KPop Demon Hunters: Recensione dell’inaspettato film fenomeno di Netflix

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Su Netflix è arrivato KPop Demon Hunters, una film che in poche settimane ha conquistato il cuore di spettatori più e meno giovani. Ecco di cosa parla, e cosa c’entra il k-pop

KPop Demon Hunters tratta esattamente di quello che ci si potrebbe aspettare: il mondo degli esseri umani e quello dei demoni sono in eterno conflitto, ma a mantenere l’equilibrio tra queste due realtà ci sono Rumi, Mira e Zoey, tre ragazze che insieme formano le Huntr/x, una band tutta al femminile.

Come sconfiggere i demoni? Con il k-pop ovviamente! I problemi sorgono quando i demoni decido di creare i Saja Boys, una band rivale per sconfiggere le nostre eroine e rubar loro tutti i loro fan più fedeli. Con il procedere della narrazione però scopriamo un altro dettaglio che si rivelerà fondamentale, ovvero la doppia identità di Rumi, metà umano e metà demone.

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Da anni ormai, nasconde sotto ai vestiti i segni viola che caratterizzano i demoni dell’altro mondo, ma la sua vera natura non potrà rimanere nascosta ancora per molto. Il film, di appena un’ora e mezza, piacerà sicuramente ai fan di Spider-Man: Into the Spider-Verse, dato che lo studio di animazione della Sony Pictures Animation sembra essere tornato alla sua fase di massimo splendore.

Coloratissimo, divertente e originale, un’esplosione di stili e citazioni che fanno il verso ad anni di anime e cultura pop asiatica. La cura verso la forma di un prodotto che si rivolge soprattutto ad un pubblico abituato a dividersi tra anime e idol cerca anche di alternarsi ad alcuni messaggi importanti, ma mai approfonditi fino in fondo.

Per chi conosce almeno in parte la realtà che si cela dietro ad alcune delle band coreane più famose, infatti, le vite dei cantanti sono tutt’altro che rosee. Rumi, Mira e Zoey sono sottoposte a ritmi folli per delle ragazze della loro età e questo aspetto viene più volte messo in evidenza in maniera ironica, sottolineando il poco tempo per mangiare o per riposarsi tra un impegno e l’altro.

A questo si aggiunge l’amore altalenante dei fan e l’incertezza delle classifiche, ma anche la necessità di avere un’immagine immacolata per non essere esclusi dal mondo dello spettacolo. Rumi ne è la perfetta rappresentazione, costretta a nascondere la sua vera natura per anni,  costantemente divisa tra l’accettazione di essa e la negazione delle sue radici (poiché è figlia di un demone e un’umana).

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La critica sembra essere rivolta alla demonizzazione (per l’appunto) di tutto ciò che è diverso, non conforme o appartenente ad una minoranza. Una teoria molto diffusa tra gli entusiasti del nuovo prodotto Netflix è quella che vede Rumi come un personaggio implicitamente queer, che deve nascondere il suo orientamento per evitare di essere tagliata fuori dal gruppo.

“Forse loro capirebbero”, dice alla madre in un momento di sconforto e riferendosi alle amiche. Questo spiegherebbe anche l’iniziale diffidenza di Mira e Zoey, abituate a disprezzare i demoni senza una vera ragione e la loro successiva solidarietà all’amica di sempre. Per il momento, questa teoria non è stata ancora confermata, ma in breve tempo è diventata una delle più discusse tra i fan di KPop Demon Hunters.

Il finale del film fa presagire l’intenzione dei produttori di sviluppare un possibile sequel.

A cura di Alice Rosa

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