Il legame complesso tra cinema e moda, inquadrato perfettamente da Il Diavolo Veste Prada e dal sequel, attesissimo, in arrivo
Nel cuore di New York, tra l’asfalto rovente di agosto e lo scintillio dei flash rubati, tornano loro: Miranda Priestly, Andy Sachs ed Emily Charton. A quasi vent’anno dall’uscita del primo film, le prime foto dal set di Il Diavolo veste Prada 2 confermano ciò che già si intuiva, la moda non è solo il contesto del film ma la sua vera protagonista. E ancora una volta è il cinema a darle voce, corpo e narrazione.
Meryl Streep in un abito rosso fiammeggiante da Met Gala immaginario, Anne Hathaway in completi sartoriali che mischiano rigore e ribellione ed Emily Blunt stretta in un doppio corsetto da passerella con sotto braccio un’iconica borsa Dior nera. Ogni dettaglio non è solo costume, è linguaggio, è drammaturgia. La moda, nel sequel più atteso dell’anno, torna a farsi specchio dei personaggi e del mondo che li circonda. Ma questa relazione, tra cinema e moda, non nasce oggi e non riguarda solo il guardaroba.
Un matrimonio naturale
Cinema e moda si cercano da sempre, e si trovano benissimo. Entrambi sono arti del tempo, si muovono tra le epoche, anticipano i gusti e danno forma all’immagine. Costruiscono personaggi. Un abito ben scelto racconta più di una battuta ben scritta. Quando pensiamo a Holly Golightly non ricordiamo le sue parole, ma l’abito nero di Givenchy in Colazione da Tiffany. Quando rivediamo Espiazione, resta negli occhi quel vestito verde smeraldo che ha segnato un’epoca di cinema e costume.
E se la moda dà corpo ai film, il cinema regala alla moda l’aura e l’immortalità del mito. Lo stilista non è più solo artigiano, ma autore. I suoi abiti vivono, camminano, cambiano significato sul corpo dei personaggi.
Film che indossano la moda
Il diavolo veste Prada è il manifesto più famoso di questo rapporto, ma non l’unico. Coco avant Chanel racconta la nascita di uno stile, quello sobrio, ribelle e rivoluzionario di Gabrielle che è divenuto anche modo di pensare. Il Filo nascosto di Paul Thomas Anderson va oltre, ci porta nella mente ossessiva di uno stilista, mostrandoci come la creazione di un abito possa diventare un atto d’amore, potere e follia. E poi ci sono i documentari, Bill Cunningham New York, Unzipped, Diana Vreeland: The Eyes Has to Travel. Ritratti di chi ha guardato la moda con occhi nuovi, trasformandola in narrazione.
Anche la commedia ha detto la sua, in particolare con Zoolander e i suoi modelli iperbolici e grotteschi. Film che è riuscito a parodiare l’industria fashion rendendola comunque affascinante a suo modo.
Stilisti da set
Alcuni stilisti hanno fatto del cinema una seconda casa. Giorgio Armani ha vestito Richard Gere in American Gigolo, definendo quelle giacche fluide e minimali l’idea di stessa eleganza maschile anni ’80. Successivamente ha continuato a firmare costumi a ripetizione, per citarne alcuni: Il Cavaliere Oscuro e The Wolf of The Wall Street.
Patricia Field, la costumista dietro Sex and the City e il primo Diavolo veste Prada, ha cambiato il modo di intendere la moda televisiva. Non più solo alta moda, ma mix di stili, di generi, di pezzi street e couture. Il suo contributo è stato così determinante da trasformare ogni episodio in una piccola sfilata narrativa.
Oggi, il testimone passa a Molly Rogers, collaboratrice storica di Patricia, che per Il Diavolo veste Prada 2 sta curando look che dialogano con l’evoluzione dei personaggi: non semplici omaggi al passato, ma nuove dichiarazione di intenti.
Moda come scrittura
In fondo i costumi nei film sono come le parole di una sceneggiatura, definiscono tono, atmosfera e relazioni. Un abito può tradire, affermare, mentire, sedurre. Può raccontare un’identità nascosta. Può portare lo spettatore dentro una storia senza bisogno di spiegazioni. La moda al cinema quindi è molto più di un accessorio, è struttura narrativa, parte del racconto tanto quanto la luce, la musica o il montaggio.
Conclusioni
Le prime immagini di Il Diavolo veste Prada 2 non sono solo un assaggio del film che verrà, ma la conferma che la moda al cinema è ancora centrale, potente ed iconica. Non perché faccia tendenza, ma perché racconta, e in un’epoca in cui lo storytelling è ovunque un abito ben raccontato può valere più di mille parole.
A cura di Michele Scarperia
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