Bill Hicks, quando il Black Humor non guarda in faccia a nessuno

Bill Hicks
By Angela Davis (Angela D.) from Austin, TX, USA - Flickr, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20692826
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Comedy is tragedy plus time, citando Steve Allen. E non sarebbe solo lui ad aver indicato nel comico quella linea sottile che separa il banale dal tragico. Eppure non basta a spiegare l’arte di Bill Hicks, vero e proprio fenomeno storico, prodromo di tanta stand-up comedy americana che gli riconosce debitamente di essere una sorta di profeta.

Riconoscimento che, come molto spesso accade, Bill Hicks ha ricevuto solo post-mortem. Il suo modo di spingersi fino al limite dello stesso politically incorrect poteva diventare scomodo, censurabile. Lo sa bene David Letterman, che solo nel 2009 si scusò con la madre di Bill e mandò uno spezzone di sette minuti, tagliati dall’episodio del Late Show.

Il suo era un modo decisamente più estremo di dissacrare la realtà rispetto ai suoi predecessori e riferimenti, da Richard Pryor a Woody Allen. Hicks ha lavorato quindi come un feroce Pollock sulla tela della comicità intessuta dai grandi maestri, divertendo e sconvolgendo un pubblico che spesso non era pronto ai suoi violenti dripping di tinte nere.

Perché a distinguerlo a tutti gli effetti da tanti altri stand-up comedian e cabarettisti era quell’oscurità nella quale in qualche modo la sua anima era rimasta imbrigliata. E ancora non sarebbe sufficiente a distinguerlo da tanti altri sventurati professionisti della risata, incappati in droghe e dipendenze: uno su tutti il volto del Saturday Night Live, John Belushi.

I suoi demoni, i demoni della contemporaneità

Hicks si spinge ancora più in là, non lascia mai i suoi scheletri nell’armadio dietro le quinte e li eleva anzi a motivi ricorrenti dei suoi show. L’alcolismo, il tabagismo, il consumo e abuso di sostanze, e ancora lo spettro del cancro e della morte incombente non lo allontanavano dal suo pubblico, ma al contrario gli permettevano di instaurare un legame unico con i suoi spettatori. Alla base non poteva che esserci una grande sincerità e una profonda auto-ironia, che gli permise di trasformare i suoi demoni in fidi alleati.

Forse è stato proprio questo a renderlo uno dei comici più lucidi e sinceri, e un esempio per chi ha voluto seguire il sentiero impervio del black humour. Perché in fondo nelle pieghe così scure dell’esistenza di Bill Hicks non ritroviamo che gli stessi sintomi di una modernità della quale diventa ad un tempo emblema e strenuo avversario: le sue tragedie sanno essere tragedie del suo tempo. In lui si radicalizzano le incongruenze della sua era, in maniera spesso estrema, per diventare poi diventare lo strumento con cui Hicks riesce a farsene interprete.

A partire dall’educazione battista, alla luce della quale scopre le contraddizioni insiste nella morale cristiana, bersagliata ripetutamente nel corso della sua carriera. Restano memorabili le sue battute sui paradossi del gift of forgiveness, del dono del perdono; su tutte, quella che rimane il simbolo della sua visione della fede e della società:

“Lots of Christians wear crosses around their necks… You really think when Jesus comes back, he ever wants to see a fucking cross?”

“Molti Cristiani indossano croci appese al proprio collo…Davvero credete che quando Gesù tornerà, vorrà mai vedere una fottuta croce?”

Bill Hicks, tra nichilismo e ricostruzione

In quello che si può considerare un nichilismo sistematico, la religione è ridotta al fenomeno di costume che ne deriva. Il suo atteggiamento svela però un nichilismo attivo, che tenta di istruire l’umanità a nuovi valori. D’altronde da alcune sue battute è evidente la considerazione che lui avesse della cultura, strumento principe di analisi della realtà:

“I was in Nashville, Tennessee last year. After the show I went to a Waffle House. I’m not proud of it, I was hungry. And I’m alone, I’m eating and I’m reading a book, right? Waitress walks over to me: ‘Hey, whatcha readin’ for?’ Isn’t that the weirdest fuckin’ question you’ve ever heard? Not what am I reading, but what am I reading FOR? Well, goddamnit, ya stumped me! Why do I read? Well . . . hmmm…I dunno…I guess I read for a lot of reasons and the main one is so I don’t end up being a fuckin’ waffle waitress.”

“L’anno scorso sono stato a Nashville, in Tennessee. Dopo lo spettacolo sono andato in una Waffle House. Non ne vado fiero, ma ero affamato. E sono lì, solo, mangiando e leggendo un libro, ok? La cameriera si avvicina: ‘Hey, perché stai leggendo?’ Non è la domanda più fottutamente strana che abbiate mai sentito? Non cosa sto leggendo, ma PERCHÈ leggendo? Beh, dannazione, mi ha lasciato perplesso! Perché leggo? Beh… hmmm… non saprei… Immagino che io legga per molte ragioni e la principale è che così non finirò a fare il cameriere in una fottuta Waffle House.”

Osservando il modo in cui si relaziona col pubblico sembra quasi voler attribuire un valore pedagogico alle sue parole, spesso estreme e indigeste, ma che mirano ad un grande altro possibile, in cui sciogliere le contraddizioni della realtà:

“Folks, it’s time to evolve. That’s why we’re troubled. You know why our institutions are failing us, the church, the state, everything’s failing? It’s because, um – they’re no longer relevant. We’re supposed to keep evolving. Evolution did not end with us growing opposable thumbs. You do know that, right?”

“Gente, è ora di evolversi. Ecco perché siamo nei guai. Lo sapete perché le nostre istituzioni, la chiesa, lo stato, ogni cosa sta fallendo? Perché, ehm, non sono più rilevanti. Dobbiamo continuare ad evolverci- L’evoluzione non è finita quando ci sono cresciuti i pollici opponibili. Lo sapete, vero?”

Una sorta di dialettica distruzione-rinascita sta alla base della sua filosofia: destrutturare la realtà, portarne a galla gli assurdi e indicare una nuova via. E la sua revisione critica del mondo è totale, dalle delicate questioni etiche in cui proprio la religione ha spesso un ruolo estremamente complicato, alle politiche imperialiste degli Stati Uniti, fatte di guerre per la pace e strategie di distruzione e destabilizzazione.

È evidente allora che la sua arte, in fondo, non faceva altro che adeguarsi a ciò che raccontava: le sue parole tremende, le sue accuse e le sue volgarità hanno la potenza dell’orazione. In un cortocircuito di mezzi e fini, linguaggi e referenti, Bill Hicks è stato capace di rendersi specchio limpido di un’umanità disperata, violenta e persa, che nasconde i propri peccati dietro fragili baluardi.

Sarà per questo approccio senza compromessi che Bill Hicks è riuscito a strappare alla morte un po’ di eternità. La sua lettura così totale di una realtà di cui è vittima lo ha reso esemplare per tanti altri stand-up comedian, che non possono che riconoscergli una sconcertante ed imperitura attualità.