Andy e Piper sono fratello e sorella, orfani di madre e dopo qualche istante anche di padre. Lei è ipovedente, lui la protegge come può. Dopo la scomparsa dell’ultimo genitore, i due vengono affidati ad una ex psicologa, Laura, che li accoglie con un certo, strano, amore. Almeno all’inizio, fino a quando le cose non inizieranno a prendere una piega molto strana, complice anche il nipote Ollie, che assume un comportamento sempre più strano. Sarà l’inizio di un incubo dal quale non sembra facile risvegliarsi.
Bring Her Back, la Recensione
Se è vero che una rondine non fa primavera, forse due potrebbero far ben sperare per lo meno. In questo senso, il duo registico composto dai fratelli Philippou sembra imporsi con una certa veemenza nel panorama horror contemporaneo, offrendo due prove molto promettenti, interconnesse tra loro per l’idea di cinema e di horror, soprattutto, che portano avanti. Già il primo Talk To Me faceva ben sperare, ma con questo Bring Her Back potremmo quasi asserire che abbiamo due astri nascenti che lasciano ben sperare (magari in un momento di ingiustificata esaltazione post visione).
Ai fratelli Philippou interessa indagare il dramma familiare come concetto di orrore, cosa che rimanderebbe al cinema di Ari Aster, ma con quella differenza che i primi abbracciano un disturbante più manifesto che latente. Le tematiche che Bring Her Back affronta sono molteplici, legate tutte tra loro dalla costante ricerca dello shock ma senza cadere in facili e furbi jumpscare. A onor del vero, qui non ce n’è neanche uno. Le atmosfere vengono esasperate a più a non posso, mettendo in scena contesti familiari malsani e reali.
Si parla di adozioni, di madri acquisite che traggono profitti, incarnate nell’inquietante figura di Laura, magistralmente interpretata da Sally Hawk. Badate bene, il suo personaggio non acquisisce man mano il ruolo di villain. Sin dalle prime scene, dai primi gesti, capiamo che lei è ben lontana dall’essere madre dell’anno. Almeno per come tratta Andy. Il suo costante oscillare tra bene e male la rende sequenza dopo sequenza un personaggio profondamente irritante; il che significa che è tanto ben scritto quanto ben interpretato.
L’incubo dei due fratelli prende una forma nuova, quasi da survival movie ma con una regia particolarmente ispirata e austera, più matura rispetto al primo film. Bring HerBack racconta una storia di morte e possessioni, di un’aldilà che appare violabile. Discorsi già affrontati nel cinema horror, varie e varie volte. Eppure qui la sensazione di film deja vu non arriva mai. Tutto resta nel mistero, non sappiamo a cosa andremo incontro. E quando ci scontreremo con l’amara realtà , ci troveremo spaesati tanto quanto i protagonisti.
Bring Her Back riesce ad essere chiaro e conciso senza mai dover rifugiarsi nel classico spiegone. Anzi, sembra proprio che non abbia alcuna intenzione di farlo. Come se i Philippou sapessero tutto ma al tempo stesso non volessero dir nulla. In tal senso, è emblematico l’inquietante incipit, che ci porta dentro a riti demoniaci come un found footage, interamente girato in una lingua plausibilmente di origine slava. E senza alcun sottotitolo.