L’influencer diventata virale a Wimbledon è una I.A.

Mia Zelu, influencer e modella apparentemente perfetta che ha incantato il pubblico di Wimbleon, in realtà non esiste

mia zelu, influencer
Credits: Instagram/mia zelu
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L’ascesa dell’influencer Mia Zelu, che però non esiste

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Per anni, Wimbledon ha visto aumentare la presenza di celebrità e influencer tra le tribune di SW19, trasformando l’All England Club in una passerella glamour. Tuttavia, l’edizione di quest’anno ha toccato un nuovo apice surreale con l’ascesa di Mia Zelu, una modella apparentemente perfetta che ha incantato il pubblico con il suo stile preppy e la sua estetica sporty chic.

 
 
 
 
 
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Zelu, con oltre 165.000 follower su Instagram, è stata protagonista di post virali che la ritraevano in costume rosa mentre sorseggiava un Pimm’s a bordo campo. Ma dietro l’immagine patinata si nascondeva una verità sorprendente: Mia Zelu non esiste. È un’influencer completamente generata dall’intelligenza artificiale.

Grazie a immagini iperrealistiche e didascalie che esprimono pensieri e sentimenti simili a quelli umani, Zelu è riuscita a ingannare migliaia di appassionati di tennis, facendosi passare per un’ospite reale del torneo.

Nella biografia del profilo, la modella si definisce una narratrice digitale e influencer dell’intelligenza artificiale. In uno dei suoi post ha scritto:

Non ho ancora finito l’evento… ma la festa è tutta un’altra storia.

In un altro, ha chiesto ai follower:

Quale partita di Wimbledon è stata la vostra preferita?

Le foto, che sembrano scattate direttamente dal Centre Court, si inseriscono perfettamente nell’universo visivo tipico degli influencer reali che frequentano Wimbledon. Tra questi, spicca Morgan Riddle, compagna del tennista americano Taylor Fritz, che anche quest’anno ha catturato l’attenzione dei media con la sua estetica “tennis-core”.

Riddle, ex modella, è apparsa nella serie Netflix Break Point nel 2023 ed è stata definita dal New York Times come la donna più famosa del tennis maschile. Il successo della sua immagine sembra essere il modello seguito da Zelu: capelli biondi fluenti, outfit impeccabili e contenuti curati nei minimi dettagli.

Nonostante l’esplicita menzione dell’intelligenza artificiale nella sua biografia, Zelu continua a ricevere centinaia di commenti da fan ignari o incuriositi, tra cui proposte di matrimonio e complimenti entusiasti come sei bellissima.

La modella virtuale ha anche una “sorella” digitale: Ana, dai capelli castani, che ha già superato i 266.000 follower su Instagram.

Uno dei post più controversi mostra l”influencer’ durante il Roland Garros, apparentemente a bordo campo. La didascalia recita

Sole puro e buone vibrazioni! Assorbo ogni briciolo di questa energia… Qual è la tua foto preferita?

Una frase apparentemente innocua, ma potenzialmente fuorviante, vista la natura completamente artificiale del contenuto.

Il fenomeno Zelu si inserisce in un contesto più ampio: l’utilizzo crescente dell’intelligenza artificiale generativa nell’industria dell’intrattenimento. Di recente, Netflix ha confermato di aver utilizzato per la prima volta questa tecnologia in una sua serie originale, L’Eternauta, produzione di fantascienza argentina.

Il co-CEO Ted Sarandos ha dichiarato che l’intelligenza artificiale è stata impiegata per generare una scena complessa, il crollo di un edificio, in tempi più rapidi e con costi inferiori rispetto agli effetti speciali tradizionali.

Secondo Sarandos, la tecnologia può offrire un vantaggio competitivo per le produzioni a basso budget. Tuttavia, l’uso dell’AI resta un tema controverso. Politici, creativi e artisti sono sempre più preoccupati per i rischi legati al copyright, soprattutto quando l’intelligenza artificiale genera contenuti basati su lavori preesistenti senza autorizzazione.

Tra i firmatari di appelli per una maggiore tutela ci sono artisti del calibro di Kate Bush, Annie Lennox, Damon Albarn, Billy Ocean, i Clash, Cat Stevens e Hans Zimmer. In particolare, l’ambito dei social media appare particolarmente vulnerabile alla diffusione di deepfake e contenuti ingannevoli.

Meta ha introdotto una funzione di etichettatura opzionale per i contenuti generati con AI, ma gli esperti temono che queste soluzioni siano insufficienti a prevenire l’uso scorretto della tecnologia, specialmente in contesti politici o informativi.

Che ne pensate?