Solo un altro aneddoto che racconta la grandezza di Bud Spencer
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Ci sono storie che, anche a distanza di decenni, riescono a commuovere e a far riflettere. Una di queste riguarda Bud Spencer, il gigante buono del cinema italiano, che nel 1978, durante le riprese di Piedone l’Africano, si trovò faccia a faccia con una delle più dure realtà del Novecento: l’apartheid sudafricano. Quello che accadde quel giorno non fu solo un episodio di cronaca cinematografica, ma un atto di coraggio che ancora oggi ci ricorda quanto sia importante schierarsi contro l’ingiustizia.
Un set in un paese diviso
Alla fine degli anni Settanta, la troupe di Piedone l’Africano si trovava in Namibia, che allora era conosciuta come Africa del Sud-Ovest e sotto il controllo del Sudafrica. Era un periodo buio: le leggi dell’apartheid regolavano la vita quotidiana, imponendo una netta separazione tra bianchi e neri. Questa “separazione”, come significava letteralmente il termine in afrikaans, relegava la maggioranza della popolazione (oltre l’80%) a una condizione di discriminazione sistematica, con pochissimi diritti e libertà limitate.
L’episodio del ristorante
Un giorno, Bud Spencer, Enzo Cannavale, la troupe e il piccolo Baldwin Dakile – l’attore che interpretava il vivace Bodo, spalla del commissario Rizzo – si recarono in un ristorante. Qui si scontrarono con la crudele normalità di quel sistema:
Il bimbo nero non può entrare – fu la risposta che ricevettero all’ingresso.
In quel momento, Bud Spencer non esitò: si voltò, uscì dal locale e, con lui, anche il resto della produzione abbandonò il ristorante. Un gesto semplice ma dirompente, un rifiuto netto a piegarsi a una regola che umiliava un bambino solo per il colore della sua pelle.
Un atto che fece rumore
In un paese dove la segregazione era accettata e applicata senza esitazione, quel gesto fu qualcosa di straordinario. Enzo Cannavale ricordò più volte lo sdegno di tutta la troupe.
Siamo in Sudafrica, a Johannesburg, per girare “Piedone l’africano” – racconta Cannavale. Una sera andiamo a cena e portiamo con noi anche Baldwin Dakile, il bambino che nel film interpreta Bodo. Entriamo nel ristorante e restiamo senza parole: il bimbo non può entrare perché è di colore. Io e Bud ci guardiamo scandalizzati, di fronte a una scena di razzismo simile. E ce ne andiamo senza mangiare.
La scena diventò un piccolo ma significativo atto di resistenza contro un sistema che sarebbe caduto solo nel 1993, quando Nelson Mandela riuscì finalmente a guidare il Sudafrica verso la fine dell’apartheid e verso una nuova era di uguaglianza.
Il significato di quel momento
L’episodio del ristorante è più di un semplice aneddoto sulla carriera di Bud Spencer: è la dimostrazione di come, anche fuori dal set, l’attore incarnasse i valori di giustizia e umanità che il suo pubblico amava nei suoi film. La sua scelta di non accettare quella discriminazione è un insegnamento potente, che oggi suona ancora attuale in un mondo dove, purtroppo, episodi di intolleranza e razzismo continuano a verificarsi.