10 cantanti morti in circostanze tragiche [LISTA]

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Dieci icone scomparse tragicamente, cantanti consegnati alla storia da morti premature e inaspettate

La storia del rock e della musica, come sappiamo, è piena di storie tragiche e tremende. Storie che riguardano la morte: cantanti andati incontro ad una fine prematura per via di violenze, eccessi, o per colpa della loro stessa fama. Figure poi diventate iconiche, in seguito o forse proprio per via della loro scomparsa. Eccone dieci tra quelle più significative.

Ian Curtis

Le circostanze della terribile fine di Ian Curtis sono ben note e fanno parte di una precisa mitologia che aleggia attorno ai nomi di Joy Division e New Order. Il cantante, vessato da depressione e dall’epilessia che lo tormenta, si toglie la vita impiccandosi all’età di 23 anni, il 18 maggio 1980, alla vigilia dell’inizio del tour americano dei Joy Division.

Come tutti sanno e come è stato ripetuto all’infinito, nelle ore precedenti al suo suicidio Ian guarda a ripetizione il film Stroszek di Werner Herzog e ascolta senza sosta The Idiot, il primo album di Iggy Pop. Lo strumento che sceglie per togliersi la vita è il filo da bucato che si trova nella sua cucina.

Dopo la sua scomparsa, Bernard Sumner (chitarrista della band) commenterà: “Per quanto strano possa sembrare, non è stato se non fino a dopo la sua morte che abbiamo ascoltato davvero i testi di Ian e abbiamo sentito chiaramente il turbamento interiore in essi”.

Kurt Cobain

Conosciamo tutti la vicenda a memoria. Secondo la versione ufficiale, Kurt Cobain si toglie la vita sparandosi un colpo con un fucile, il 5 aprile 1994. C’è la famosa lettera di suicidio, ci sono i suoi noti problemi con depressione, eroina, e la pressione del successo con i Nirvana. Lì per lì, non ci sono dubbi.

Con il tempo, però, le teorie del complotto attorno alla sua morte hanno iniziato ad accavallarsi. Qualcuno voleva ucciderlo? Qualcuno ha simulato la sua morte? Di tutto è stato detto: aveva troppa eroina in corpo per riuscire a sparare, il fucile era poggiato in una posizione innaturale, l’ultima parte della lettera di addio non sembra scritta da lui.

Fatto sta che quando Cobain muore le cose per lui non vanno bene già da parecchio. Odia stare sul palco, odia vedere come la sua creatura musicale fieramente ribelle si è trasformata in un numero di successo. La droga non aiuta e nemmeno lo fanno i suoi problemi di salute cronici. Tutto si accumula e l’ora fatale arriva quando non sembra esserci più via di fuga.

Jeff Buckley

Jeff Buckley, una delle voci più originali e sofferenti degli anni ’90. Figlio (dapprima non riconosciuto) di Tim Buckley, erede di vizi e virtù dell’era hippie, lascia al mondo un solo album capolavoro: Grace, del 1994. La sua scomparsa rimane uno degli incidenti più sorprendenti e sconvolgenti nella storia del rock.

Il 29 maggio 1997, per motivi tutti suoi, si immerge a nuotare completamente vestito nel Wolf River, vicino a Memphis. Con lui c’è il roadie Keith Foti, che lo vede entrare in acqua cantando il ritornello di Whole Lotta Love dei Led Zeppelin. Passa qualche minuto, il roadie si distrae, e Buckley non c’è più.

Dovranno passare diversi giorni perché il 4 giugno il suo corpo venga ritrovato, esanime, incastrato tra alcuni rami nell’acqua. L’autopsia si pronuncia ufficialmente: annegamento accidentale. Eppure le circostanze rimangono misteriose e non è tuttora chiaro da che cosa questo annegamento sia stato causato.

Nick Drake

Nick Drake rimane uno dei grandi anti-eroi del rock e dell’arte della musica nel ‘900. Schivo, ansioso, certamente incompreso, fa enorme difficoltà a raccogliere popolarità durante la sua vita. La paura da palcoscenico lo tormenta, così come la tremenda timidezza che costruisce un muro tra lui e il suo pubblico ma è anche la forza motrice della sua arte.

Muore la notte del 25 novembre 1974, a causa di un’overdose di Amitriptilina, un anti-depressivo regolarmente prescritto. Non è chiaro se l’overdose sia auto-inflitta o accidentale. Generalmente si accetta l’ipotesi del suicidio dato che, anche se nella circostanza specifica non è progettato, è chiaro a tutti che Drake ha “rinunciato alla vita”.

Già da tempo si è ritirato dalla musica, rifiutando sia di registrare che di suonare dal vivo. Il mancato responso del pubblico lo scoraggia, così come gli scarsi guadagni. Precipita nella depressione e in breve tempo non trova più il modo di uscirne. Eppure, ripensandoci oggi, non ci si può non domandare se qualcosa si sarebbe potuto fare per salvarlo.

Elliott Smith

Altro autore storico e rispettato, Elliott Smith muore il 31 ottobre 2003, nella sua casa in California. Le circostanze sono quanto mai strane: ha appena litigato con la fidanzata, Jennifer Chiba, con la quale convive. Lei si chiude nel bagno per farsi una doccia, e quando ne esce ritrova Smith, ancora vivo ma prossimo alla morte, con un pugnale nel petto.

Le ferite inferte sono due. Lei estrae il pugnale, e lui collassa. Viene trasportato in ospedale di corsa, ma non c’è nulla da fare. L’ipotesi omicidio c’è: sul corpo non si trova alcuna ferita “di esitazione”, tipica di chi si ferisce o si taglia da solo. Inoltre, un produttore con cui collabora sostiene di essere stato chiamato per un nuovo lavoro: perché chiamarlo se si vuole suicidare?

