Star Trek Discovery – Nel mezzo del classico e del moderno

La nuova serie sull'universo di Star Trek giunge al suo finale di metà stagione. Facciamo insieme il punto. La serie riprenderà con il Capitolo Due il 7 gennaio su Netflix.

L'equipaggio della USS Discovery nella serie Star Trek Discovery
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Siamo giunti al midseason finale di Star Trek Discovery, la nuova serie dedicata a Star Trek.

Dopo la prematura chiusura di Star Trek Enterprise durata solo 4 stagioni, è stato rilanciato il fenomeno fantascientifico. Siamo nel “mezzo” di questa nuova avventura, tratta dalla creatura ideata da Gene Roddenberry più di 50 anni fa. Uno dei serial tv più seguiti al mondo, con alle spalle una schiera di fan esigentissimi.

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“Spazio, ultima frontiera…”

Ogni nuova serie legata a Star Trek ha avuto fan soddisfatti e fan contrariati. Ogni serie ha però sempre dovuto, all’inizio, accogliere tutta una serie di diffidenze, da parte di coloro che avevano ancora negli occhi la serie precedente. Next Generation ha vissuto questa diffidenza per una nuova serie a distanza di 20 anni dalla serie classica. Deep Space Nine è stata guardata in malo modo per non avere un’astronave al centro dell’attenzione. Star Trek Voyager l’astronave ce l’ha, ma non avendola chiamata Enterprise qualcuno ha gridato allo scandalo. Star Trek Enterprise, infine, ha rimesso il nome atteso dai fan più radicali, ma anche così ha scontentato alcuni per aver anticipato tecnologie ed effetti visivi in un periodo precedente alla serie originale. Insomma, in questo mondo nulla sarà mai perfetto.

I produttori di Star Trek Discovery si son trovati sin da subito nel mezzo di valutazioni di questo tipo. Tralasciando l’aspetto dei nuovi Klingon, Star Trek Discovery ha scatenato immediatamente il dibattito su cosa possa essere definito “trek” e, rispettivamente, “non trek”. Bisogna però ricordare che una saga così vasta ha presentato le sue serie tv in un arco temporale ampio. Ogni periodo storico ha contaminato con politica, società, costumi e gusti la serie dell’epoca. Quindi un confronto diretto tra Star Trek Discovery e le altre serie non può essere realmente costruttivo, se non si considera la fruizione della serie tv nel loro preciso contesto storico produttivo.

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Star Trek Discovery e il 2017

L’anno di ambientazione di Star Trek Discovery è il 2256, 10 anni prima della serie originale. Come è stato per Star Trek Enterprise, andata in onda quasi 40 anni dopo la serie classica, anche Star Trek Discovery non presenta i “bottoncini” e le “manovelle” che venivano azionati da Kirk e soci. Siamo onesti, ci troviamo nel 2017 e già adesso tutto (o quasi) viene azionato mediante touchscreen. Realtà virtuale, realtà aumentata, stampanti 3D, stanno già contaminando il nostro quotidiano lavorativo e ludico. Star Trek Discovery presenta una tecnologia e un’interfaccia della stessa, ereditate, in parte, dai reboot di J.J.Abrams.

Chi non ha vissuto in diretta la serie classica non si scandalizzerà nel vedere tecnologia visivamente più avanti, rispetto a quella che ha avuto in mano Spock. La serie dimostra egregiamente, in questi primi 9 episodi, di sapersi rinnovare anche nelle tecnologie.

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La trama orizzontale

Star Trek Discovery si presenta con una trama orizzontale. Per la prima volta una serie di Star Trek abbandona la narrazione con episodi autoconclusivi e si concentra su una trama che coinvolge tutta la stagione. In realtà già in Star Trek Next Generation ci fu l’occasione di vedere qualche episodio legato ai successivi. Uno dei primi esempi venne dato da L’attacco dei borg, due episodi a cavallo tra terza e quarta stagione.

Uno stratagemma perfettamente riuscito per legare le diverse stagioni lasciando col fiato sospeso lo spettatore. Star Trek Discovery si concede solo una pausa: l’episodio 7 Toglie di senno finanche i più saggi. Una rivisitazione de Ricomincio da capo molto ben costruita, che rievoca nuovamente Harry Mudd (Rain Wilson), già visto nella serie classica.

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Il coraggio

Star Trek Discovery è coraggiosa nei toni, nei temi, nel volersi agganciare alla tradizione con rispetto e nel cercare di intercettare i gusti di un pubblico moderno. E’, in sostanza, quanto la serie classica ha fatto negli anni ’60. Un saluto vulcaniano e La battaglia della stelle binarie, i primi due episodi, sono l’esempio di come Star Trek Discovery abbia abbracciato le dinamiche delle serie tv del ventunesimo secolo. In uno scenario iper-competitivo, non c’è più tempo per presentare i personaggi, bisogna entrare subito nel vivo. Ed è subito guerra, con coraggio, perché Star Trek è stata sempre vista come una serie pacifica. Con coraggio perché in realtà continua ad esserlo e ricomincia le grandi battaglie contro il nemico di turno; Borg, Romulani, Xindi, Dominio, ecc.

Context is for Kings, terzo episodio, riprende atmosfere viste proponendo un mix tra Fringe e Alien, divenendo garbatamente sanguinolento come nei più cupi episodi di Star Trek Voyager. Con The Butcher’s knife cares not for the lamb’s cry, il quarto episodio, fa ritorno la questione morale tanto cara a Star Trek, attraverso la figura poetica di un macellaio e dell’agnello. Choose your pain, quinto capitolo è in pratica una rievocazione soft de Il peso del comando, doppio episodio della sesta stagione di Star Trek Next Generation.

Lethe e Si Vis Pacem, Para Bellum sembrano ammiccare a due episodi abbastanza famosi rispettivamente della serie classica e, ancora una volta degli episodi con l’equipaggio del capitano Picard. Into the Forrest I go è una conclusione roboante ed entusiasmante di questa prima metà di stagione,  che meriterebbe un articolo a parte per la quantità di citazioni e di adrenalina.

 

Continua sulle pagine seguenti.