Il tennis, 7 film su questo straordinario sport

Il tennis italiano sta vivendo un momento d'oro, tra Sinner e Musetti, al cinema arriva Il Maestro. Quale momento migliore per una classifica a tema.

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Il tennis italiano sta vivendo un momento unico nella storia: Jannik Sinner è stabilmente (e lo sarà per ancora tanti anni) tra i primi due tennisti al mondo, Lorenzo Musetti ha trovato una maturità tennistica sempre più evidente, e Torino ospita ormai da ani le ATP Finals un questo periodo. A questo scenario esaltante per gli amanti di questo sport e non, si aggiunge l’arrivo al cinema de Il Maestro di Andrea Di Stefano con Pierfrancesco Favino, un’opera che ha come fulcro proprio il tennis.

Il tennis, 7 opere da vedere oggi per scoprirlo: tra boom italiano e il cinema sportivo

In questo clima in cui la racchetta è al centro dell’immaginario collettivo, vale la pena fare una ricognizione dei film che hanno portato il tennis al cinema con originalità, potenza narrativa e sguardo autoriale. Un elenco ragionato di sette titoli imperdibili, ognuno in grado di interpretare il tennis non solo come sport, ma come metafora di tante cose. Ecco la nostra classifica (non in ordine).

Il Maestro, di Andrea Di Stefano (2025)

Partiamo proprio dall’ultimo uscito, il nuovo film italiano sul tennis che riesce là dove pochi avevano osato: raccontare il gesto tecnico come forma etica, come linguaggio del corpo che diventa racconto di un’intera vita. Favino, come sempre magnifico, interpreta una maschera della depressione. Un allenatore pieno di talento che considera il tennis una grammatica dell’essere, ogni dritto è una scelta, ogni rovescio una conseguenza, ogni errore non un inciampo ma una verità che riaffiora.

La materia filmica si piega all’idea di educazione, come un coach che corregge le impugnature Di Stefano modella il ritmo, asciuga i silenzi, lavora sul campo come fosse un set cinematografico. Il risultato è un film che rimbalza dentro, emoziona, diverte e commuove. Oltre ad essere un ode al bel tennis, al tennis di attacco, alle volè e mai al remare da fondo campo.

Challengers, di Luca Guadagnino (2024)

Qui abbiamo il tennis come grande metafora di un rapporto sessuale, di un triangolo emotivo scritto magistralmente. Guadagnino usa il tennis come un ring sensoriale dove la competizione è inseparabile dal desiderio. Il film è costruito come un match a tre set, passato, presente e un futuro dove si intrecciano i protagonisti in un thriller psicologico dove non esistono colpi di interidizione.

La regia lavora come un top spin costante: accelera, piega, avvolge, fino a far percepire il rimbalzo emotivo dei personaggi. Le inquadrature laterali sperimentali del campo evocano la natura duale del cinema stesso: due punti di vista che si sfidano, una rete che divide o connette. La colonna sonora martella come un dritto da fondo campo, diventando istantaneamente iconica. Un’opera incredibile, impossibile da perdersi.

Borg McEnroe, di Janus Metz (2017)

Il film mette in scena una delle rivalità più iconiche della storia del tennis, quella tra il ghiaccio Borg e il fuoco McEnroe. Merz dirige il loro match ottimamente, ogni punto è una carica psicologica e ogni sguardo un match point emotivo. L’uso del montaggio alternato richiama il ritmo di un tie-breal infinito. Ogni taglio è un cambio di direzione, ogni climax un serve and volley morale. La materia filmica diventa tensione pura, un nastro che la palla sfiora senza mai cadere da una parte sola.

Match Point, di Woody Allen (2025)

Woody Allen prende una delle regole più elementari del tennis, la palla che tocca il nastro e può cadere da una parte o dall’altra, e la trasforma in filosofia del vivere. Il protagonista vive dentro questo nastro: sospeso, indeciso, vittima di un caso che somiglia molto alla colpa.

Il film lavora per ellissi, come un giocatore che maschera una palla corta fino all’ultimo istante. Alcuni colpi sono anticipati, altri improvvisi e lo spettatore rimane sempre in split-step pronto a reagire ma incerto sul movimento successivo. Una straordinaria lezione filosofica sul destino che spesso si decide per pochi centimetri.

La battaglia dei sessi, di Dayton & Faris (2017)

Qui abbiamo il tennis simbolo di lotta politica e corpo sociale. Il match King-Riggs (di cui avremo una riedizione proprio quest’anno con Kyrgios-Sabalenka) diventa nel film più di un evento sportivo. Uno scambio a tutto campo sul tema della parità di genere. Il tennis è usato come metafora della società americana anni 70′, con al rete al centro come un muro da abbattere più che una semplice divisione regolamentare.

Il montaggio degli allenamenti di Billie Jean King ha la precisione di una serie di dritti lungo linea, rapidi, precisi, netti, affilati. Il film dimostra che il tennis, sport individuale per eccellenza, può rappresentare una battaglia collettiva.

Una Famiglia Vincente-King Richard, di Reinaldo Marcus Green (2021)

L’opera divenuta celebre per i motivi sbagliati, il film con cui Will Smith vinse il suo primo e unico Oscar ma che al contempo ci regalò l’iconico schiaffo a Chris Rock. Ma andando oltre questo, Una Famiglia Vincente-King Richard racconta la storia del padre delle sorelle Williams richiamando un piano di gioco a lungo termine. Richard non allena solo i colpi, costruisce un’etica, una disciplina, un sogno familiare.

Il film procede come un match preparato, ogni scena è un colpo pensato, ogni dialogo un’anticipazione tattica. Il gesto filmico è simile ad un rovescio in slice, morbido, controllato, apparentemente semplice ma in grado di cambiare il ritmo del racconto.

Wimbledon, di Richard Loncraine (2004)

Qui abbiamo il tennis come commedia romantica. Il più leggero e sorridente di questa classifica, Wimbledon utilizza l’erba londinese come palcoscenico sentimentale. Lo sport diviene linguaggio di corteggiamento fatto di scambi brevi e colpi improvvisi. La regia è scorrevole, le interpretazioni buone e la storia riesce ad emozionare. Un’opera alla quale è impossibile non volere bene.