The Life Of Chuck, la Recensione del film con Tom Hiddlestone

La nostra recensione di The Life Of Chuck, film tratto da un racconto di Stephen King che vede un grandissimo cast a supporto del magnifico Tom Hiddlestone. In sala dal 18 settembre.

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Nel panorama cinematografico contemporaneo (e non), ci sono svariati film etichettabili alla voce “inno alla vita“, e The Life Of Chuck rientra agevolmente in questa categoria. A dirigere l’orchestra, troviamo Mike Flanagan, che sembra aver stretto un rapporto molto intimo con gli adattamenti in generale e con quelli di Stephen King in particolare. Si pensi a Gerald’s Game o a Doctor Sleep, ad esempio, ma anche all’acclamata Hill House. Regie su regie che l’hanno portato ad essere un autore non sempre apprezzato ma certamente prolifico nel mondo dell’horror. Ma stavolta no.

The Life Of Chuck, la Trama

Si parte dalla fine del mondo in tre atti, a ritroso nel tempo. Non ci sono troppe spiegazioni, se non che il mondo sta collassando su sé stesso. E in ogni dove, compaiono, nell’ordine, cartelloni e spot pubblicitari che ringraziano tale Chuck, fino ad arrivare alle stelle. Ma chi è Chuck? Gli ultimi due (solo in ordine cronologico) atti ce lo spiegano, raccontandoci la vita di una persona comune, avvolta dalla sventura ma che non si è mai lasciato abbattere, godendosi le piccole gioie della vita, senza filtri di sorta. Come ballare a più non posso quando un’artista di strada intona un pezzo con la batteria.

The Life Of Chuck, la Recensione

Trasporre un’opera letteraria di Stephen King è sempre un’operazione complessa, al punto che i risultati non sempre sono propriamente ottimali. Da un lato, unanimi capolavori (eccezion fatta per Shining, piaciuto a tutti tranne che a King stesso) o unanimi flop colossali. In questo contesto, anche Mike Flanagan ha provato a dire la sua, portando prima Il Gioco di Gerald sul piccolo schermo e poi Doctor Sleep, una delle operazioni più complesse e ambiziose di sempre, il cui risultato è stato quantomeno rivedibile.

Ora tocca ad un racconto tratto da un libro antologico del Re, Se Scorre Il Sangue, che è ben lontano dall’essere horror. Non è certo la prima volta che King si cimenta in un genere non horror, ma è la prima di Flanagan. Una mosca bianca sul mare d’orrore che caratterizza la sua filmografia, composta di successi più seriali che non cinematografici, complice anche i problemi che i suoi film (ma anche le serie) hanno con i finali, troppo sbrigativi o caratterizzati da un rapido spiegone in voice-over che distrugge tutto quello che di buono è stato fatto. Tuttavia, in questo caso, il regista sembra non aver più di questi problemi.

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Ecco quindi che la domanda parte automatica: ma Flanagan deve proprio cimentarsi con l’horror? Vedremo da qui in poi. Di certo, è che The Life Of Chuck è al momento il suo film migliore, costellato da bellissime interpretazioni e da una storia che sembra guardare dentro ognuno di noi. Mettendo in scena un film in tre atti, partendo dall’ultimo, il risultato che viene fuori è un’ottima elaborazione di un contenuto standard, trasformandolo in un qualcosa di molto più aulico.

Occorre in un certo senso scomodare La Vita È Meravigliosa, il capolavoro del 1946 di Frank Capra. Il film del maestro del cinema americano racchiude in sé la locuzione “inno alla vita“. Un uomo, George, sull’orlo del suicidio viene fermato da un angelo, che gli mostra le bellezze della vita a cui lui stesso stava ponendo fine prematuramente. Partendo da questo materiale, sembra quasi che King e Flanagan abbiano voluto dare una versione rimodellata, che buca la quarte parete e ci fissa inesorabilmente.

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Chi è dunque Chuck? Chuck è l’emblema dell’uomo contemporaneo, una persona ordinaria che ha una vita ordinaria. Districandosi tra casa e lavoro, si concede un momento di bellezza, regalando il suo corpo e il suo spirito, alla musica. Un ballo che sembra quasi essere tribale, improvvisato su suoni prodotti da una batteria. Una sequenza meravigliosa, quasi da musical, per un film drammatico e intenso come pochi altri negli ultimi dieci anni. Ed anche quando si parla di momenti più difficili, sfortunati, The Life Of Chuck mantiene sempre un rigore ed una dignità da manuale, senza mai distogliere il suo sguardo dall’idea che il film porta avanti.

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Come un vero e proprio insegnamento, The Life Of Chuck vuole donarci un momento di riflessione interiore, partendo dal mistero che permea la cosmologia fino ad arrivare a spiegarci la massima di Walt Whitman (i fan di Breaking Bad ricorderanno bene questo nome), “io contengo moltitudini“. Non manca l’alone di mistero, chiuso dentro una stanza in cima ad una villa nella periferia americana, che si inserisce perfettamente nel tema che il film porta avanti (e non faremo spoiler sul caso).

In un gioco di universi, The Life Of Chuck sposta l’attenzione dal micro al macro, dal singolo alla moltitudine, raccontando di come una singola vicenda possa influenza a sua volta un mondo intero, grazie alle inevitabili influenze che il famoso effetto Farfalla racconta. Ecco quindi che un cast meraviglioso, composto da nomi come Mark Hamill e Karen Gillian, per citarne due, riesce a prestarsi a questo film potente e corale, dove tutto però viene raccolto e racchiuso dal fantastico Chuck interpretato da Tom Hiddlestone.

Non sarà un caso che non appena avrete finito di vedere The Life Of Chuck, vi sentirete meglio. Più contenti, più felici di quello che gira intorno a noi. E come una lunga parafrasi del detto “gioisci per ciò che hai, non essere triste per ciò che non hai“, The Life Of Chuck ci mostra di com’è la vita: un mistero costante fatto di gioie e dolori, da accettare per quello che sono, mantenendo sempre una forma di dignità davanti a tutto ciò che accade ogni giorno. Tematiche senz’altro complesse ma gestite alla perfezione, in quello che è un vero e proprio “inno alla vita“.

Cast

  • Chuck Krantz: Tom Hiddlestone
  • Chuck Krantz (da giovane): Jacob Tremblay
  • Felicia Gordon: Karen Gillian
  • Marty Anderson: Chiwetel Ejiofor
  • Albie Krantz: Mark Hamill
  • Sarah Krantz: Mia Sara

Trailer

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RECENSIONE
Voto
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Lorenzo Pietroletti
Classe '89, laureato al DAMS di Roma e con una passione per tutto ciò che riguardi cinema, letteratura, musica e filosofia che provo a mettere nero su bianco ogni volta che posso. Provo a rendere la critica cinematografica accessibile a tutti, anche al "lattaio dell'Ohio".
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