Qual è stato il primo nudo integrale in un videogioco? Ecco la risposta

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Nel gioco BMX XXX, del 2002, ragazze in topless compiono acrobazie ciclistiche
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La nudità nei videogiochi: dov’è iniziata? Ecco qual è il primo “nudo” ufficiale del medium, anche se la risposta non è semplice come si potrebbe pensare

Sesso e videogiochi sono sempre andati più a braccetto di quanto potreste pensare. Il nudo videoludico non è qualcosa di recente, che riguarda solo titoli come The Witcher o Cyberpunk ’77. Al contrario più o meno da quando la grafica dei primi videogiochi ha permesso la rappresentazione approssimativa del corpo umano, la nudità e l’eros vi hanno trovato posto.

Ed ecco quindi la domanda: quand’è che, per la prima volta, i videogiochi hanno aperto a contenuti osé ed espliciti? La domanda è semplice ma la risposta è complessa. Ci sono in realtà varie risposte possibili, a seconda di cosa parliamo quando parliamo di nudo, di sesso e di erotismo.

La prima risposta che possiamo dare, in ordine cronologico, riguarda la text adventure per Apple II chiamata Softporn Adventure. Risalente al 1981, questo gioco è il primo in assoluto a toccare temi tanto espliciti; anche se, trattandosi appunto di una avventura testuale, non si può parlare di alcuna rappresentazione osé vera e propria.

Per quella dobbiamo aspettare solo l’anno successivo, il 1982, con una trilogia di giochi per Atari 2600 diventata leggendaria proprio grazie (o nonostante) la propria natura più vicina al mondo pornografico che a quello dell’eros. Parliamo di Beat ‘Em & Eat ‘EmCuster’s RevengeBachelor Party.

Spesso considerati tra i peggiori giochi mai pubblicati, questi tre titoli coinvolgono contenuti di natura decisamente sessuale; ma, viste le limitate possibiità grafiche, difficilmente definibili tali per i canoni di oggi. Vediamo in fondo solo pixel rosa e… di altri colori che cercano di rendere un’idea di nudità e di rapporti intimi consumati in maniera grossolana e volutamente comica.

Non è poi neanche tutta commedia quella che vediamo. Prendiamo per esempio Custer’s Revenge, il cui protagonista è l’omonimo generale americano che perse la vita combattendo con i nativi americani nel 1876. La sua “vendetta” consiste nell’approfittare (diciamo così) di una donna indiana, contro un totem tribale e sotto il fuoco di classiche frecce.

Non è chiaro, inoltre, se la ragazza partecipi di sua volontà, fonte questa di parecchie critiche all’epoca. Gli altri due giochi menzionati non fanno di meglio, trasformando il sesso in una specie di gioco a premi e rendendo le figure femminili protagoniste di un’oggettificazione che farebbe impallidire anche Harvey Weinstein.

Un mucchio di pixel rosa sono un nudo?

Negli anni successivi, la nudità nei videogiochi compare principalmente in forma di immagini di donne reali (modelle o attrici hard) che si prestino ad apparire in contenuti extra o bonus; oppure in piccole rappresentazioni di nudità realizzate più per scherzo e per divertimento che con lo scopo di suscitare effettiva eccitazione.

Il caso è quello di Taboo: The Sixth Sense (1989) della Rare (la casa di Donkey Kong Country e Banjo & Kazooie): un gioco di carte digitale che occasionalmente lascia scorgere una donna in topless con due pixel a mò di capezzoli. O di Bubble Bath Babes (1991), un Puzzle Bobble con donne nude sul fondo della schermata di gioco.

Qui siamo ancora a livello, per così dire, da “bar”. Bisognerà attendere gli anni ’00 e lo sviluppo di grafiche realistiche per osservare nudità femminili sviluppate e convincenti. Parliamo di giochi come Conan (2007) o Afro Samurai (2009), più ovviamente la saga di God of War. Per quanto riguarda l’era più o meno contemporanea, conosciamo i casi da citare.

Per esempio GTA IV (2009), con uno dei primi nudi maschili integrali, e le ben note scene di Heavy Rain (2010), fino ai contenuti più espliciti di The Witcher, Red Dead Redemption e Cyberpunk ’77. Caso a parte, naturalmente, costituisce il genere giapponese Eroge: avventure grafiche spesso mischiate con hentai e trattazioni sessuali che costituiscono la storia stessa.

Un’ultima nota va dedicata al porno fan-made basato sui videogiochi. Non parliamo tanto di parodie pornografiche, quanto di filmati e sequenze digitali in 3D o mod che riproducono, grazie alle tecnologie deepfake, personaggi e beniamini dei videogiochi in atti sessuali che nei titoli di provenienza vengono magari solo suggeriti o mostrati per pochi secondi.

Fonte: IGN