Mostrata in anteprima a Venezia82, Il Mostro segna l’ingresso di Stefano Sollima nel terreno fertile della serialità d’autore che trova sempre più spazio nei festival cinematografici. La serie TV è stata presentata fuori concorso il 4 settembre 2025, composta da quattro episodi sarà disponibile su Netflix a partire dal 22 ottobre. Ecco la nostra recensione
Il Mostro, la trama
La serie Il Mostro ripercorre la vera e inquietante vicenda del Mostro di Firenze, uno dei casi più oscuri della cronaca nera italiana, che tra il 1968 e 1985 mieté sedici vittime con otto duplici omicidi nelle campagne intorno a Firenze. Qui Sollima decide di concentrarsi, non a caso, sulla celebre “pista sarda”.
Sollima riscrive il modo di fare true crime
In un panorama dove il true crime è la tendenza del momento, dove la spettacolarizzazione del dolore è l’ordinarietà (vedasi serie come la recente Dahmer) e dove il serial killer è diventata una delle figure più affascinanti della televisione, Sollima dirige un prodotto che il vero assassino lo mostra mai e non solo.
La genialità de Il Mostro è proprio questa, il regista utilizza la tragedia avvenuta in Italia per mostrare i mostri tanto della società del tempo quanto, purtroppo, di quella odierna. A Sollima non interessa realmente chi sia il Mostro di Firenze, passa totalmente in secondo piano di fronte alle altrettante brutalità che compiono i protagonisti della serie.
Più che l’indagine, che è quasi il contorno della serie, seguiamo le vicende delle famiglie Mele e Vinci. Sardi migrati in toscana che al tempo furono al centro delle indagini nella così detta “pista sarda”. Di questi personaggi il regista non ne salva uno, sono tutti marci fino al midollo, si fa fatica nel definirli esseri umani. Ed in questo sono stati bravi gli interpreti, ognuno con un registro diverso a riportarne lo schifo insito nel loro animo.
La denuncia alla società contemporanea
Come accennato prima il regista utilizza questi protagonisti e la storia narrata come pretesto per criticare tutto il male di cui è pregna da sempre la società italiana. Qui vediamo la drammatica storia di Barbara Locci, interpretata ottimamente da Francesca Olia, simbolo di tutte le donne utilizzate come oggetto, stuprate, vittime di violenza domestica, umiliate ed uccise dai propri uomini e non solo.
Sollima usa la vicenda del Mostro per compiere una forte denuncia sociale contemporanea, in una paese dove i femminicidi sono all’ordine del giorno, estremamente necessaria. Impossibile non vedere anche una critica al culto dell’orrore reale che con i social è stato amplificato (come testimoniano fatti recenti). Quella voglia del popolino vouyeristica di vedere del sangue, qui rappresentato metaforicamente dai “guardoni”. Ed in coda con un ultimo episodio da pelle d’oca, ci mostra quanto l’Italia fosse un paese arretrato al tempo e come si rimasto tale.
Un impianto thriller eccezionale
Dal punto di vista formale, la serie è perfetta. Ci vengono mostrate le varie vicende con un montaggio alternato incredibile che salta in vari anni dal 1968 al 1985 ogni volta stravolgendo le carte in tavola, non dando mai allo spettatore una vera certezza. Geniale la scelta di seguire solamente la pista sarda nella quale tutti erano mostri, senza dare una risoluzione.
Come suo solito Sollima non ha timore di mostrare nulla, con una regia cruda mostra tutto ciò che era giusto mostrare, senza mai scadere nella pornografia dell’orrore. L’indagine è incalzante, nulla da invidiare ai thriller statunitensi, ti prende dal primo all’ultimo minuto della serie. Con un finale tanto prevedibile quanto necessario, messo in scena da brividi.
Il tutto è aiutato da una fotografia, di Paolo Carnera, che riesce a riportare perfettamente le atmosfere sporche dell’Italia dell’epoca (lodevole il cambiamento di palette cromatica dalla Sardegna alla Toscana) e una colonna sonora, di Alessandro Cortini, straordinaria che riesce ad aggiungere tensione in ogni singola sequenza.
Conclusioni
In definitiva, Il Mostro, si impone come una delle esperienze seriali più coraggiose e innovative del panorama recente. Sollima costruisce un’opera che non cerca spettacolo, risposte né tantomeno facili rassicurazioni. Ma che al contrario apre vari archi di riflessione, invita ad interrogarsi, lasciando allo spettatore il peso delle zone grigie.
Perfetto nella sua coerenza formale e nella capacità di infondere tensione narrativa, ricerca visiva e forza etica. La serie è destinata a restare come un punto di svolta: non un prodotto da consumate, ma un racconto da vivere e continuare a pensare ogni singolo giorno.
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