A Brief Inquiry Into Online Relationships, il capolavoro art/indie dei 1975

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Chiariamoci subito: questo disco è rock? No.
Questo disco è un capolavoro? Sì.

Arrivati al terzo album, The 1975 si confermano come uno dei più forti gruppi in circolazione. Il loro nuovo disco, A Brief Inquiry Into Online Relationships, giustifica tutto l’hype che lo ha preceduto in questi mesi, e anche di più. Prendendo le mosse dal loro album precedente, I Like It When You Sleep For You Are So Beautiful Yet So Unaware of It (2016), il gruppo costruisce sul sound indie pop sperimentale per il quale era già noto. Ma, lungi dall’essere un semplice seguito, A Brief Inquiry compie un balzo gigantesco, forzando i confini di quello che chiamiamo indie pop, aprendosi ad una moltitudine di generi e realizzandosi in un’opera di commentario contemporaneo che poco ha da invidiare agli stessi Arctic Monkeys.

Prima di tutto, la musica: l’indie pop qui andrebbe definito, coniamo un neologismo, art/indie, perché c’è una ricerca sonora, negli arrangiamenti, nella composizione e nella fusione dei generi, che davvero non si può liquidare come indie pop. Si va dal nu jazz (Sincerity Is Scary) al blue-eyed soul stile Phil Collins (I Couldn’t Be More in Love). Dalla trap (I Like America and America Likes Me) al synhpop con tanto di millennium whoop (TOOTIMETOOTIMETOOTIME). E poi arrangiamenti orchestrali, drop, richiami lounge, e recitati elettronici (in The Man Who Married a Robot).

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Insomma, un album che, come i grandi capolavori del decennio, fonde molteplici stili, consapevole del fatto che nell’era di Internet esprimersi in uno stile solo sarebbe alquanto riduttivo, e poco d’impatto. Invece, A Brief Inquiry parla, già dalla musica, ad un pubblico che si sta abituando, complici i mezzi informatici a sua disposizione, ad ascoltare ogni musica, e a conoscere ogni genere. Quello che manca, ebbene sì, è il rock and roll. Ma, francamente, se siete tra quelli che ancora sono convinti che un disco senza schitarrate, riff e “yeah!” non possa essere un buon disco, lasciate perdere subito.

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Proseguiamo con i testi. In Give Yourself a Try, Matty Healy canta:

“You learn a couple things when you get to my age
Like friends don’t lie and it all tastes the same in the dark
When your vinyl and your coffee collection is a sign of the times
You’re getting spiritually enlightened at 29”

In TOOTIMETOOTIMETOOTIME:

“I only called her one time
Maybe it was two times?
I don’t think it was three times
It can’t be more than four times”

In Love It If We Made It:

“Oh fuck your feelings
Truth is only hearsay
We’re just left to decay
Modernity has failed us”

I 1975 catturano la confusione della realtà contemporanea con ingenua semplicità, parlando ad ascoltatori della loro età, e non ad una élite di interpreti letterari. I testi colpiscono perché il gruppo sembra rivolgersi direttamente a “noi”. A quelli di noi, cioè, che hanno paura di uscire e di creare contatti, che postano sperando di ottenere nuovi like come surrogato di attenzione personale, che non credono nella realtà perché tutto è sia vero che falso, che trasformano ogni relazione in un concentrato di paranoie e frustrazioni, che si perdono nelle aspettative negate di una vita futura ingarbugliata in una matassa di indecisioni ed insicurezze.

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Ecco di cosa parla A Brief Inquiry Into Online Relationships: del modo in cui avvengono oggi le relazioni, tramite dati e comunicazione virtuale, nascondendo nell’indeterminatezza ogni responsabilità e distruggendo ogni realtà pur di avere qualcosa contro cui scagliarsi. Relazioni, si intende quindi, non solo amorose, ma di qualunque genere: interpersonali, lavorative, d’amicizia. L’alienazione dell’individuo, che è anche estremo narcisismo, trova espressione finale nella farsa retro-futuristica di The Man Who Married a Robot, che potrebbe essere un episodio di Black Mirror. Un uomo, semplicemente, “sposa” Internet, che ovviamente è l’unico a poterlo rendere veramente felice:

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“When the man got sad, his friend had so many clever ways to make him feel better.
He would get him cooked animals and show him the people having sex again,
and he would always, always agree with him“.

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Questa è soltanto una parte, piccola, di un’opera che guarda alla contemporaneità con disincanto, in bilico tra depressione, noia e apatia. La frustrazione di fondo, va da sé, è quella dell’individuo moderno che non riesce ad impostare le sue relazioni secondo i canoni classici dei proprio genitori, ma allo stesso tempo fatica a trovare una direzione nel nuovo mondo iper-veloce di Internet. Sempre in Give Yourself a Try, Healy canta: “And I was 25 and afraid to go outside/A millenial that baby-boomers like”. O, per fare un altro esempio, l’uomo che sposa Internet nella canzone di cui sopra si “chiama” @SnowflakeSmasher86. Il suo nome è lo username.

A Brief Inquiry Into Online Relationships è il miglior album indie pop dell’anno. Forse, se vogliamo spingerci oltre, il miglior album di questo genere mai realizzato finora, punto. E, come abbiamo detto, è forse il caso di cominciare a chiedersi se questo indie pop, finora sempre preso sottogamba, non possa essere molto più di quello che crediamo, e dire molto più di quello che ci aspettiamo. Quel che è certo è che questa è la musica che dovete ascoltare se vivete, oggi, nella stessa confusione futuristica e incapacità relazionale che Matty Healy esprime. Ed è anche il momento di constatare che forse, ormai, questa musica non è il rock and roll.

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