Parliamo del finale di Superman
Seguiteci sempre anche su LaScimmiaPensa e iscrivetevi al nostro canale WhatsApp!
Il nuovo Superman diretto da James Gunn (qui la nostra recensione), primo lungometraggio ufficiale dei DC Studios e punto di partenza del rinnovato DC Universe, propone un approccio radicalmente diverso rispetto alla tradizione cinematografica dei supereroi. Invece di insistere sul trauma e sulla distruzione, Gunn opta per un tono più leggero e spensierato, facendo tesoro di oltre due decenni di storytelling apocalittico e portando in scena un Superman che non ha bisogno di essere sempre gravato dal peso del mondo.
Nel climax del film, Metropolis è letteralmente divisa in due da una frattura transdimensionale innescata da Lex Luthor (interpretato da Nicholas Hoult), decisa a far emergere Superman (David Corenswet) per poi ucciderlo. Tuttavia, ciò che colpisce di più non è tanto la distruzione in sé, ma l’ordinata evacuazione dei cittadini. Gunn costruisce con attenzione queste sequenze, suggerendo che gran parte dei grattacieli sia già vuota quando iniziano a crollare.
Queste immagini, che richiamano l’orrore dell’11 settembre, sono state a lungo una costante nei film sui supereroi. La novità, però, è che gli abitanti di Metropolis sembrano ormai abituati a questi cataclismi. Non gradiscono certo dover fuggire dalle macerie, ma nel mondo costruito da Gunn, esseri con superpoteri – i metaumani – esistono da oltre 300 anni. L’umanità è da secoli abituata a convivere con mostri giganti, supercriminali sociopatici e minacce cosmiche. È quasi routine.
Questa premessa consente a James Gunn di svincolarsi da qualsiasi obbligo di elaborazione del trauma, a differenza di film precedenti come L’uomo d’acciaio, dove la battaglia tra Superman (Henry Cavill) e il Generale Zod (Michael Shannon) lasciava Metropolis devastata e il mondo sconvolto. Quello shock narrativo era talmente potente da determinare la trama di Batman v Superman: Dawn of Justice, dove Bruce Wayne (Ben Affleck) cerca vendetta per l’accaduto.
Anche in Avengers: Age of Ultron e Infinity War, i traumi collettivi determinano le azioni successive dell’intero universo cinematografico Marvel, dagli Accordi di Sokovia fino all’epopea del Blip. Ma secondo Gunn, quel tipo di narrazione è ormai superata. Il pubblico, afflitto da una nuova generazione di paure, ha meno bisogno di esorcizzare gli eventi traumatici post-11 settembre.
Il nuovo Lex Luthor rappresenta perfettamente questa attualizzazione: è un miliardario sociopatico che manipola i social media con disinformazione e gestisce gulag extragiudiziali per eliminare oppositori. È un villain contemporaneo, radicato nel presente, più simile a una minaccia reale che a un classico cattivo dei fumetti.
Il cuore narrativo del film non è la distruzione esterna, bensì le battaglie interiori dei personaggi. Superman scopre che i suoi genitori biologici non erano salvatori altruisti, ma esseri imperfetti che lo hanno mandato sulla Terra con l’idea di dominarla. Lois Lane (Rachel Brosnahan) affronta una crisi personale dopo che Superman le confessa il suo amore. La frattura che squarcia Metropolis? Solo un altro giorno in ufficio.
In un’altra era di cinecomic, la scoperta che Ultraman, l’arma segreta di Lex, è in realtà un clone di Superman, avrebbe spinto l’eroe in una crisi esistenziale. In questo film, invece, Superman chiama il suo cane Krypto, fischia e lancia il clone in un buco nero. Ironico, leggero, efficace.
Una delle osservazioni più frequenti è che questo Superman sembri un fumetto della Silver Age che prende vita: un’epoca in cui la narrazione serviva prima di tutto come evasione pop. Rendendo l’audacia supereroica un evento quotidiano, Gunn libera i DC Studios dall’obbligo di dare costantemente un senso di meraviglia e terrore alla vista di un uomo che vola o spara raggi dagli occhi.
Alla fine del film, Mister Terrific (Edi Gathegi), concittadino di Superman, riesce a invertire la frattura e ricompone Metropolis. Resta una cicatrice visibile nel cuore della città, ma le sue strutture non sembrano gravemente compromesse. Le due scene post-crediti rafforzano questo tono rilassato.
Nella prima, Superman e Krypto osservano la Terra dalla Luna in un momento di quiete assoluta. Nella seconda, Superman e Mister Terrific guardano una crepa in un edificio ricomposto. Superman commenta: È un po’ storto. Terrific, spazientito, ribatte: Cosa vuoi che faccia? Vuoi che lo smonti e lo rimetta insieme? Mentre si allontana, Superman cerca di scusarsi: Ehi amico, mi dispiace, non volevo farti arrabbiare. Non avrei dovuto tirar fuori l’argomento! Poi, tra sé e sé: Accidenti. A volte so essere proprio uno stronzo
Un epilogo che esprime perfettamente l’anima del film: leggero, autoironico, divertente. E soprattutto, autonomo. Nessuna delle due scene post-crediti fa riferimento diretto ai prossimi titoli del DCU – come Supergirl, Lanterns o Peacemaker, tutti menzionati all’inizio del film – rafforzando così la sensazione che questo nuovo Superman sia, finalmente, un film compiuto in sé.
Che ne pensate?