Comunque, le indagini sono inconcludenti. Il file dell’LAPD rimane ufficialmente aperto e, al di là della depressione e del disturbo da deficit di attenzione di cui Smith soffre da tempo, non si riescono a trovare cause possibili per spiegare la sua morte. Un altro mito scomparso chissà perché.

2Pac

La famosa guerra tra gang rivali nella scena rap anni ’90, la celebre faida tra East Coast e West Coast, è rimasta famosa per due omicidi/esecuzioni: quello di Tupac Shakur, e quello di Notorious B.I.G., il suo rivale. Entrambi, come volti fondamentali di ciascuna rispettiva scena, portano avanti al momento della morte una rivalità leggendaria.

La linea di confine tra hip-hop urbano e ambienti criminali è molto sottile, all’epoca come del resto oggi, e si fa presto a passare dal dissing musicale alle rese dei conti con armi, anche da fuoco, in pieno stile cinematografico. A farne le spese sono, chiaramente, le figure di grandi artisti come questi.

Tupac viene assassinato durante una sparatoria a Las Vegas, il 7 settembre 1994. Colpito da quattro proiettili sparati da un’auto che si avvicina alla sua e fa fuoco, il rapper resiste per alcuni giorni in ospedale, ma alla fine cede alla morte. Il suo decesso, assieme a quello di Biggie, contribuisce con il tempo a mettere finalmente fine alla faida.

Bon Scott

Una delle morti più spaventosamente rock di sempre. Quasi “canonica”, si potrebbe dire, la fine di Bon Scott, primo storico cantante e frontman degli AC/DC, simbolo del rock anni ’70 e icona della musica dell’epoca. Il cantante muore nella maniera più banale possibile, di avvelenamento da alcol, nella notte del 19 febbraio 1980.

Non è tanto più sregolato di diversi suoi colleghi cantanti, eppure il tragico destino tocca a lui. Dopo anni di attività con la celebre band, il suo contributo si chiude con l’album-testamento Highway to Hell, del 1979: per molti, quasi un pronostico. Nonostante l’incidente, come sappiamo, gli AC/DC non si fermano.

Dopo poco tempo viene infatti reclutato Brian Johnson come secondo e ultimo vocalist nella storia del gruppo (se non consideriamo la breve parentesi di Axl Rose negli anni ’10). L’uscita di Back in Black, nel 1980, album capolavoro e della “rinascita”, sarà segnata dalla scomparsa di Bon Scott e permeata dall’eredità del suo spirito. E sarà il loro più grande successo.

Freddie Mercury

HIV è il nome della brutta bestia che si porta via Freddie Mercury, dopo mesi di lotta, il 24 novembre 1991. Sembra esibisse segni della malattia fin dal 1982 e secondo il suo compagno, Jim Hutton, la malattia gli era stata diagnosticata ufficialmente nel 1987. Al momento della sua morte, Freddie l’ha annunciata al pubblico da sole 24 ore.

Nel suo ultimo periodo di attività sceglie di ignorare il problema. Non ne parla, se non con gli amici più intimi. Anche se il male risulta sempre più evidente, come nel video di These Are the Days of Our Lives, l’ultimo da lui girato da vivo. Freddie però, persona esuberante, positiva e instancabile, non vuole cedere.

Quando è chiaro che non c’è più nulla da fare si ritira nella sua casa di Kensington, dove presto inizia a perdere la vista. Le condizioni si aggravano tanto che ad un certo punto non è più in grado di alzarsi dal letto e allora accelera la fine smettendo di prendere medicine e assumendo solo antidolorifici. Quando alla fine scompare, è un colpo per tutti.

Marc Bolan

Simbolo del genere glam rock, nonché uno dei cantanti, chitarristi e frontman inglesi più popolari dei primi anni ’70, Marc Bolan va incontro ad una morte tremenda e inaspettata all’apice della sua carriera. La causa: un banalissimo incidente d’auto, che gli toglie la vita di colpo il 16 settembre 1977.

Si trova assieme alla cantante Gloria Jones, su di una mini guidata da lei, diretti a casa dopo essere stati in un ristorante a Berkeley Square. Dopo aver oltrepassanto un ponticello, per ragioni ignote, la macchina finisce dapprima contro un palo e poi contro un albero. Bolan muore sul colpo. La Jones se la cava con una mascella e un braccio rotto.

La cosa ironica, se si volesse fare dell’ironia, è che in quasi trent’anni di vita il cantante non ha mai voluto imparare a guidare, temendo proprio la prematura morte a causa di un incidente. Ai suoi funerali partecipano molte figure importanti, tra le quali anche Rod Stewart e David Bowie.

John Lennon

Anche in questo caso, sappiamo tutti benissimo com’è andata. La sera dell’8 dicembre 1980 Mark David Chapman spara a John Lennon, ferendolo quattro volte, con intento ovviamente omicida. Il cantate viene trasportato di corsa all’ospedale, ma i medici non sono in grado di salvarlo.

Una morte inaspettata e, a dir poco, insensata. Chapman è ossessionato da Lennon da anni e il suo è il gesto di un folle, squilibrato si sarebbe detto un tempo, che mette fine alla vita di uno dei più grandi artisti del mondo in un evento tragico e senza significato alcuno.

Dopo l’omicidio, com’è noto, Chapman rimane sul luogo ad attendere l’arrivo delle forze dell’ordine, leggendo Il Giovane Holden (The Catcher in the Rye), libro fondamentale nella sua confusa ideologia. L’omicida viene arrestato e si trova tuttora in carcere. Una magra consolazione.

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