Pentagrammi | Discolabirinto, il caos sonoro dei Subsonica

Subsonica e Bluvertigo in Discolabirinto
Subsonica e Bluvertigo in Discolabirinto
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Discolabirinto, una delle punte di diamante di Microchip Emozionale

Nel 2019 abbiamo debitamente festeggiato i vent’anni di Microchip Emozionale, testamento di un’era, di un secolo finito e di un millennio iniziato nel segno del rock. Non servì molto altro ai Subsonica per elevarsi a simbolo della nostra cultura musicale, nonché a band di assoluto riferimento nel suo genere, pur rivelandosi negli anni un successo più replicato.

Il rock italiano parlava però anche un’altra lingua, per certi versi affine all’elettronica dei microchip che i Subsonica sembravano essersi cuciti sotto la pelle, per altri invece erede di ben diverse tradizioni. I Bluvertigo erano la nostra new wave, probabilmente uno dei gruppi più talentuosi che abbiamo mai avuto nella nostra scena discografica. E caso singolare, il loro approdo definitivo all’elettronica avvenne proprio nel 1999 con Zero, quasi in contemporanea con Microchip Emozionale.

Quella lingua si faceva fin troppo indecifrabile in Zero, lontano dai fasti di pubblico e critica di Acidi e basi e Metallo-Non metallo. Così sa quasi di congiunzione astrale questo passaggio di testimone tra una band che tramonta sul suo disco più complesso e l’altra che si consacra istantaneamente con un’opera intellegibile ed ispirata.

E tra questi due mondi che si accavallano, che si succedono, l’anello di congiunzione non poteva che essere Morgan. Marco Castoldi, frontman dei Bluvertigo, ha prestato la sua sapienza compositiva e le sue visionarie intuizioni alla composizione e al videoclip di Discolabirinto, uno dei brani più interessanti del disco.

Quasi quasi lo farei…

La tentazione di destrutturare la musica disco è forte. Proprio quell’anno Gabry Ponte si era elevato a bandiera della nostra musica, e trascinava tutti in pista sulla scia dei suoi scintillanti sintetizzatori. Una provocazione, un gioco, il tentativo di capovolgere la disco e renderla impossibile da ballare. E per rendere monchi dei ballerini, è sufficiente rendere monca la musica. Si taglia un tempo alla scansione regolare del quattro, e la musica sembra costantemente in levare. Il metro prescelto per Discolabirinto è un 7/4 impostato dal riff di sintetizzatori che apre il brano:

Discolabirinto
Traccia del riff di synth in discolabirinto

È davvero impossibile uscire dalla Discoteca Labirinto dei Subsonica, non solo perché il metro irregolare ci rende tutti sbilenchi. L’arrangiamento è un’articolatissima poliritmia in cui si perde davvero qualsiasi riferimento di stabilità. Si percepisce l’impronta di Morgan, la cui formazione classica e la grande cultura di tutti gli indirizzi del rock gli hanno permesso di muoversi con agio in questa intricata partitura.

La batteria entra quindi con un vero e proprio ritmo di disco. La cellula ritmica in 4 tipica della disco viene ripetuta due volte, e nella seconda manca ovviamente l’ultimo tempo.

Discolabirinto

Vorrei una Discoteca Labirinto

La metrica in 7 costringe anche la prosodia del testo a farsi claudicante. Si sente nel ritornello, dove i versi sembrano accavallarsi l’uno sull’altro. Ma per costruire questa gigantesca discoteca non è sufficiente lavorare sul ritmo. C’è bisogno di spazializzare il suono, di lavorare sulle armonie e sul raddoppio delle voci. Così il refrain, per l’appunto, viene presentato in due esposizioni. La prima monodica, con la sola voce quasi pura scansione ritmica, quasi anti-melodica.

Poi viene ripetuto il ritornello, ma questa volta viene armonizzata la precedente melodia con intervalli di quinta e ottava, gli intervalli proibiti dall’armonia. L’effetto che si ottiene è straniante: se non fosse per il riff di synth sarebbe una vera e propria sospensione del discorso musicale. Utilizzando solo quegli intervalli viene quindi meno un altro riferimento, l’intervallo di terza, che ci restituisce precisamente i connotati di un accordo.

E questo ritornello viene ripetuto per ben quattro volte nel finale, senza alcuna progressione di dinamica o di timbri. Il risultato è magnetico, e vuole forse evocare l’ipnosi dell’abitudinario che è in un certo senso il topòs di Discolabirinto.

Discolabirinto: Microchip temporale

Quest’effetto ipnotico è il valore centrale della riedizione del brano in occasione di Microchip Temporale, che ci fornisce un ulteriore chiave di lettura del brano. La nuova Discolabirinto dei Subsonica e Cosmo è un luogo allucinato, lisergico, è la discoteca di un futuro passato.

L’arrangiamento viene semplificato ai minimi termini. La protagonista assoluta è la sezione di percussioni, vera anima ritmica del brano e sostegno perfetto per questa virata dark ambient del brano. Anche se viene mantenuta la scansione in sette dell’originale, vengono sciolti i confini naturali della battuta dall’ostinato in ottavi della cassa. Se nella Discolabirinto del 1999 la misura traballava, ora sembra non esistere proprio.

La tessitura è acustica nella prima parte del brano: chitarre, basso e percussioni rendono l’atmosfera quasi tribale. Nella seconda sezione del brano un episodio squisitamente strumentale piuttosto lungo introduce strumenti elettronici a rafforzare lo scheletro ritmico e a potenziare la trama sonora.

Ma è nel finale che si esplica pienamente l’anima del brano. La quadruplice ripetizione del ritornello viene sostituita da un lungo divertimento di percussioni, dove viene totalmente annullato il suono, ridotto a sporadica macchia di colore. Puro delirio ritmico, pura frenesia dance, puro e catartico rumore.

Discolabirinto, tra multimedialità ed avanguardia

Vorrei una discoteca senza suoni
solo vibrazioni colorate
con segnali elettronici e vocaboli
nella quale non si debba udire

Il progetto Zerovolume è stato l’inedito esperimento con cui i Bluvertigo e i Subsonica hanno cercato di rendere accessibile questa traccia alle persone affette da sordità. Più di un videoclip, vera e propria videoarte. Il tutto si basa su un semplicissimo postulato: se una persona non può sentire, allora facciamo modo che possa sentire attraverso la vista.

Da presupposto a problema: come è possibile trasformare un suono in vibrazioni colorate? Una breve introduzione alla Pierino e il lupo di Prokof’ev associa i vari timbri della band ai rispettivi fari che si illuminano in corrispondenza del suono dello strumento. Così le tastiere diventano il tracciato di un pennarello nero, le chitarre una caustica luce verde e la batteria di percussioni una batteria di fari gialli.

La simbiosi audiovisiva è perfetta, il brano diventa una splendida partitura di illuminotecnica. La Discolabirinto dei Subsonica valica così i confini del semplice ascolto, accogliendo nei suoi cunicoli chiunque. Esistono quindi tre versioni del brano, tutte profondamente diverse, tutte profondamente accomunate da un unico spirito. Sospendere la routine per portarci in questa discoteca impossibile, sospesa aldilà dello spazio e del suono.

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