Slint – Spiderland | RECENSIONE

Un disco che disegna, come il ragno sul soffitto fa con la ragnatela.

Condividi l'articolo

Gli Slint sono linee che si muovono e punti di intersezione

Il punto fermo del disco sono il drumming di Britt Walford e il basso di Todd Brashear. Legati ancora alle linee diritte dell’hardcore, i tempi dispari spaccano la regolarità di due musicisti sostanzialmente punk. Pur non potendo essere definito “solista”, il lavoro ritmico del disco è un punto di riferimento per moltissimi gruppi di “altro” rock successivi nella definizione della batteria e del basso all’interno della creazione di uno scenario.

Piuttosto che un fiume, i due strumenti sono un lago… piatto, con i bordi irregolari, se ti ci immergi vai a fondo. Walford traccia una linea al centro, non continua (Don, Aman è un’esperimento per voce e chitarre) contro la quale si lanciano le due chitarre di David Pajo e Brian McMahan.

Il loro approccio chitarristico predilige un intreccio molto stretto dei due strumenti e spesso la fusione fra melodia e armonia, coprendo una gamma di suoni molto ampia, dagli arpeggi brillanti (l’inizio di Breadcrumb Trail) a delle distorsioni fortissime e confusionarie.

Far suonare due chitarre come fosse una sola è l’unica cosa che possono fare David e Brian per rendere organici i loro suoni, guidati dal principio alla base del disco: creare un’atmosfera che faccia sentire a disagio. “Spidery”, come dice il fratello di Brian: sottile e fastidioso come un ragno che ti sta camminando sul soffitto della stanza.

La chitarra di Brian è un filo bianco che somiglia ad una ragnatela, quella di David un rasoio che ci scorre sopra (affilatissimo in Nosferatu Man) senza tagliarla, insieme rompono la linea della batteria in For Dinner… . Le soluzioni melodiche ricordano gli intermezzi strumentali dei gruppi punk d’avanguardia come i Sonic Youth, ma vengono dilatati fino a diventare le strutture dei pezzi.

LEGGI ANCHE:  I Sigur Rós e l'importanza dei testi

I passaggi inquieti di cromatismi risonanti all’infinito sono i riff degli Slint, che suonano fastidiosi e mettono a disagio per la loro struttura melodica, ancora più che per il suono. Non è un caso che prevalgano i riff puliti e i passaggi ritmici distorti, invece, ricordino molto l’hardcore onnipresente. Gli stessi Slint diranno al riguardo: “Volevamo che i pezzi suonassero così come li avevamo scritti”.

“One-shot, cathartic experience”

Utilizzare tutti gli strumenti per creare scenari è la lezione che daranno gli Slint a tutti i gruppi successivi. Scenari preparati per cosa? Brian McMahan parla delle sue linee vocali nei pezzi di Spiderland come di un’esperienza “catartica”, che si consumava nell’istante.

La tendenza allo spoken word, più che una scelta, è una necessità dovuta alla scarsa fiducia di Brian nelle sue doti canore, ma al tempo stesso fa parte della ricerca di spontaneità e unicità della performance canora. I testi sono evocativi, le storie sono tutt’altro che lineari (e chi l’avrebbe mai detto!); non sono racconti mitologici, non le può capire nessuno se non chi le ha scritte. E capire non serve a molto.

Brian parla di amore e di casini adolescenziali, ingigantendo tutto quanto come si fa da ragazzini, dove ogni cambiamento è una rottura. Si mette completamente a nudo, con l’angoscia unica e irripetibile della sua persona, di se stesso come individuo. Il testo di Washer è soltanto una poesia d’amore un po’ alternativa, ma intorno a questa l’arpeggio romantico lungo nove minuti non ti fa sentire amante, né amato.

Good Morning, Captain si chiude con delle grida da far gelare il sangue. Sono dedicate al fratello di Brian, che non voleva vederlo andare via da Louisville; Brian spera che il fratello non faccia la sua fine, non passi attraverso tutta quell’angoscia, ma non ci crede. David afferma che, dopo aver registrato quelle urla, Brian si sia sentito così male da aver vomitato nel bagno dello studio di registrazione.

LEGGI ANCHE:  Russian Circles - Recensione di Guidance

Il non-rock, il dopo rock

Il giorno dopo aver terminato le registrazioni del disco, a Brian McMahan verrà diagnosticata una profonda depressione e il gruppo si scioglierà. Gli Slint rimangono per sempre cristallizzati in Spiderland, l’atto di nascita del post-rock. Spiderland è il primo scenario musicale che si risolve al suo interno.

Senza cercare un collegamento con il pubblico, prova a fare entrare il pubblico dentro di sé,- e in un’atmosfera volutamente difficile da sostenere. La musica non vuole più ritrarre, creare allegorie, nascondere significati: parla per significanti. Stuart Braithwaite dei Mogwai dirà di non aver mai sentito nulla che suonasse lontanamente simile a Spiderland.

Acclamato dalla piccola critica sin da subito e diventato un culto in pochissimo tempo, nessuno ha mai provato a cercarci un senso. Todd Brashear ne ha ancora paura. Punto di riferimento trasversale per tutto il rock che viene dopo il rock, per i geni del math e per la corrente di cui è stato valutato a posteriori un iniziatore (il “post-rock” appunto), è il disco che è riuscito a scardinare l’idea classica della musica come narrazione per introdurre la musica fatta di musica, flash, immagini che non si possono vedere e parole che non si possono sentire, sciolte nei suoni e raccontate dai suoni.

Forse Spiderland si risolve nell’unica immagine che tutti hanno sentito nei suoi brani: un lago, la luce che si riflette sull’acqua, e quattro teste che sbucano fuori…

Slint – Spiderland / Anno di pubblicazione: 1991 / Genere: post-rock