Steven Spielberg e “l’effetto squalo” che fece crollare il turismo

lo Squalo
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Dopo il successo de Lo Squalo i turisti disertarono le spiagge in massa e si scatenò una grande caccia a questi animali. Spielberg si è pentito cinquant’anni dopo

Accadde dopo l’uscita de Lo Squalo, il capolavoro blockbuster di Steven Spielberg del 1975. Un film che ha ridefinito il cinema di Hollywood sotto numerosi profili e specie nella sua componente horror, virando verso una variante del genere che non rappresenta più un assassino o un mostro, ma un animale assassino, quindi un pericolo che viene dalla natura.

Una delle principali ragioni dietro al successo del film, oltre ovviamente agli effetti speciali dietro alla realizzazione della bestia stessa: un’impressione talmente convincente che i turisti iniziarono a disertare le spiagge in massa, convinti della pericolosità di tali creature e impauriti anche solo all’idea di mettere piede in acqua.

La stagione 1975 registrò infatti negli Stati Uniti un considerevole calo del turismo presso le località balneari, e parallelamente un aumento di avvistamenti di squali in acqua (immaginiamo la famosa pinna che spunta in lontananza, un’immagine entrata nella cultura popolare e a tutti nota).

Questo è stato chiamato “l’effetto squalo”, riferito ovviamente all’antagonista del film (che in origine si chiamava ricordiamo Jaws – Mascelle) e ha portato anche a conseguenze ben più nefaste di quelle che colpirono l’industria del turismo. Nello specifico, la perpetuazione dell’immagine dello squalo come animale “pericoloso” se non addirittura killer.

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