Elianto – L’arte dell’improvvisazione

Elianto
Elianto - Foto tratta dal profilo Facebook ufficiale
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Quanti di voi hanno passeggiato lungo i navigli in un tipico venerdì sera Milanese? O hanno assistito ad una puntata di zelig.tv negli ultimi tempi? In entrambi casi vi sarete imbattuti in Elianto, un chitarrista poliedrico che difficilmente passa inosservato.

C’è qualcosa di inavvertitamente magico nella “musica di strada”, come se fosse animata da uno spirito creativo capace di rendere fertile il terreno di chi lo calpesta. Ed Elianto – su Instagram come @eliantocanta – è tra quei pochi estrosi che sembra aver assorbito questo spirito in toto.

Armato solo di chitarra – oltre che di un acuto spirito di osservazione e di una logorrea a detta sua “funzionale” – Elianto crea in ogni esibizione dei brani diversi improvvisando sui passanti. Letteralmente. Fresco della sua performance ad Italia’s Got Talent, abbiamo fatto una chiaccherata con lui.

Elianto fa cose…un sacco di cose! Busker, autore, cantautore, interprete, cabarettista.. Quale di queste definizioni pensi ti calzi meglio?

Si, lo so, troppa roba. Il mio CV sembra il menù di un ristorante cinese anni 80’. Diciamo che se ogni percorso inizia con un passo, io ne sto facendo una cifra per vedere se da qualche parte riesco a muovermi. Mi sento rappresentato più in assoluto dall’etichetta di “improvvisatore” ma non solo per quanto riguarda le performance con la chitarra. In ogni ambito della vita (il che non mi rende così speciale perché nessuno ha il copione della sua giornata). Comunque per non sbagliare sui biglietti da visita ho scritto da sempre:

“SONO L’ ANELLO DI CONGIUNZIONE TRA IL CREATIVO E IL CRETINO”

Com’è iniziata la tua carriera?

Per caso. Suonavo la chitarra ormai da dieci anni in strada e con diverse band. Poi un giorno dopo aver prenotato una postazione in Duomo (di quelle rarissime per i Busker milanesi) mi sono reso conto di non avere con me gli spartiti delle canzoni. Così ho cominciato a cantare in freestyle su una ragazza in bicicletta, poi un business man con la 24 ore, una signora con il cane. Vedendoli fermarsi ho capito il potenziale di una cosa che avevo sempre fatto per gioco (un grande classico dei falò) e che avrei dovuto portare avanti proprio nel luogo meno consono, la strada. Da lì ho cominciato a girare anche nei teatri di cabaret, poi nelle feste di paese, quelle private in casa, i festival della birra, pub locali ecc.

Cosa ti ha insegnato l’esperienza come artista di strada?

La strada rimane ad oggi il palco più dinamico e soddisfacente che ho trovato. Giuro, non lo dico per fare per forza il personaggio, ma il fatto è che durante la mia performance di improvvisazione mi trovo allo stesso livello del pubblico rende unica la dinamica delle canzoni improvvisate. La gente si prende bene e partecipa. In ogni modo, ballando, nascondendosi dietro gli amici, e perché no anche con un sincero “vaffanculo”.

Quali sono gli imprevisti del mestiere?

Quando il sincero “vaffanculo” non viene detto spesso si tramuta in un attacco un po’ più personale. Raramente fisico, ma giustamente se becchi quello con la giornata “no”, il rischio c’è. L’imprevisto numero uno e il più rilevante resta comunque il meteo. Se fa freddo, piove, nevica il pubblico non si fermerà e se lo farà, sarà per poco.

Hai un buon seguito, come testimoniano i commenti e le interazioni dei tuoi fan ai contenuti che condividi sui social. Cosa pensi piaccia del tuo personaggio?

Credo la spontaneità. Non ho mai nascosto le mie idee riguardo nulla. Musica compresa. Se uno in strada viene a chiedermi una cover di una band che a me non piace io dico tranquillamente al microfono davanti a tutti “no dai, non lo dico ad alta voce perché mi vergogno”. Poi forse il mio essere un personaggio “ibrido” mi ha molto aiutato.

Io non sono un cantautore di quelli che fanno le pause concitate quando devono spiegare il testo di un loro brano. Mi vivo molto bene il mio essere tagliato spesso, sognatore ma con i piedi per terra… anzi, sul marciapiede

Delle volte la vita ti porta a prendere strade che mai avresti pensato di dover percorrere. Cosa direbbe l’Elianto di 10 anni fa a quello di oggi?

Gli farebbe il culo sicuramente. “Perchè non hai ancora imparato a fare sta roba bene in inglese?” – “Quando parti per New York?” – “Ah ok ti sei venduto ai talent”. L’Elianto di 10 anni fa era un po’ una pigna nel culo.

E come ti vedi nel futuro?

Mi piacerebbe moltissimo lavorare in radio. Mi piace parlare con gli sconosciuti, attacco bottone anche con le nutrie del Naviglio. Sono logorroico in modo funzionale. E poi non concepisco la mia vita lontano dalla musica. Sono cresciuto nel negozio di dischi dei miei genitori, quindi lo vedo un po’ scritto nel mio destino. E’ un po’ come il salmone che dopo tutta la vita risale la corrente e depone le sue uova proprio dove è nato. Potrei anche fare il cuoco di sushi però, mai dire mai.

Qual’è il tuo background culturale e quali sono i personaggi che più hanno influenzato la tua arte?

Questa è la domanda più temuta. Adesso come faccio a non rispondere “un po’ di tutto?” senza sembrare una lettrice di Cioè? Musicalmente è stato uno strano mix. A 12 anni sono rimasto folgorato dai suoni “world” mixati al rap dell’album. “Capo Horn” di Lorenzo Jovanotti. Ero cresciuto fino a quel momento a pane e signor G, Paolo Conte e tutti i grandi cantautori della vecchia scuola. Poi le prime chitarre elettriche, il grunge ovviamente, passando per il progressive rock dei Genesis e finendo inevitabilmente tra le braccia del jazz (senza averlo mai saputo suonare).

Anche il cinema mi ha influenzato tantissimo, ma anche qua, dico i primi che mi vengono in mente pescando dal calderone (giusto tre nomi
piccini) : Alejandro González Iñárritu, Darren Aronofsky, Matteo Garrone.

E gli scrittori, anche qui lo stesso discorso: Michael Pollan, Giorgio Bettinelli, Giulio Cesare Giacobbo. Ma in fondo poi, poco vale, per me sono rimaste sfumature bellissime che mi hanno aiutato a trovare i miei colori. Ah sì, e anche grazie al THC.

Che rispondi agli haters che ti dicono: “Trovati un lavoro e taglia ‘sta barba“?

Che non lo sanno ma sto già lavorando al fine di ottimizzare i loro consigli. Sto imparando per diletto a fare il barbiere con la lama singola, una figata, ma anche un rischio. Mai visto Sweeney Todd?

Suggerisci tre dischi ai lettori della scimmiapensa.com

In ordine crescente di mainstreamaggine :
– Banda Black Rio – Maria Fumaca
– James Vincent McMorrow – Post Tropical
– Chadia Rodriguez – Avere 20 anni

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