Detroit – La recensione in anteprima

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DETROIT – LA RECENSIONE IN ANTEPRIMA – Dopo aver affrontato il tema della guerra nei due precedenti film, ovvero Zero Dark Thirty e The Hurt Locker, la regista premio Oscar Kathryn Bigelow torna nelle sale con un altro film decisamente controverso.

Nel cast nomi interessanti come John Boyega, Will Poulter, Anthony Mackie, Hannah Murray e Jack Reynor.

La storia è ispirata alle sanguinose rivolte che sconvolsero Detroit nel 1967. Tra le strade della città si consumò un vero e proprio massacro ad opera della polizia, in cui persero la vita tre afroamericani e centinaia di persone restarono gravemente ferite. La rivolta successiva portà a disordini senza precedenti costringendo così, ad una presa di coscienza su quanto accaduto durante quel giorno nefasto di cinquant’anni fa.

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DETROIT – LA RECENSIONE IN ANTEPRIMA  La prima cosa che salta subito all’occhio della nuova pellicola della Bigelow, è senza dubbio una ricercata immedesimazione. La regista affronta il tema cercando di essere il più autentica possibile, portando lo spettatore all’interno della sanguinosa vicenda. La macchina da presa sin da subito accompagna da vicino i personaggi, veicolando un pieno senso di sofferenza e claustrofobia. Il tutto alternato da un taglio (quasi documentaristico) che rende la storia ancora più interessante. Un film che parte lentamente, prendendosi il tempo di raccontarci per bene l’accaduto, ma che potrebbe inizialmente scoraggiare; soprattutto se non si è avvezzi a questo tipo di storie. Tuttavia la seconda parte vi terrà, per forza di cose, incollati alla sedia. Attoniti di fronte a quello che succederà.

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DETROIT – LA RECENSIONE IN ANTEPRIMA – Detroit, in maniera veramente brutale, non vuole fare altro che mostrare, come a volte il potere e l’autorità di un singolo individuo possano far perdere di vista il quadro generale della situazione. Sopratutto se a mettersi in mezzo sono qualità spregevoli come il razzismo. Messaggio trasmesso grazie anche a un’ottima caratterizzazione dei personaggi, ma anche a delle interpretazioni davvero formidabili; come quella di Will Poulter, nei panni di un poliziotto dai metodi decisamente violenti. Recentemente lo abbiamo visto in film come Revenant di Iñárritu e War Machine di David Michod, lasciandoci una sicurezza indiscutibile: questo ragazzo ha un talento enorme ed è solo all’inizio della sua carriera.

Parlando del suo ruolo all’interno del film, l’attore britannico ha dichiarato:

Non riuscivo minimamente a relazionarmi con lui. Non riuscivo a trovare un parallelo. Si trattava di comprendere la struttura di pensiero, negativa e male informata, che caratterizza un comportamento così razzista. Sapevo poco della storia americana e ancor meno della storia afro-americana, così ho dovuto fare qualche ricerca. E ciò nonostante, è stato difficile cercare di abbracciare quel tipo di metodologia che conduce alla disumanizzazione degli afro-americani e, a essere completamente onesto, il ruolo che i bianchi hanno avuto nel promuovere questo tipo di sistema.” (Will Poulter)Detroit - la recensione

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Il suo è un personaggio aberrante, immorale, disturbato ed è quello che a fine visione resterà più impresso. Anche le interpretazioni di Boyega e Reynor sono sorprendenti, ma l’entrata in scena di Poulter sovrasta tutti, complice anche la cattiveria e determinazione del suo personaggio. Di vitale importanza la colonna sonora, trasformata in un simbolo della lotta per i diritti civili degli afroamericani; grazie anche alla figura di Algee Smith. In questo film veste i panni di un cantante, leader del nascente gruppo R&B, i Dramatics, formatosi precisamente nel 1964. La sua è una prova attoriale intensa e ben riuscita, che mette in mostra, specialmente nella parte iniziale, tutto il suo talento recitativo e canoro.

È praticamente impossibile rimanere indifferenti davanti a una pellicola del genere. Detroit è cinema puro, probabilmente uno dei miglior film dell’anno. Una rappresentazione cruda, incredibilmente realistica e, che per tematiche e personaggi, risulta quanto mai attuale.

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Simone Martinelli
Nato a Milano nel 1992. Appassionato di cinema sin da piccolo. I suoi registi preferiti sono David Lynch e Nicolas Winding Refn. Ama guardare film ogni giorno, alimentando sempre di più la sua fame di pellicole. Sogna un mondo senza Paolo Ruffini dietro la macchina da presa.
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