Dark 2, recensione di un’apocalisse annunciata [SPOILER]

Dopo il successo internazionale riscosso dalla prima stagione, Dark torna a raccontarci gli oscuri misteri della cittadina di Winden.

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Se la prima stagione di Dark è riuscita a riscuotere un successo internazionale, grazie alla seconda stagione, la serie ideata da Baran bo Odar e Jantje Friese si è confermata una fra le migliori produzioni Netflix fino ad ora realizzate. Non che ci fossero dubbi sulla fattura del prodotto in questione, tuttavia riuscire a confermarsi a livelli così alti è proprio soltanto delle storie di grande qualità e Dark è addirittura riuscita ad alzare l’asticella posta dalla prima stagione.

“Il dolore sarà la sua nave, il desiderio la sua bussola”

È con queste parole di Adam, lo Jonas del futuro che però si trova nel passato, che potremmo esattamente definire il sostrato emotivo che sta alla base degli avvenimenti. Il dramma di ognuno dei personaggi in gioco si allarga a macchia d’olio, fino ad assumere contorni paradossali e inaccettabili. Tutti i protagonisti agiscono sospinti da una perdita, un lutto, una colpa inconfessabile, in generale un evento che ha funestato le loro vite e che li orienta verso uno scopo. Ogni cosa ha avuto inizio proprio per questi motivi, con il suicidio di Michael. Tuttavia è a questo punto della storia che si pone la domanda cardine che sta’ alla base dell’intera serie e, soprattutto di questa seconda stagione.

Il mondo che abitiamo è governato dalla necessità o dalla libertà?

Le correnti di pensiero che provano ad elaborare una risposta a questa a domanda, a dir poco complessa, sono due. Da un lato troneggia la fazione materialista del Sic mundus, capeggiata da Adam, ennesimo nome che porta con sé un chiaro referente biblico, proprio come Noah, il cui ruolo di principale antagonista sembra esser stato notevolmente destrutturato. I componenti di questo schieramento ritengono che l’unico e vero Dio sia rappresentato dal Tempo che, esattamente come nell’allegoria I Trionfi  di Francesco Petrarca, regna su ogni cosa, anche sulla morte stessa. Secondo questa visione, il destino non sarebbe altro che una meccanica concatenazione di cause ed effetti. Proprio per questo motivo, il loro obiettivo consiste nel distruggere il mondo per creare un paradiso, in cui questa necessità sia annientata.

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Dall’altro lato troviamo tutti coloro che credono nella libertà e nel libero arbitrio e che potremmo collocare in una corrente metafisica e decisamente più ottimista. Secondo coloro che ne fanno parte, su tutti Jonas e Claudia, il corso degli eventi può essere cambiato, a patto che venga trovato lo spiraglio che potrebbe modificare il corso degli eventi. Dio ha un piano, sono le parole che Michael confida al figlio Jonas, disposto a sacrificare se stesso pur di porre fine ad un inesorabile ciclo che si ripete ossessivamente, ricalcando in maniera non troppo implicita la teoria dell’eterno ritorno di Nietzsche.

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Nel tentativo di rispondere a questo secolare quesito esistenziale, Dark accantona leggermente i toni cupi della prima stagione, quel poco che serve per dare maggior rilievo alla fantascienza mista a filosofia. Se il primo ciclo ha rappresentato un perfetto thriller psicologico che ha fatto del mistero e dei non detti la propria forza, il secondo ha assunto un passo decisamente più narrativo ed esplicativo. Il prevalere della dimensione fantascientifica e distopica ha comportato, infatti, un ulteriore ingarbugliamento di una trama già fitta e per fare sì che questa non sovrastasse gli spettatori, gli autori della serie hanno dovuto fare in modo che ogni paradosso ed ogni mistero fossero spiegati nel momento e nei modi giusti, mantenendo intatta la grandissima qualità di scrittura mostrata fino ad ora.

Nonostante possa sembrare semplice individuare i buoni della storia e distinguerli dai cattivi, questa seconda stagione di Dark rende ancora più labili i confini fra il bene e il male. Il discrimine fra ciò che è giusto e ciò che non lo è, viene inevitabilmente compromesso dagli stessi paradossi temporali. Coloro che in futuro, se questa tradizionale ripartizione del tempo ha ancora un senso, sembrano agire in maniera retta, sembrano farlo per provare a porre rimedio ai propri errori passati e viceversa, per coloro che provano ad intervenire sul passato, consci di ciò che avverrà in futuro. L’inestricabile labirinto temporale che opprime la città di Winden trova in tal modo un perfetto corrispondente nel labirinto esistenziale che guida le azioni dei personaggi della storia.

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Se Dark è riuscita a mantenere ed alzare il livello raggiunto nella prima stagione, il merito va ancora una volta alla qualità della regia, della fotografia e delle musiche. La prima riesce a seguire perfettamente i concitati passaggi che si susseguono l’uno dopo l’altro, mentre fotografia e musica riescono a fondersi armoniosamente, dando vita a degli intensi momenti di lirismo. L’esempio più fulgido e compiuto è rappresentato dalle scene che hanno puntualmente inizio dieci minuti prima che ogni episodio si concluda e ci incantano con diverse sequenze, prima della chiusa finale. Anche e soprattutto in queste perfette simmetrie, Dark rivela la sua estrema pregevolezza, frutto di un’attentissima cura ai dettagli, che fa sì che nulla sia lasciato al caso, proprio come Winden ci insegna.

Dopo aver assistito all’epilogo di questa stagione, sappiamo già che l’ultimo ciclo di episodi sarà pronto nel 2020 e noi non vediamo l’ora di goderci l’ultimo, avvincente ed intricato capitolo di una serie destinata a lasciare il segno.

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