Recensione Melvins – Pinkus Abortion Technician

Melvins
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Il solito, ottimo disco dei Melvins

Ma come cacchio fanno i Melvins? Sono TRENTACINQUE anni che, con un media di 2/3 pubblicazioni all’anno, proprio non ce la fanno a fare un’album brutto.
Trentacinque anni, passati tra folli sperimentazioni sonore e cambi di formazione che hanno portato a una quantità disarmante di LP, EP, Demo e Live Album.

L’ultimo arrivato, Pinkus Abortion Technician, segna l’ennesimo cambio di formazione della band. Grazie all’ingresso di Jeff Pinkus, storico bassista dei Butthole Surfers, i Melvins passano dalla doppia batteria a un’inedita formazione a due bassi.
Già il titolo e la copertina non lasciano dubbi: il disco è una rilettura di Locust Abortion Technician, disco dell’87 dei BS, nell’ottica allucinata della combo Buzzo/Crover.

Melvins

Come al solito, l’album non segue uno schema preciso ed è il solito, bellissimo calderone in cui Buzzo e soci mischiano un genere dietro l’altro, seguendo la classica ricetta trentennale a base di chitarre di granito e lisergia.

Il primo brano (scelto anche per la promozione in radio), è un medley scanzonato tra STOP dei James GangMoving to Florida dei Butthole Surfers.
L’ hard rock iniziale di Stop si scioglie lentamente fino alla chiusura, lasciando spazio al boogie fangoso di Moving to Florida.
Buzzo sfoggia una dialettica da bluesman ubriaco, alternando dialoghi sconclusionati a smartellate tra il blues & roll e lo sludge.

I Butthole Surfers saranno riproposti anche in chiusura del disco, con una cover di Graveyard dai riff Sabbathiani.
Terza e ultima cover dell’album, una grottesca versione di I Want to Hold Your Hand dei Beatles. Ci vogliono una trentina di secondi prima di riconoscere il pezzo, distorto in una versione carnivalesca che lo fa sembrare più un brano dei Residents.

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I cinque brani inediti rimanenti sono variazioni e riprese di elementi già proposti negli anni 90, che superano con nonchalance la prova del tempo e funzionano ancora benissimo.

Prenup Butter e Flamboyant Duck  attingono allo stoner di Bullhead (1991); Don’t Forget to Breathe Break Bread  sono due brani che, tra sperimentazioni orientali e southern rock, richiamano i fasti di Houdini (1993).

Infine c’è Embrace the Rub, che con il suo minuto e mezzo scarso di punk psicotico accorpa l’ennesimo guizzo di follia/omaggio ai Butthole Surfers.

In sintesi, Pinkus Abortion Technician è un disco che va ad arricchire il già dettagliato curriculum dei Melvins senza portare nulla di nuovo, ma con una formula trentennale che, ad oggi, non ha ancora punti deboli.

 

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TRACKLIST

  1. Stop Moving To Florida
  2. Embrace The Rub
  3. Don’t Forget To Breathe
  4. Flamboyant Duck
  5. Break Bread
  6. I Want To Hold Your Hand
  7. Prenup Butter
  8. Graveyard