Song To Song – La recensione del film di Terrence Malick

Un cast d'eccezione per Song To Song, l'ultimo film di Terence Malick.

song to song
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L’effetto autoriale che Malick imprime al suo cinema sembra essere il perno sul quale si erige la sua poetica, che scruta i sentimenti umani.

Lo stile profondamente allegorico e corale del regista non lo rende soggetto a giudizi equilibrati, o si ama o si odia. Difficile trovare mezze misure nei giudizi dal momento che i suoi film colpiscono sia in positivo che in negativo. Malick è da sempre un regista profondo, riflessivo e sicuramente mai banale. Non si esime da queste prerogative il suo ultimo film, Song To Song che fa dell’introspezione e del gioco di antitesi i suoi punti cardine, a firma dell’autorialità di Malick che qui si avvale di un grandissimo cast e della partecipazione di stelle del rock come Patti Smith ed Iggy Pop.

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In una Austin piena di feste e musica troviamo BV, interpretato da un Ryan Gosling che accantona l’ukulele di Blue Valentine ed imbraccia una chitarra, con la speranza di sfondare nel mondo della musica. E così sembra accadere grazie al luciferino magnate dell’industria musicale Cook, un ottimo Michael Fassbender che non smette mai di auto elogiarsi, il quale durante una festa permette a BV di incontrare la disinibita Faye, una Rooney Mara in costante ricerca di nuove esperienze. Tra i tre si sviluppa subito un ménage-a-trois che vedrà mettere a serio rischio ogni forma di relazione tra loro a causa dell’incontro fortuito tra Cook e Rhonda, una religiosa ed insoddisfatta Natalie Portman. Amore, bugie e tradimenti diverranno il leitmotiv di Song To Song che vuole indagare ossessivamente la vita dei tre protagonisti.

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Malick scruta, osserva la realtà che circonda i suoi personaggi, ma non riesce a carpire perfettamente le loro sensazioni. Lo stile documentaristico del regista di The Tree of Life prova ad invadere lo spazio privato dei protagonisti, ma la loro intimità appare sussurrata, mai palesata e solo visivamente accennata; come se i protagonisti sapessero di essere ripresi. Le sensazioni comandano Song To Song, portate avanti dalle flebili voci fuori campo dei protagonisti che solo attraverso questo espediente si spogliano di ogni filtro e si lasciano andare. A dir poco emozionante la sequenza che vede Patti Smith come protagonista assoluta. La Sacerdotessa del Rock si spoglia di ogni inibizione ed inizia un racconto personale, intimo, mettendo in luce tutto il suo amore verso il defunto marito. Profonda e toccante come solo Patti Smith sa fare.

La camera indaga ossessivamente i volti imperscrutabili e sfuggevoli senza mai trovare una risposta concreta ed emotiva. I primissimi piani tagliati e i bruschi movimenti di macchina, insieme ad una recitazione estraniante, rendono il film una vera e propria ricerca ossessiva dell’emotività dei tre protagonisti, caratterizzati da una fortissima carica erotica mai completamente espressa.

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Lo spazio ed il tempo si piegano alle volontà della miglior tradizione dell’ultimo Malick, diventando disomogenei in favore di un’immagine d’impatto grazie all’immensa fotografia di Lubezki. Proprio l’immagine ci aiuta a capire una dialettica a metà che si ferma solo all’antitesi, sulla quale si muove questo film. Un tripudio dove sacro e profano si mescolano insieme senza mai però sublimare in qualcosa di più grande. I protagonisti di Song To Song sono costretti a fare un passo indietro, non si arricchiscono di nulla. Si ritrovano poveri, squallidi, ritornando in quel passato altrettanto squallido dal quale scappavano; divorati dai cambiamenti repentini che un ambiente troppo grande per loro ha riservato.
Malick ci offre quindi un film potente e corale, come solo lui sa fare, che offre molti spunti di riflessione grazie al sapiente utilizzo d’immagini evocative e scene simboliche. Un film indubbiamente affascinante che racconta una storia quasi verghiana, un’ascesa ed un declino repentino che culmina con un odiato ritorno alle origini.