Non solo Leone e Tornatore: 10 Brani di Ennio Morricone da riscoprire

In occasione dell'uscita di Ennio, film dedicato a Morricone, al cinema dal 17 febbraio, vi portiamo alla scoperta dei grandi capolavori meno conosciuti del maestro!

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I giorni del cielo, Terrence Malick (1978)

Morricone è diventato un classico imponendo la sua visione: a lui non interessava essere un classico prima del tempo, rifugiandosi nella maniera. Eppure delle volte il classicismo è l’atteggiamento rivoluzionario per eccellenza. In effetti in diversi esempi internazionali Morricone aveva dimostrato una certa vena da classico, da L’avventuriero di Terence Young a Il clan dei Siciliani di Henri Vernuil. A proposito di quest’ultimo film, Morricone ha ribadito in più occasioni come per l’appunto fu un passaggio fondamentale per la sedimentazione di certe memorie bachiane dagli anni di Santa Cecilia.

Ma il trionfo del classicismo è senza dubbio I giorni del cielo, che lo conduce direttamente alla prima nomination agli Oscar. La misura del bello e dell’esatto passa dal tutti orchestrale fino alle dimensioni cameristiche del quartetto. Nella gamma che dispiega Morricone trovano spazio alcune variazioni su Il Carnevale degli Animali di Camille Saint-Seans, una rara licenza che Morricone ha concesso alla musica del passato.

Quasi che il perfetto equilibrio che Malick trova tra il realismo di Edward Hopper e il romanticismo di William Turner avesse bisogno di una sorta di validazione istituzionale, rivolgendosi ad un classico del passato. La verità però è che la partitura mite e maestosa di Morricone incede sospesa al di là dello spazio e del tempo, e non è forse questa la definizione più bella di classico?

Légami!, Pedro Almodóvar(1990)

Se si volesse eleggere il genere che per definizione racchiude l’opera di Morricone, non sarebbe assolutamente la commedia romantica. Piuttosto a Morricone interessava il conflitto, il continuo e irrisolto scontro di forze ed energie. Una dialettica dei sentimenti che altra non è se non la dialettica del suono.

Negli anni ’90 si conta più di un esempio di film d’amore nella filmografia di Morricone. Il dittico realizzato con Barry Levinson parte dal perverso rapporto tra sesso e potere, che trasforma i presupposti di un dramma amoroso nei sottili intrighi di un giallo giudiziario. Così si sviluppa Disclosure, in cui la sessualità torbida dei due protagonisti avvicina la partitura molto più ai registri di un crime movie. Ed in effetti Morricone con Levinson sarebbe tornato alla narrazione gangster con Bugsy, che gli valse l’ennesima nomination a vuoto agli Academy Awards.

A queste stagioni d’amore appartiene sicuramente anche Lolita, seconda e sfortunata iterazione cinematografica del romanzo di Vladimir Nabokov, che però resta una perla rara nella produzione morriconiana. Ma il maestro di queste deformanti perversioni è senza ombra di dubbio Pedro Almodóvar, per il quale Morricone firma la colonna sonora di Légami!. Commedia e dramma si intrecciano inesorabili, intessendo le trame di un amore tossico che cresce all’ombra di un jazz languido e sensuale.

Mission to Mars, Brian De Palma (2000)

L’umanoide rappresenta uno di quegli estremi a cui giunge la ricerca di Morricone sul suono. Un clavicembalo elettrico in effetti era l’unico timbro che poteva raccordare la severità del contrappunto ai nuovi linguaggi, in questo evocativo sci-fi. Un tripudiante magma sonoro, quasi una melodia infinita in senso wagneriano, in cui si miscela il pop degli anni della RCA, la musica elettronica filtrata dalla New Wave berlinese, e una costante attenzione alla miscela di strumenti in un senso più sinfonico.

Per converso, invece, l’altro contributo di Morricone alla fantascienza resta Mission to Mars, ultima collaborazione con Brian De Palma dopo il leggendario The Untouchables e l’ingiustamente dimenticato Vittime di guerra. In effetti anche questo film non ha goduto dei migliori giudizi, guadagnando anche un’infame nomination ai Razzie Awards. Eppure Mission to Mars nasconde un nucleo esistenzialista sotto le vesti del kolossal, in quel cuore pulsante che apre il film e funge da impulso per il brano A heart beats in space.

Ben lontano quindi dalla sperimentazione di genere, Morricone abbraccia a sua volta i paradigmi del kolossal, risultando in una delle esperienze sinfoniche di maggior respiro del Maestro. Un tripudio di scintillanti ottoni ed episodi corali, nei quali però continuiamo a sentire gli echi di un synth in qualche frammento organistico.

De Palma ne ha parlato come la migliore colonna sonora che avrebbe mai potuto ricevere. E se sul film possono permanere dubbi, sulla musica non ce ne sono assolutamente: è l’ennesimo capolavoro firmato Ennio Morricone.

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