I 12 remake migliori dell’originale secondo la Scimmia

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10) Nosferatu il principe della notte, di Werner Herzog (1978)

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Iniziamo col dire che tra il Nosferatu di Murnau e quello di Herzog ci sono ben poche differenze. Inserire il remake in questa particolare classifica non toglie nulla al capolavoro del cinema espressionista tedesco di Murnanu, anzi. Herzog vince ai punti ma solo per una questione prettamente legata alle possibilità del tempo, oggettivamente impari già a partire dal semplice sonoro che differenzia le due pellicole.

Herzog è stato capace di rendere un degno omaggio al Nosferatu di Murnau, amplificando la maliconia della storia, grazie soprattutto all’interpretazione di un Klaus Kinski, truccato alla perfezione e di una bellissima Isabelle Adjani, nei panni di Lucy Harker, poco prima di vestire quelli di Anna nel capolavoro di ZulawskiPossession“.
Scrivere oggi la trama è una futile ripetizione anche perchè ciò che balza all’occhio non è la storia in sé quanto più la volontà di Herzog nel voler sottolineare l’impossibilità di Dracula di mettere fine alla vita, regalando al film una notevole componente esistenzialista. Un velo di poesia che abbraccia il capolavoro horror di Herzog e che manca di fatto al film di Murnau. D’altro canto, nel 1922 non vi era questa priorità dal momento che stiamo parlando di cinema espressionista muto. Il che, mi preme sottolineare ancora, non esenta dall’essere un capolavoro. Ciò che accomuna questi due film (quasi) omonimi è il fatto che ambedue sono quasi un manifesto del “Nuovo Cinema Tedesco” ed Herzog, riproponendo Nosferatu, vuole essere il collante perfetto tra il passato ed il presente. Quello di Murnau è verosimilmente uno dei capisaldi dell’espressionismo tedesco, al pari de “Il Gabinetto del Dottor Caligari” mentre quello di Herzog rappresenta un momento chiave nella sua poetica di voler mettere in luce il “diverso”, quelle persone apparentemente fuori dal mondo che Herzog osserva e racconta, filtrando il punto di vista attraverso i loro occhio e rompendo gli schemi. L’unica differenza invece la si trova nel finale, dove nel Nosferatu di Herzog, il male trionfa su ogni cosa sottolinenando ed amplificando il pessimismo che regna sovrano per tutta la durata del film.

(a cura di Lorenzo Pietroletti)

9) The Ring, di Gore Verbinski (2002)

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Il terrificante e meraviglioso film del 2002 non è una vera e pura invenzione frutto interamente della mente del geniale Gore Verbinski. Già Hideo Nakata, nel 1998, aveva utilizzato la storia originale del romanzo Ring di Koji Suzuki, con un buon risultato. Il film del 1998 divenne subito un cult che rispecchiava la credenza popolare giapponese secondo cui ogni cosa deve esse associata a uno shin (uno spirito). Il film, anche se cult, non può certo essere considerato come un capolavoro, ma è una vera e propria chicca per gli amanti dell’horror e non solo. Forte di un regista sperimentatore e molto abile, il film vanta di una trama avvolta nell’incertezza, che viene accompagnata da una ottimale fotografia evocativa che ben riflette oscurità dell’infanzia di Sakado. In montaggio sono state invertite le scene in cui lei è ripresa così da renderla ancora più spaventosa, e l’ansia e la paura sono dati anche da un efficacissimo uso dei suoni, che a una prima visione può sembrare scoordinato e casuale ma che invece si rivela essenziale.

Il remake del 2002 rispetta a pieno titolo il carattere del film originale dando forse più importanza alla bambina, questa volta Samara. Protagonista è Naomi Watts, e regista è Gore Verbinski. Si può dire che il remake americano adatta la vicenda al mondo occidentale e, oltre a fare incassi da record al botteghino e diventare uno dei film più spaventosi di tutti i tempi, consacrando la figura di Sakado/ Samara e facendo diventare più famoso anche Ringu. Se la trama è praticamente identica non pensate di poter provare le stesse sensazioni guardando Ringu; esso è decisamente più piatto del famoso remake americano!

(a cura di Dafne Vicario)