L’attacco di Sigfrido Ranucci
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Lo scorso 12 giugno, le proteste dei giornalisti Rai hanno portato sotto i riflettori un accordo appena siglato tra l’azienda e i sindacati. Il patto, frutto di un compromesso volto alla regolarizzazione di alcune posizioni lavorative, prevede che circa 120 giornalisti, oggi impegnati nei programmi di approfondimento e inchiesta delle reti nazionali, vengano trasferiti alle redazioni regionali. Un cambiamento strutturale che, pur rispondendo alla necessità di stabilizzare i contratti, ha suscitato un’ondata di critiche.
Tra i più duri nel contestare l’accordo si è fatto sentire Sigfrido Ranucci, che ha espresso forte solidarietà ai colleghi coinvolti, molti dei quali rischiano di dover abbandonare redazioni dove lavorano da anni in condizioni di precarietà. La sua preoccupazione, tuttavia, non si limita alla sorte dei singoli: secondo Ranucci, l’intera logica dell’accordo sarebbe viziata, perché lascia scoperti i posti chiave nei programmi di inchiesta, senza apportare un reale rafforzamento all’informazione locale.
Io ricevo quotidianamente telefonate di colleghi che sono nelle sedi regionali che vogliono venire a Report perché là non hanno lo spazio per fare giornalismo d’inchiesta e raccontare delle notizie perché c’è il politico di turno, l’imprenditore di turno o addirittura il criminale di turno che gli impedisce facendo pressioni… A volte tutte e tre le figure coincidono in una sola.
Una dichiarazione destinata a scuotere gli equilibri interni. Non si è fatta attendere la replica del direttore della TgR, Roberto Pacchetti, che ha risposto con fermezza alle accuse. Pacchetti ha definito le parole di Sigfrido Ranucci “profondamente offensive” e prive di fondamento, rimarcando l’impegno delle redazioni locali e difendendo la loro autonomia editoriale.
Profonda amarezza e incredulità che un collega della nostra azienda attribuisce a una testata come la TGR una sudditanza nei confronti di poteri esterni. Queste gravissime parole colpiscono una delle realtà giornalistiche più attive del servizio pubblico. Pesanti macigni scagliati ad altezza uomo contro centinaia di colleghe e colleghi.
Una simile affermazione, priva di riscontri e generalizzata, danneggia il giornalismo tutto, non solo quello regionale. Le dichiarazioni di Sigfrido Ranucci, secondo cui ‘nelle sedi regionali della TGR non si riescono a fare inchieste perché bloccate dal politico o dal mafioso di turno’ sono profondamente offensive per tutti noi che lavoriamo nelle redazioni della TGR in tutta Italia. Invito Ranucci a seguire meglio i nostri TG regionali e le nostre rubriche.
Che ne pensate?