Quando il confine tra notorietà sui social e criminalità si assottiglia, nascono storie che sembrano uscite da una sceneggiatura. È il caso di Abdoulaye N., volto conosciuto nei quartieri della banlieue parigina e sui social network, finito al centro di una delle rapine più discusse degli ultimi anni: il furto dei preziosi gioielli della Corona custoditi al LouvreAbdoulaye N., 39 anni, originario di Aubervilliers, era noto online come Doudou Cross Bitume. Nei suoi video su TikTok e Instagram si autodefiniva “la leggenda di Cross Bitume 93 Aubervilliers”, mostrando acrobazie in motocross, allenamenti per strada e un’estetica da atleta urbano. Il suo motto, ripetuto più volte, era inequivocabile: «Sempre più vicino all’asfalto».
Quella che sembrava solo una provocazione digitale si è trasformata in accusa formale: il 29 ottobre è stato incriminato per rapina organizzata e associazione a delinquere, poiché ritenuto parte del gruppo che il 19 ottobre ha fatto irruzione nella galleria Apollon del Louvre.
Gli investigatori hanno individuato tracce decisive. Il DNA di Abdoulaye sarebbe stato trovato su una delle teche danneggiate del Louvre e su oggetti abbandonati durante la fuga. Anche un altro uomo, 34 anni, anch’egli di Aubervilliers, è stato identificato attraverso tracce biologiche su uno scooter Yamaha Tmax, lo stesso modello utilizzato per allontanarsi dal museo. Entrambi sono stati fermati il 25 ottobre.
Nonostante la gravità dell’episodio, la difesa del principale sospettato ribatte:
Si parla di rapina, ma si è trattato di un furto con scasso
Abdoulaye aveva già precedenti per rapina aggravata e lavorava come tassista pur non avendo la patente. Ironia della sorte, il giorno della rapina avrebbe dovuto presentarsi davanti al tribunale di Bobigny per un caso di vandalismo, udienza poi rinviata al 17 aprile. La procuratrice di Parigi, Laure Beccuau, ha dichiarato che i due arrestati non corrispondono ai profili “tipici della criminalità organizzata”.
Durante gli interrogatori, Abdoulaye ha offerto una versione parziale dei fatti, ammettendo di aver preso parte all’azione «su ordine di individui non identificati», sebbene tali dichiarazioni siano state definite dagli inquirenti “minimaliste”.
Tuttavia, a dire il vero, delle ammissioni, seppur parziali le avrebbe fatte: ovvero avrebbe detto di avere agito assieme al complice Ayed Ghelamallah, 34 anni, di nazionalità algerina, anche lui agli arresti, su mandato di persone di cui non era in grado di rivelare l’identità. Entrambi hanno ammesso poi che non pensavano di essere entrati nel Louvre, perché erano convinti che il museo più importante di Parigi, e della Francia, fosse solo quello vicino alla ‘piramide’.
Intanto, la domanda principale resta senza risposta: che fine hanno fatto gli otto gioielli della Corona, valutati circa 88 milioni di euro? Al momento, non sono stati ritrovati.