Tash Sultana e le cicatrici nel suo primo disco, Flow State

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Tash Sultana esce allo scoperto con il suo primo album ufficiale, che sa ancora di strada. Con qualche cicatrice e qualche strumento in più.

La forza di ogni disco, sia esso un capolavoro o no, è riuscire a disegnare nella mente dell’ascoltatore una situazione ben precisa, di auto-crearsi lo scenario adatto alla musica che vi è incisa sopra. Il primo disco di Tash Sultana, Flow State, uscito il 31 agosto per Lonely Lands Records, non fa eccezione, ma l’immagine che dipinge è ben diversa da quella che ci si potrebbe aspettare.

Tash (all’anagrafe Natasha) Sultana ha ventitré anni, e da circa sei anni è riuscita ad uscire dal tunnel della droga grazie alla musica. Durante la terapia di disintossicazione ha imparato a suonare più strumenti possibile (attualmente ne suona dodici) e ha cominciato a suonare per strada, solo con una chitarra e una loop station. Dopo aver caricato su YouTube alcuni video in cui eseguiva dei brani da lei composti, la fama le si è rovesciata addosso: ha rilasciato l’EP Notion nel 2017 (completamente registrato da sola) e ha intrapreso un tour mondiale ancora in corso.

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Come aspettarsi, quindi, un disco verace che profumi di busking?

L’album è attraversato da un alternative rock con sfumature reggae e psichedeliche, che si infila in ogni brano con gli stessi giri di accordi sentiti centinaia di volte. Il primo segnale dell’inguaribile animo da busker di Tash è proprio la struttura fondamentale dei pezzi: giri armonici semplici, diretti e accattivanti, loop di tastiere (Salvation, primo singolo estratto dall’album), strumming su chitarre acustiche o schitarrate piene del riverbero ‘bagnato’ tipico del surf rock, sul quale andare ad incidere due, tre, otto ulteriori linee di chitarra, tastiera, tromba con la loop station. La sezione ritmica è affidata alla drum machine, con cassa profonda e ritmi serrati dall’inizio alla fine del pezzo.

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Anche i lunghi assoli al termine di ogni brano, non troppo sofisticati ma anch’essi efficaci e diretti, e gli improvvisi cambi di ritmo (la sfuriata finale in Cigarettes, la strimpellata arabeggiante in Blackbird) ci portano tra le strade di Melbourne insieme ad una Tash Sultana a piedi nudi che, rapita dall’estasi artistica, delizia i passanti. Con le sue ferite ormai rimarginate e un tripudio di strumenti, che se potesse suonerebbe tutti contemporanemente. Non parliamo di vere e proprie improvvisazioni, ma la sensazione è proprio quella: sembra che Tash stia suonando ogni singola nota di ogni singolo brano per la prima volta proprio davanti a noi.

Questo disco è la redenzione della giovane australiana.

Tredici pezzi che raccontano la storia più difficile da raccontare: la terapia e i nove mesi di inferno che Tash Sultana ha passato a causa di un “trip” finito male. Il disco si apre con l’inquieta Seed (Intro) e chiude con un’ Outro rilassata da ascoltare stesi all’ombra di un albero, ormai in pace con sé stessi.

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Tash Sultana ci ha portato un pezzo di marciapiede di Melbourne nelle cuffie. Psichedelia e reggae fusi insieme, con un tocco di improvvisazione e soprattutto con qualcosa da dire. I testi sono flussi di coscienza riordinati e, ancora una volta, sono diretti; così come la sua voce, a tratti nasale e vellutata, che articola linee sognanti e oniriche. 

Un album pieno di anima e di cuore, ingredienti che non possono che funzionare, specie se abbinati ad una buona storia da narrare. Questo disco non sarà un pilastro della musica, ma è arte allo stato puro.

Qualsiasi cosa volesse dirci Tash Sultana, ce l’ha fatta.

Il disco è di una schiettezza disarmante: arriva subito al punto, e gli innumerevoli licks che contornano le basi minimal dei pezzi non sono inutili giri di parole ma incisi, precisazioni e note al testo. Flow State è un disco che parla ancora di asfalto e di ferite. E anche questo urlo liberatorio in tredici parti è stato scritto e registrato solo da Tash Sultana. Flow State parla, ma solo Tash riesce a dialogarci. A noi non rimane altro che ascoltarli.

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Anno di pubblicazione: 2018
Genere: Alternative Rock