Uno degli ementi più evocativi di 28 Anni dopo
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Il primo trailer di 28 Anni Dopo, terzo attesissimo capitolo della serie horror firmata da Danny Boyle e Alex Garland (qui la nostra recensione), ha catturato subito l’attenzione del pubblico per le sue immagini disturbanti, popolate da zombie e da un’Inghilterra distopica e devastata. Ma a rendere il trailer davvero inquietante non sono solo le scene apocalittiche: è soprattutto un canto spettrale, martellante, ad amplificare l’angoscia, trasformando ogni fotogramma in una marcia verso la follia.
Si tratta di Boots, poesia scritta da Rudyard Kipling nel 1903, adattata in una registrazione del 1915 dall’attore Taylor Holmes. La poesia, originariamente pensata per evocare la monotonia logorante della marcia dei soldati durante la Seconda guerra boera, diventa in questo contesto un vero e proprio strumento di tortura emotiva: la voce acuta e nasale di Holmes segue un ritmo militare, inizialmente monotono ma via via sempre più isterico, in crescendo con le immagini e la musica del trailer.
Ho marciato per sei settimane all’inferno e certifico
che non si tratta di fuoco, oscurità o altro,
ma di stivali, stivali, stivali, stivali che vanno su e giù,
e non c’è congedo in guerra!
Prova, prova, prova, prova a pensare a qualcosa di diverso.
Oh, mio Dio, impediscimi di impazzire!
Questa drammatica declamazione è stata davvero utilizzata anche in contesti militari reali: secondo la Kipling Society, la registrazione è stata impiegata dall’esercito degli Stati Uniti nei programmi di addestramento psicologico SERE (Sopravvivenza, Evasione, Resistenza e Fuga), proprio per il suo impatto destabilizzante.
Nel film 28 Anni Dopo, la poesia occupa un ruolo molto più piccolo rispetto alla sua evidenza nel trailer, ma conserva comunque un tono minaccioso. Accompagnata da un sintetizzatore di bassi opprimente, fa da colonna sonora a una delle scene più angoscianti: la marcia di Spike e suo padre verso la terraferma, infestata dagli infetti. È un simbolo forte: stanno marciando verso la guerra.
Ma perché utilizzare proprio questa poesia, così anacronistica e carica di colonialismo britannico? Boyle lo ha spiegato in un’intervista a Variety:
Avevamo tutti questi archivi che volevamo usare per raccontare la cultura che l’isola stava insegnando ai suoi figli – ha detto il regista. Era una cosa molto regressiva: guardavano indietro a un’epoca in cui l’Inghilterra era grande
Boyle collega direttamente Boots al celebre discorso di San Crispino tratto dall’Enrico V di Shakespeare, in cui si celebra l’eroismo inglese:
Stavamo cercando una canzone, un inno, un discorso. A un certo punto abbiamo pensato di usare proprio quello, ma ci è sembrato troppo scontato. E poi abbiamo guardato il primo trailer che ci ha mandato la Sony – io e Alex lo ricordiamo vividamente – e c’era questa registrazione, e abbiamo pensato: “Porca miseria!”. Era di una potenza sorprendente.
Come è arrivata la registrazione nel trailer di 28 anni dopo? A raccontarlo è David Fruchbom, vicepresidente esecutivo della pubblicità creativa globale di Sony: fu Megan Barbour, allora direttrice musicale dell’agenzia Buddha Jones, a proporla. Avendo familiarità con la registrazione grazie alla sua esperienza nei corsi SERE, Barbour la suggerì al montatore Bill Neil dopo aver letto il briefing sul film.
Volevamo sfruttare la forza delle immagini e non volevamo troppi dialoghi – ha spiegato Fruchbom. Buddha Jones ha presentato tre diversi teaser trailer, e quello con Boots era chiaramente la scelta giusta
Il risultato fu così potente che Boyle decise immediatamente di inserirlo anche nel film:
È come un’osmosi inversa – afferma. È entrato nel film e sembrava dare un senso a gran parte di ciò che stavamo cercando di raggiungere.
La poesia di Kipling, attraverso la voce straziante di Holmes, assume oggi una nuova vita, più potente che mai:
Bisogna alzare la mano e dire: “Com’è possibile che qualcosa registrato più di 100 anni fa abbia lo stesso potere viscerale che avrebbe sempre dovuto avere?” – si meraviglia Boyle. Lo mantiene ancora: nel mondo di TikTok, ha ancora quell’impatto. È incredibile.
Che ne pensate? Avete già visto 28 anni dopo?