A cura di Monica Rovati Trombin
Parliamo di Couture
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Ecco la nostra recensione di Couture, nuovo film di Alice Winocour con Angelina Jolie
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Pizzi, tulle, frange e cuciture estrose, tutti dettagli che aiutano ad esaltare l’haute couture parigina di cui sembra parlare il nuovo film con protagonista Angelina Jolie.
Ma ne siete davvero sicuri?
E infatti è tutto sbagliato: qui la moda passa in secondo piano, è solo l’accompagnamento di una trama più ampia che parla di corpo, identità, vulnerabilità, ma anche di cambiamento e lavoro femminile. Una storia sulle persone, sulle loro numerose esperienze di vita che portano a forgiare l’animo umano e cucire sempre nuovi strati di pelle.

Angelina Jolie torna al cinema in Couture nel ruolo di Maxime Walker, una regista americana di film horror indipendenti, che accetta di girare un cortometraggio per una maison francese durante la rinomata Fashion Week parigina.
La protagonista arriva nella capitale in bilico tra vita lavorativa e privata: se da un lato a livello professionale si ritrova su un set modaiolo e sprizzante, e dovrebbe riuscire finalmente a girare presto il suo nuovo film, sul lato familiare la sua vita è a pezzi. Incastrata tra un divorzio e un rapporto difficile con la figlia, che vuole vicino ma non sa coltivare, oltre ad una liaison con il bel collega interpretato da Louis Garrel (figo come non mai ma che non “balla” sempre a dovere).
Tuttavia ciò che davvero spezzerà la sua fragile anima è la scoperta di un tumore al seno, un fatto che la metterà di fronte a nuove scelte, nuovi percorsi, una nuova pelle, che vedrà cambiare il suo corpo e la sua identità.
Parallelamente alla sua vita, nel film Couture si intrecciano altre storie di donne: tutte lavoratrici che Maxime incontra durante il suo percorso professionale a Parigi, tutte donne che stanno affrontando cambiamenti difficili nelle loro vite, proprio come lei. Abbiamo una giovane modella sud-sudanese che è scappata dalla guerra in Africa per cercare di racimolare soldi in Europa per la sua famiglia. E ancora una modella ucraina che gira il mondo pur di non tornare a casa, dove la aspetta fame e sofferenza.
Ma anche una giovane sarta pronta a sabotare la sua vita privata e le ore di sonno pur di riuscire ad arrivare professionalmente dove vorrebbe, pur di riuscire a cucire da sola il suo primo abito d’alta moda e sentirsi quindi appagata. Per finire con una truccatrice che aspira a diventare scrittrice, con un’occhio che sa andare oltre le apparenze, capace di leggere dentro alle persone e infondere sicurezza negli altri, tanto da essere l’unica persona a cui la protagonista racconterà la sua malattia, oltre al suo giovane amante.
Cosa funziona e aspetti che non convincono del tutto:
Tra le note positive di Couture c’è sicuramente da sottolineare l’intensa performance di Angelina Jolie, che regala una prova attoriale che va oltre la recitazione.
È un ruolo decisamente personale ed intimo, perché va a trattare un’esperienza che l’attrice ha vissuto in prima persona nella sua vita reale, tra il tumore al seno e quello alle ovaie, oltre ad essere una malattia che ha colpito anche le altre donne della sua famiglia. Un brutto male che le ha quindi provocato per anni tanta sofferenza e tormento, permettendole però in questo caso di aggiungere profondità emotiva al personaggio di questo film.
Va però anche detto che a volte l’attrice risulta leggermente trattenuta, come se avesse paura di mostrare pienamente la vulnerabilità che ha vissuto. Allo stesso tempo, per noi spettatori, fa un certo effetto rendersi conto che stiamo guardando qualcosa che la Jolie ha vissuto davvero sulla propria pelle e questo dettaglio intensifica sicuramente l’occhio con cui si guarda la pellicola.
Proprio per la stessa motivazione, c’è chi potrebbe vedere questa mossa come indelicata verso la storia personale di Angelina, ma in realtà non possiamo negare che la talent ha invece avuto coraggio a raccontare, almeno in parte, cosa ha vissuto e provato in quei giorni bui.
Intorno a lei si cuciono poi numerosi sguardi femminili e multiprospettici sul mondo: altre storie di donne di età diverse, etnie diverse, contesti diversi, che hanno però tutte un punto in comune. Queste donne affrontano tutte un conflitto personale che le logora dall’interno, ma che allo stesso tempo gli dona una forza che permette loro di combattere per andare avanti.
Tutto questo viene incastonato con grande estetica nel mondo glamour di moda e cinema, che nasconde più sfumature di quanto ci si aspetterebbe.
Una complessità che certamente sfocia nella scelta stilistica che prende la regista: la Winocour sceglie infatti di raccontare Couture come un mosaico di storie (e di pelli) piuttosto che mostrare un singolo dramma lineare. Se da un lato dona dinamicità, dall’altro invece le storie non si toccano quasi mai, lasciandole separate e distinte.
Una scelta stilistica che però non sempre funziona al meglio: infatti nonostante le ottime premesse visive e narrative, la sceneggiatura soffre di tanto in tanto di una percentuale di frammentarietà e ritmo lento. Il film porta infatti avanti tanti filoni differenti tra Maxime, le due modelle, la sarta e la truccatrice, non riuscendo sempre a creare un vero e proprio intreccio efficace ed univoco, trattando le linee esistenziali come mondi a sé da contemplare, piuttosto che creare una scossa emotiva o drammatica.
Quindi Couture è promosso?
Sicuramente possiamo definire Couture come un film ambizioso e audace, che cerca di fondere l’eleganza della moda, con l’arte del cinema e il dramma umano.
Angelina Jolie porta sul grande schermo un personaggio che tocca corde personali e forti, rendendolo quindi un film significativo per chi ha vissuto una malattia o semplicemente per quelle persone sensibili che empatizzano con il prossimo.
Tuttavia, quello che poteva essere un grande racconto corale di vita, rimane invece un pò sospeso in superficie, se pur di intensa bellezza visiva, riflessiva e di performance attoriale.
Ancora una volta un applauso ad Angelina!