Marina Abramovic parla della natura fortemente sess*ale di molte sue performance, e spiega perché lo fa: non è solo per provocare, o meglio non proprio
Lo sappiamo, se c’è una artista che nelle sue “performance”, come direbbe Virginia Raffaele, sa provocare è proprio lei: Marina Abramovic, la donna che da decenni fa discutere con opere come Rhythm 0, del 1974, nella quale invitava i visitatori a “farle tutto quello che volevano”, restando ferma accanto a un tavolo con svariati oggetti per sei ore.
Oppure Role Exchange, performance che l’ha vista scambiarsi di ruolo con una prostituta di Amsterdam mentre quest’ultima si presentava all’apertura di una mostra al suo posto. E poi anche il “remake” di una performance di Vito Acconci in Seedbed, nella quale si è masturbata in presenza del pubblico – ma nascosta – per ore e ore.
Come mai le sue opere hanno così spesso a che fare con sesso, la sessualità e l’erotismo? Lo spiega lei stessa: “Metto in scena queste situazioni per liberarmi dalla paura del dolore, ma ho bisogno dell’energia del pubblico per farlo. Quando performi non sei la povera, piccola fragile Marina; è il tuo super-io, che può fare tutto”, ha detto in una intervista del 2024 con The Times.
In un AMA su Reddit nel 2013, invece, spiegava: “Prendo solo le idee di cui ho paura o che sono disturbanti, o che [mi portano] in territori in cui non sono mai stata prima; è molto importante creare alti standard per te stessa, comunque sia. Le mie idee vengono dalla vita, non dallo studio”, sostiene l’artista serba.