I migliori film del 2014 secondo la Scimmia (in ordine di gradimento)

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11) Babaodok, di Jennifer Kent

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Un piccolo gioiello del cinema horror, atipico per certi versi, bellissimo nella sua interezza e nel suo significato di fondo. Una vedova vive con un bambino problematico. Suo maritò morì in un’incidente mentre la stava portando in ospedale per partorie. Sensi di colpa, depressione ma soprattutto sconforto: questi sono i sentimenti che caratterizzano il rapporto che Amelia ha con il piccolo Samuel. Tutto si complica quando viene rinvenuto misteriosamente un libro nella libreria della loro casa. Un libro apparentemente innocente che però risveglierà un demone, Babadook, attraverso una poesia. Un po’ come accadeva nel cult di Wes Craven “Nightmare“. Qui però non siamo di fronte ad uno slasher. Qui siamo di fronte ad un horror psicologico dai mille risvolti e dalle mille interpretazioni. Un dramma che racconta l’elaborazione di un lutto. Ogni inquadratura ci mostra un disagio, da quello psicologico che affligge il bambino, a quello depressivo che affligge la madre. Cresce la paura per questo essere che si nasconde sotto al letto o dentro l’armadio. La proiezione delle paure di un bambino che va a coinvolgere anche un genitore fragile, trascinando nel terrore un nucleo familiare spezzato. Si potrebbero scrivere pagine e pagine su Babadook, con riferimenti alla psicanalisi, e si potrebbe analizzare all’infinito. Intanto, possiamo dirvi che Babadook è un film che sa come far riflettere lo spettatore, costretto a non fermarsi alla semplice messa in scena. Un horror psicologico incorniciato da un dramma familiare.

Film d’esordio per la giovane regista australiana Jennifer Kent che dopo aver partecipato a numerosi festival ed aver vinto molti premi, ha riscritto il suo cortometraggio horror “Monster” per il grande schermo.

(a cura di Lorenzo Pietroletti)

10) Adieu au langage, (Addio al linguaggio), di Jean-Luc Godard

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La vita di una coppia, descritta in vari momenti: dall’incontro alle discussioni, fino ai momenti di vita quotidiana. Nel frattempo un cane osserva.
Godard, ex-critico dei Cahiers du cinema e maestro della Nouvelle vague, porta avanti con coerenza e con ostinazione, il suo discorso sul linguaggio, cinematografico e non (uno dei suoi temi prediletti e da sempre presenti nella sua filmografia: Due o tre cose che so di lei, Histoire(s) du cinèma…), in continuo mutamento e, adesso, succube della tecnologia. Metafora esplicata dall’utilizzo della stereoscopia in modo originale e provocatorio, ma mai fine a sé stesso, con le due immagini spesso non allineate (nei “classici” film in 3d, la coppia di immagini deve essere perfettamente sovrapposta), che creano un effetto di sdoppiamento (di identità? o utile a marcare la distanza tra i due protagonisti?). Godard continua a rinnovarsi, mostrando anche alla veneranda età di 83 anni, uno spirito innovativo e rivoluzionario. Come al solito: montaggio frenetico, uso di formati diversi, citazioni e riflessioni su politica, sesso e tecnologia non mancheranno.

(a cura di Ettore Bocci)