A cura di Marta Zoe Poretti
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Ecco la nostra recensione di L'Arca, ottima opera prima del regista Giorgio Caporali
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Da lunedì 21 luglio i veri cinefili potranno felicemente contraddire il cliché che vede il pubblico italiano incapace di vivere la sala cinematografica in estate. E se siete in cerca dell’autenticità e il cuore di un’opera prima che sappia distinguersi per la verità, l’intensità dei suoi personaggi, ma anche per il rigore formale e una stupefacente padronanza del mezzo, L’Arca è il film che fa per voi.
Dopo una pioggia di premi per i suoi cortometraggi, Giorgio Caporali passa infatti dalla categoria “promesse” a quella di nuova voce autoriale, centrando con il suo primo lungometraggio un mirabile equilibrio tra forma e sostanza. De L’Arca infatti non potrete che apprezzare la sensazione della vita vissuta, lontanissima dall’ipocrisia dell’artificio drammaturgico, ma anche da quella autoindulgenza tipica di molti esordi; per altro legata indissolubilmente anche allo stile di molti nomi noti nel panorama del cinema italiano.
Nonostante la giovane età, abbiamo invece apprezzato come Giorgio Caporali abbia saputo centrare un linguaggio audiovisivo asciutto, minimale, senza sbavature, che non si perda alla ricerca del virtuosismo visivo e tecnico, puntando piuttosto a un unico e più essenziale obiettivo: restituire la verità su Martin, Ryan e Beatrice, i tre amici al centro di questo racconto corale, pronto a rileggere in chiave personale e originale i tratti tipici del viaggio di formazione.
Ryan (Malich Cissé) ha solo sedici anni ma ha già sperimentato tutta l’asprezza e le difficoltà di un migrante, giunto in Italia dopo una infernale traversata sui famigerati barconi, e che già da troppo tempo cerca inutilmente di trovare una propria dimensione in un paese che non sembra avere nulla da offrirgli.
Raggiunta la consapevolezza che il sogno di una vita migliore non ha niente a che vedere con la realtà che sta vivendo, e che il suo unico vero desiderio è compiere il viaggio a ritroso per tornare a casa dalla sua famiglia, il giovane clandestino troverà il supporto totale e incondizionato di un vero amico: Martin (Francesco Verando). Quello che inizialmente ci sembra il tipico ribelle di buona famiglia, un imprevedibile bohemienne perso tra le passioni per il cinema, il mare e la libertà, nasconde in realtà un tragico segreto, nonché una profondità e una maturità esistenziale, umana e affettiva che si rivela solo progressivamente.
E del tutto casualmente, mentre i due amici lavorano alacremente al restauro di una vecchia imbarcazione – tanto malmessa che difficilmente possiamo immaginarla riprendere il largo, tanto meno se l’obiettivo è circumnavigare il continente africano – si aggiunge anche Beatrice (Sabrina Martina), vecchia compagna di classe di Martin.
Lei si presenta inizialmente come il suo opposto: seria, studiosa, posata, sta per laurearsi con il massimo dei voti e il suo prossimo step sarà affrontare un colloquio con la prestigiosa London School of Economics. Grazie all’amicizia che lega sempre più profondamente i tre ragazzi, ciascuno di loro imparerà a conoscere l’altro e così anche sé stesso, prendendo sempre più consapevolezza e soprattutto più coraggio per realizzare i propri desideri e affrontare il futuro, sebbene i tre viaggi che li aspettano non potrebbero essere più diversi.
Come ci ha raccontato il regista Giorgio Caporali nella nostra recente intervista (qui la nostra intervista col regista) ciascuno dei tre personaggi al centro de L’Arca è stato immaginato partendo dalla vita vera, persone reali che hanno colpito l’autore e l’hanno spinto a riflettere su alcuni nodi cruciali della contemporaneità e della stessa condizione umana:
l’amicizia come autentica forma di amore, la famiglia che si allarga oltre i confini stabiliti dalla genetica e del sangue, le pressioni sociali che condizionano le nuove generazioni e i falsi miti di individualismo, accumulo e successo che ormai definiscono l’orizzonte del mondo contemporaneo, ma anche le aspettative proiettate da alcuni genitori sui figli, cui spetta l’onere di portare diligentemente avanti, senza tentennamenti né deviazioni il percorso già tracciato per loro, realizzando così i sogni che a quelli stessi genitori erano preclusi e raggiungendo uno status sociale ed economico che rifletta un’idea di stabilità, rispettabilità che forse appartiene a un tempo andato.
Aperti invece all’avventura – e soprattutto all’idea di comprendere, conoscere e rispettare l’altro anche quando ci sembra distante, troppo diverso da noi – questi tre personaggi ci conquistano con le loro storie e le loro emozioni, supportati da un’ottima sceneggiatura e tre talenti attoriali, Cissé Venerando e Martina, che vi consigliamo di tenere d’occhio.
Allo stesso modo, auguriamo a Giorgio Caporali un brillante futuro nell’industria cinematografica italiana, molto bisognosa di questa autenticità e questa padronanza della materia filmica. Non da ultimo, dobbiamo sottolineare infatti come il regista abbia saputo addentrarsi in tutta una serie di campi minati.
Anzitutto, affrontando temi oltremodo spinosi, come quelli della migrazione, il razzismo e l’integrazione nell’Italia contemporanea, riuscendo a schivare il politicamente corretto e la “sindrome del salvatore bianco”, nonché l’orrida ipocrisia di tanto cinema e serie tv a tema. Quindi, con il plot twist legato al personaggio di Martin – il quale naturalmente non verrà rivelato in questa recensione – L’Arca sa commuovere lo spettatore fino alle lacrime senza mai scadere nel melò e nel patetismo.
E last but non least, l’autore sa scrivere e restituire un personaggio femminile moderno, convincente e non stereotipato, tanto da riflettere molteplici spunti autobiografici dello stesso regista. Tutto in quest’opera prima si gioca così nei gesti minimi, la cura del dettaglio, il lavoro con gli attori e la ricerca incessante della loro più intima umanità, senz’ombra della benché minima retorica, né alcuna smania si stupire con mirabolanti colpi di scena o movimenti di macchina. L’Arca vi aspetta al cinema da questo lunedì 21 luglio. E noi, vi consigliamo di non perderlo.
Ryan: Malich Cissé
Martin: Francesco Venerando
Beatrice: Sabrina Martina