La Tartaruga Rossa – Recensione in anteprima

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Il campo dell’animazione è sempre un’ottima occasione per stupire, mandare un messaggio forte e chiaro allo spettatore. Fra le tante case di produzione esistenti e che hanno fatto la storia, è impossibile non citare la Pixar, che con i suoi capolavori ha saputo rinnovarsi di continuo, mettendosi alla prova ad ogni lungometraggio e cercando metodi nuovi per raccontare le proprie storie. Basti pensare a quel meraviglioso film che è Wall-E, diretto da Andrew Stanton, privo di dialoghi, ma assolutamente comunicativo attraverso le immagini. Cosa che ha voluto fare anche lo Studio Ghibli, in collaborazione con la Wild Bunch, presentando al pubblico la sua nuova creatura: La Tartaruga Rossa.

Diretto da Michael Dudok de Wit, il film narra le vicende di un uomo, che durante una tempesta, viene trasportato su un’isola tropicale deserta, popolata da uccelli, granchi e tartarughe. I tentavi di andarsene saranno numerosi, ma una tartaruga di colore rosso gli impedirà di portare a terminare il suo piano. Attraverso questo concept semplice, ma di grande impatto, la pellicola rivela la sua vera essenza, ovvero, quello di raccontare le tappe della vita di un essere umano. Con una tecnica mista, divisa tra il digitale e il carboncino, possiamo notare l’incredibile impegno, che il regista, decide di rivelare sin dalle prime sequenze. Non abbiamo bisogno di dialoghi, la storia riesce a regalare momenti intensi e a ipnotizzare lo spettatore dall’inizio alla fine, solamente con l’ausilio delle immagini, poetiche in ogni inquadratura e che ci mostrano, ancora una volta, l’importanza del tempo, che possiamo percepire grazie alla scena di un albero in movimento, un cielo limpido pronto a diventare scuro. Un film che non si dimentica anche di sottolineare la bellezza delle piccole cose, del crescere un figlio, dell’innamorarsi. Dei temi che si mischiano perfettamente e che trovano il giusto in spazio.

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Una colonna sonora che diventa di vitale importanza, un elemento fondamentale, capace di costruire sequenze che rimarranno impresse per molto tempo. Ci troviamo davanti ad un’animazione adulta, autoriale, una vera e propria poesia trasposta sul grande schermo, che purtroppo, potrebbe risultare noiosa per un pubblico minorile, complice anche una poca maturità nell’affrontare i vari messaggi della pellicola, come quello della morte. Come dice Du Wit, la morte è una realtà. L’essere umano tende a contrastare la morte, ad averne paura, a lottare per scagionarla e si tratta di un atteggiamento molto sano e naturale. Eppure si può avere nello stesso momento una bellissima comprensione intuitiva del fatto che siamo pura vita e non abbiamo bisogno di opporci alla morte.

 

RECENSIONE
Simone Martinelli
100 %
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Simone Martinelli
Nato a Milano nel 1992. Appassionato di cinema sin da piccolo. I suoi registi preferiti sono David Lynch e Nicolas Winding Refn. Ama guardare film ogni giorno, alimentando sempre di più la sua fame di pellicole. Sogna un mondo senza Paolo Ruffini dietro la macchina da presa.
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