglo-giapponese Sawayama di dimensioni mastodontiche. Si tratta di un lavoro innovativo ed eclettico, una ventata d’aria fresca in un mondo che ormai fa un po’ fatica a rinnovarsi con originalità. Le sonorità spaziano dal pop al metal, e ogni traccia è un universo a sé, testo incluso. È evidente la commistione tra oriente ed occidente, e il risultato è qualcosa di così unico che è impossibile non innamorarsi di ogni singola track. Non vediamo l’ora di scoprire quali altre soprese ci riserverà Sawayama, nel vicino 2021. Nel frattempo, scatenatevi con questo.


A cura di Marika Lucciola.