La La Land – Recensione in anteprima

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Con i suoi 7 Golden Globe vinti per: migliore attore (Ryan Gosling), attrice (Emma Stone), miglior regista (Damien Chazelle), migliore sceneggiatura (ancora Chazelle), migliore canzone originale (“City of Stars”), migliore colonna sonora originale (Justin Hurwitz) insieme a quello per la miglior pellicola di commedia o musical, “La La Land” è diventato il film più premiato della storia di questa manifestazione, battendo il precedente record di 6 premi vinti da “Qualcuno volò sul nido del cuculo” nel 1975.
La pellicola è idealmente suddivisa in 4 sezioni temporali, corrispondenti alle 4 stagioni: primavera, estate, autunno e inverno. La narrazione procede in modo cronologico raccontando le vicende di una coppia di giovani, accomunati da una vocazione artistica e dall’ambizione che questa possa diventare la realizzazione della propria vita.
Mia (da notare il nome evocativo di un’altra Mia, che sempre a Los Angeles nutriva le stesse aspirazioni recitative), interpretata da una splendida Emma Stone, è una ragazza che ha abbandonato il college e si è trasferita in una grande città per inseguire il suo sogno: diventare un’attrice. Si mantiene lavorando in un bar in una delle zone più prestigiose della città e si barcamena tra un provino e l’altro, incassando tuttavia continue delusioni.
Sebastian invece è un musicista, pianista per la precisione, un po’ ingenuo e impacciato, ma con una ardente passione per il Jazz. Il suo più grande sogno sarebbe quello di gestire un locale jazz tutto suo, ma anche lui è reduce da una grossa delusione, vittima di una truffa che lo ha inaspettatamente proiettato in una precaria situazione economica.
Nella prima parte del film, i due si incontrano a più riprese ed in modo del tutto causale, come se tra loro ci fosse una forza magnetica che li attrae. I due, poco dopo essersi conosciuti si innamoreranno e percorreranno insieme il loro processo di crescita artistica, motivandosi vicendevolmente.
Tuttavia, ad un certo punto il loro percorso si troverà davanti ad un bivio, ma non mi dilungherò oltre nell’esposizione della trama per non rischiare di spoilerare nulla.

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Ci troviamo sostanzialmente di fronte ad un film romantico nel senso più stretto del termine: un romanticismo che prevarica il classico contesto sentimentale ed esalta la dimensione creativa ed artistica dell’uomo.
È una storia di amore, di speranza ma anche e soprattutto di passione.
Il film trasmette un messaggio profondamente ottimista e rassicurante, ma allo stesso tempo non rinuncia a mostrare quali siano i costi e i sacrifici da sostenere per raggiungere i propri obiettivi. Per certi versi il film potrebbe racchiudere un elogio della perseveranza e del credere in sé stessi, con un intento quasi educativo.
Ed è proprio qui che Chazelle dimostra la sua bravura, riuscendo a non rendere banale il classico ed inflazionato cliché narrativo dei “bei giovani di belle speranze che si trasferiscono in città per inseguire i propri sogni”.
La storia poi è studiata nei minimi dettagli, nulla è lasciato al caso. Ogni elemento è congeniale alla sua funzione filmica e metanarrativa.
Un musical dal gusto vintage e metacinematografico, che mostra i retroscena del mondo dello spettacolo Hollywoodiano, in cui le esigenze sono alte e la competizione spietata.

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La regia del talentuoso regista americano è, alla stregua della sceneggiatura, molto ben curata, ed abbinata alle ottime coreografie e alla straniante colonna sonora dà vita ad una estetica colorata e retrò di grande impatto (merito anche della costumista Mary Zophres).
Le musiche di Justin Hurwitz, coinquilino di Chazelle ai tempi del college ed ormai suo fedele collaboratore, sono in particolare uno degli aspetti più riusciti del musical: coinvolgono lo spettatore e rappresentano quasi il terzo protagonista in scena.
Suggestiva anche la scelta di J.K Simmons in un ruolo che richiama vagamente il suo personaggio in Whiplash, il precedente film di Chazelle.
Un film che nel complesso funziona molto bene nel contesto in cui inserisce, e che riesce ad essere romantico, sentimentale senza tuttavia risultare melenso.
Questo anche grazie ai frequenti frangenti comici che arricchiscono la narrazione e che contribuiscono a rendere la visione piacevole e scorrevole, riuscendo a strappare sorrisi mai forzati.
La Stone è stupenda e offre una interpretazione magnetica, probabilmente una delle migliori che ricordi. Per quanto mi riguarda, è lei la vera star del film, è intorno a lei che il film viene interamente costruito.
è poi curioso notare come in questa occasione Emma Stone interpreti un personaggio diametralmente opposto rispetto a quello offerto in Birdman un paio d’ anni prima, dove interpretava sempre una giovane ragazza, ma questa volta cinica e disamorata.
Anche Ryan Gosling convince nel suo ruolo, ma vi prego, non fatelo cantare.
Entrambi gli interpreti se la cavano anche nelle scene di ballo, al contrario di quanto potessi immaginare.
Un film complessivamente molto buono e ben costruito che farà letteralmente sognare una gran fetta di spettatori, e che potrebbe sorprendere anche chi magari solitamente non ripone molta fiducia nei musical, come nel mio caso.
Ah, se non si fosse ancora capito, agli Oscar La La Land farà incetta di premi.

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Voto 7/10