I Peace rendono tributo al post-britpop stile 1998. Bene o male?
C’è una verità che nessuno vi dice riguardo gli album pop/rock: è impossibile, e anche ingiusto, bollarli semplicemente come buoni album e cattivi album. Un disco, anche in base ai gusti personali (specie se questi sono ben coltivati) difficilmente può fare completamente “schifo”. Oppure, difficilmente può piacere tanto da far gridare al capolavoro.
La verità è che la maggior parte degli album che escono, in ambito mainstream e indie internazionale (ma l’Italia fa poco eccezione) sono dei 6/7. Così è Kindness Is the New Rock and Roll, il terzo album del quartetto inglese Peace.
Il gruppo, proveniente da uno stile marcatamente indie rock, decide in questo ultimo disco di scartare tutto il proprio sound precedente. Al suo posto, i Peace qui sembrano costruire una sorta di tributo allo stile post-britpop di vent’anni fa, o giù di lì.
Coldplay, The Verve, Travis, Cast, Ocean Colour Scene. Ci sono tutti.
Il risultato è ampiamente derivativo, come si coglie dalla canzone Angel: la strofa è Fake Plastic Trees dei Radiohead (1995), il refrain è The Scientist dei Coldplay (2002). Le altre canzoni girano più o meno attorno allo stesso stile. Ci sono molti lenti, molte chitarre, zero elettronica e tastiere. Kindness Is the New Rock and Roll è un disco riflessivo, posato, tranquillo, che sembra quasi non voler farsi notare.
Ed arriviamo allora al punto: il giudizio sull’album, quello che si richiede ad una recensione. Questo album dei Peace è bello o brutto? La risposta è: dipende. Certo, è una risposta poco seducente. Se odiate gli Oasis, vi schifano le canzonette britpop alla Gallagher, non potete sentire i Coldplay, nemmeno quelli di Parachutes, allora questo disco non vi piacerà. Ma il punto è che se non ascoltate questi gruppi, allora non sentirete mai neppure questo disco.
Mentre se state leggendo questa recensione, probabilmente uno stile come quello attuale dei Peace non vi fa proprio scappar via. Perchè, appunto, se vi piacciono Coldplay, Oasis, Cast ecc. questo disco è più che godibile. Anche se, ed eccoci qui, niente di lontanamente paragonabile ai capolavori del genere di vent’anni fa, come appunto Parachutes. Insomma, un 6/7.
