Alien: Pianeta Terra, la serie riscrive il franchise con nuovi orrori dallo spazio (e non)

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Alien: Pianeta Terra espande tutte le tematiche portanti della serie di film e le affronta a viso aperto: la paura dell’ignoto, i pericoli della I.A., la disumanità del capitalismo, le ombre del futuro. Il risultato: la miglior serie sci-fi del 2025, di gran lunga

Alien: Pianeta Terra (Earth) è la nuova serie sci-fi/horror che si innesta in coda al franchise dopo l’uscita di Romulus (2024) e ne esplora le premesse e le differenti angolazioni come ulteriore interquel – è ambientato dopo Prometheus e Covenant, ma prima del film originale di Ridley Scott del 1979.

Per fare questo ci si affida a Noah Hawley (Fargo, Legion) e a un cast d’eccezione con una miriade di nuovi talenti tra cui spiccano naturalmente Alex Lawther, che abbiamo visto in Black Mirror e Andor; Sydney Chandler, carismatica nuova protagonista; e Samuel Blenkin, che nei panni del giovane e megalomane tech-guru Boy Kavalier ruba la scena ripetutamente a tutti.

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La serie parte da premesse inedite per il franchise: anziché il classico gruppo di astronauti/soldati che si trovano a fronteggiare xenomorfi di vario tipo, abbiamo una lotta tra aziende multinazionali – la Prodigy e la Yutani – nel tentativo di recuperare il contenuto di una nave-zoo mandata in missione a raccogliere nello spazio pericolosi esemplari di creature aliene, e schiantatasi poi sul nostro pianeta.

Tra queste c’è, sì, anche il buon vecchio xenomorfo, ma non solo: con lui arrivano una pletora di altri esseri letali, tra cui L’Occhio – già beniamino dei fan – se possibile anche più disturbanti e letali dell’alieno che conosciamo così bene da decenni. Ma è solo l’inizio, perché la componente horror è soltanto una parte della serie.

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Il focus, infatti, è sulla creazione da parte di Boy Kavalier di un gruppo di ibridi umani/sintetici, le cui personalità sono tratte da quelle di bambini malati terminali. I “bimbi sperduti” – sì, il riferimento è voluto – si ritrovano in un limbo esistenziale alla Blade Runner e faticano a capire quale sia il loro ruolo in un mondo in cui, presto, niente di quello che viene detto loro sembra più corrispondere alla verità.

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Guidati da Marcy/Wendy (Sydney Chandler) e dal fratello di lei, Joe (Alex Lawther), i bimbi sperduti devono crescere in fretta attraverso traumi e rivelazioni quando Kavalier trasporta le creature aliene sulla sua isola per “studiarle”: le sue bieche intenzioni sono subito chiare e non sono del resto più nobili di quelle della sua rivale, Miss Yutani, che vuole tutti gli alieni come armi biologiche per sé.

Mentre in alto quindi si consuma l’ennesimo scontro aziendale per il potere, economico e non, in basso innumerevoli vite vengono presto sacrificate a questa lotta quando i mostri, inevitabilmente, si liberano e iniziano a creare il caos completo sull’isola. E Wendy, trovando una inaspettata connessione con gli xenomorfi, si trova a dover decidere “chi sono i veri mostri”.

Ma non è una riflessione banale come potrebbe sembrare: la rivolta finale dei sintetici, con gli xeno dalla loro parte, trasmette più inquietudine che sicurezza e non c’è per nulla la sensazione che i “buoni” abbiano vinto, anche perché le forze di Yutani stanno per invadere l’isola e la battaglia sembra solo all’inizio.

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Ci sono molte altre complicazioni, come L’Occhio che ora ha preso il controllo di un cadavere – creando, di fatto, uno zombie – e le altre creature a piede libero, più le ombrose personalità del cyborg Morrow (Babou Ceesay) e del sintetico Kirsh (Timothy Olyphant, formidabile) come carte jolly. Insomma, la partita è ancora tutta da giocare.

Questo non rende certo la prima stagione di Alien: Earth incompleta e inconcludente, anzi: tutte le tematiche sono affrontate e prese in esame compiutamente in un raro equilibrio di azione, fantascienza, dramma e horror che non annoia mai e che regala momenti altissimi degni delle scene migliori di tutto il franchise – senza parlare dell’episodio 5, che è in pratica un film di Alien in miniatura.

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E la narrazione è, come nei casi migliori, ricca di zone grigie e di dubbi morali: chi sta dalla parte di chi? Chi ha la morale dalla sua? Chi può vantare di perseguire “il bene”? Wendy afferma, molto interessante, di gradire gli alieni perché almeno loro sono “onesti”, rispetto agli umani; ma Joe le ribatte che si tratta pur sempre di animali in cerca di cibo, ossia di vittime.

Davvero le cose stanno così, o ci sono aspetti degli xenomorfi che non abbiamo mai scorto o considerato? Questa una delle tante domande sollevate da questi otto episodi epici, che si distinguono anche per le musiche alt-grunge anni ’90 in chiusura – “Animal” dei Pearl Jam, non a caso, termina la stagione ponendo una chiosa esemplare.

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In conclusione: può essere vero che certi momenti di Alien: Earth potrebbero risultare un po’ “lenti”, specie per i fan dei primi due/tre film e per gli stessi che poco hanno gradito i prequel di Scott degli anni ’10. Ma così funziona la vera fantascienza: non solo sparatorie e squartamenti a bordo di un astronave, ma riflessioni sulle orribili ombre proiettate da un futuro distopico, ma possibile e vicino.

Possibile, perché già viviamo in una realtà in cui le multinazionali controllano (quasi) tutto e gli interessi economici vanno regolarmente a discapito delle vite umane; perché I.A. insensibili pronte a obbedire agli ordini sbagliati e fare del male potrebbero già essere tra noi; e per quanto riguarda gli alieni… bé, in questo decennio abbiamo ormai visto di tutto. Quindi… non si può mai sapere, giusto?

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