XIII Emendamento, la recensione del documentario da Oscar

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A volte l’essere umano riesce più facilmente a trovare ciò che lo rende diverso da un suo simile che ciò che lo accomuna. A volte si riesce a distinguere il colore della pelle ma non si riesce a rendersi conto che ciò non implica una diversità di razza. A volte l’ignoranza, l’odio, il pregiudizio hanno la meglio. Nel 1865 alla fine della Guerra Civile molti americani speravano di aver sconfitto il razzismo abolendo la schiavitù ed emanando il XIII Emendamento. Si sbagliavano, purtroppo.

“La schiavitù o altra forma di costrizione personale non potranno essere ammesse negli Stati Uniti, o in luogo alcuno soggetto alla loro giurisdizione, se non come punizione di un reato per il quale l’imputato sia stato dichiarato colpevole con la dovuta procedura.” 

Questo articolo della Costituzione Americana avrebbe dovuto dare la possibilità alle comunità afroamericane di avere le stesse possibilità di vita dei cittadini bianchi. Ma andò realmente così? A questo domanda viene data risposta dal documentario di produzione Netflix “XIII Emendamento”, in corsa agli Oscar nella categoria “Miglior Documentario”, assieme peraltro all’italianissimo “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi (con cui condivide più di qualche tema).

Partendo dalla fine della Guerra di Secessione l’opera diretta da Ava DuVernay indaga sul come e sul perchè la popolazione carceraria degli U.S.A. sia così popolata da afroamericani. Alla base di questo dato c’è lo zampino del governo che è riuscito per anni ad utilizzare una frase del tredicesimo emendamento (“se non come punizione di un reato”) per reiterare la schiavitù nel Sud, attraverso incarcerazioni di massa per reati minori (come il vagabondaggio). La condizione di inferiorità sociale cui le comunità afroamericane e latine hanno dovuto sopportare è perdurata ben oltre il 1865, questo documentario andrà proprio ad analizzare come e perchè tutto ciò sia accaduto, ed accade tutt’ora. Esattamente, il messaggio dell’opera è proprio quello di farci capire come la schiavitù sociale basata sul razzismo permanga e conviva nella società americana, e di come questa forma di oppressione si sia evoluta negli anni, governo dopo governo, ingiustizia dopo ingiustizia.

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In questa spietata indagine non viene risparmiato nessuno, dalla società, alle associazioni, la classe politica e i razzisti. E se non fosse chiaro, questo documentario è chiaramente di indirizzo politico di sinistra o democratico che si vuol dire. In questo caso però ritengo che aldilà delle opinioni e bandiere politiche sia da ammettere che la sinistra progressista aveva ed ha pienamente ragione nel condannare la repressione sociale nei confronti delle comunità in minoranza. Perciò è consigliata la visione di questa produzione Netflix a chiunque, a prescindere dall’orientamento politico; basta avere la mente aperta e la voglia di ascoltare un’analisi sociopolitica critica per comprendere il messaggio e le riflessioni di quest’opera. Parlando in maniera critica “13TH” (come viene definito in lingua originale) è un prodotto di qualità eccelsa, sia per come riesce a raccontare la sua storia, quella di un’America in cui il più forte schiaccia sempre il più debole, il bianco vince sempre sul nero e la Giustizia non ne esce mai vincitrice, ma sempre vinta. Inoltre lo fa cercando di raccontare la storia di chi ha vissuto sulla proprio pelle questa esperienza, rendendo molto bene il messaggio e riuscendo a creare una certa empatia tra lo spettatore ed alcuni delle persone di cui esploreremo la loro storia.

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Ma non solo per come viene gestita la narrazione, che peraltro non annoia neanche un secondo (cosa abbastanza rara nei documentari così sociopoliticamente impegnati), ma anche nel modo in cui riesce a riprodurre storicamente i fatti quest’opera eccelle, riuscendo a raccontare sempre storie e vicende realmente accadute con tanto di immagini e video come fonti. Inoltre riesce a fornire un’intensità a ciò che ci verrà detto davvero inaspettato, in alcuni frangenti, a causa sia delle immagine di repertorio mostrate, sia di come la scena veniva coadiuvata, la visione riusciva davvero ad esser un peso sullo stomaco per lo spettatore che continua più per giustizia e curiosità (nei confronti di chi ha vissuto sulla propria pelle quelle vicende) che perché riesce ad intrattenersi.

XIII Emendamento è un’opera di rara fattura. Riesce tanto a spiegarci il contesto sociopolitico quanto a farci empatizzare con i soggetti delle storie che ci andrà a raccontare. Riesce a lanciare forte e chiaro un messaggio quanto ad intrattenere ed informare lo spettatore. Ma sopratutto riesce a far riflettere. Perché la vita conta qualcosa, indistintamente da quale vita. Tutti noi contiamo, messaggio forte e chiaro del documentario candidato all’Oscar.

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