Presentato fuori concorso all’82esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Il Maestro è il nuovo film di Andrea Di Stefano con protagonista Pierfrancesco Favino e il piccolo Tiziano Michelli. La pellicola è stata presentata in anteprima a Venezia il 31 agosto 2025. Ecco la nostra recensione.
Il Maestro, la trama
Il film, ambientato in una calda estate italiana degli anni 80’, intreccia le vite del tredicenne Felice (Tiziano Michelli), straordinariamente disciplinato e di Raul Gatti (Pierfrancesco Favino), ex-tennista disilluso e “mentore imperfetto”. La pellicola seguirà le loro vicende in giro per i piccoli tornei di tennis nazionali italiani.
La poesia della sconfitta
Andra Di Stefano con quest’opera costruisce un road movie all’italiana tra tornei nazionali e panorami costieri, ritratti ottimamente, e al contrario di tanti colleghi sceglie di analizzare la poesia della sconfitta in un mondo che celebra solo e solamente la vittoria. Il Maestro è una pellicola che insegna ad accettare la sconfitta tanto nel tennis quanto nella vita, ma una sconfitta che deve arrivare in maniera attiva, mai passiva.
Mai stare dietro a difendere, ma attaccare la rete tanto con un buon serve and volley, un inno al prendere la vita in mano senza mai subirla passivamente. Perdere si, ma giocando bene e divertendosi senza rinunciare a nulla, la filosofia del Raul Gatti di Favino. Contrapposta ottimamente al rigore matematico di Felice e soprattutto di suo padre. Un racconto dolceamaro che non cade in pietosi lieto fine ma tiene il punto fino alla fine, non volendo consolare ma volendo per l’appunto insegnare.
Il tennis come pretesto
Questa è un opera in cui si parla di tennis, ma ci torneremo dopo: più che altro si usa lo sport come pretesto per parlare di fanciullezza, amore, ossessione e paura. Di Stefano confeziona un saggio sulla depressione di fronte al qual è impossibile non emozionarsi, o ritrovarsi se certi brutti momenti li si è vissuti. Un Favino eccezionale, di fianco al quale stona chiunque, in un ruolo struggente nei panni di un personaggio pieno di paure che cerca costantemente aiuto senza mai trovarlo in nessuno.
Ma al contempo dotato di una ironia geniale che permea tutto il film per smorzarne la pesantezza con tempi perfetti. Protagonista di scene potenti, su tutte quella nella villa che dà sulla straordinaria costiera campana, Favino regala l’ennesima grande interpretazione della sua carriera.
Lo stesso non si può dire ovviamente del piccolo Tiziano Michelli, ma che vista la giovane età sono sicuro avrà tanti anni per migliorare. E come citato in precedenza per quanto riguarda il tennis non posso non citare, in un paese dove viene preso Jannik Sinner come esempio massimo di bellezza tennistica, la bellissima ode che qui il regista fa nei confronti del vero bel tennis fatto di attacco alla rete, palle corte e serve and volley.
Una messa in scena rivedibile
Arrivando al neo più grande, di un buon film, abbiamo una messa in scena a tratti decisamente troppo grottesca. Io capisco l’intento di far ridere in momenti pesanti e di giocare con il pubblico quasi rompendo la quarta parete, ma a tratti si esagera in particolare nella seconda parte di film.
Se nella prima abbiamo una messa in scena tutto sommato composta, superata la metà troviamo sequenze totalmente fuori tono al limite del ridicolo. Non le cito esplicitamente onde evitare spoiler, ma una scena all’interno di una cappella ospedaliera mi ha fatto chiedere come fosse possibile che sia stata accettata nel montaggio finale e poi proprio l’ultima inquadratura l’avrei fatta decisamente diversa, anche per rimanere in tono con le tematiche dell’opera.
Conclusioni
Il Maestro conferma Andrea Di Stefano come regista capace di raccontare con misura e cura dei dettagli temi importanti, sostenuto da un protagonista solido come Pierfrancesco Favino. Un’opera tanto emozionante quanto divertente.