Dahmer, il poliziotto che lo arrestò racconta cosa vide

jeffrey dahmer
Credits: YouTube/Jeffrey dahmer rare interview longer - xCylar
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La storia di Jefffrey Dahmer continua a scioccare il mondo

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Il caso di Jeffrey Dahmer, noto come il Cannibale di Milwaukee, continua a suscitare orrore e sconcerto a oltre trent’anni dal suo arresto. Considerato uno dei serial killer più sadici e spietati della storia americana, Dahmer è stato autore di 17 omicidi tra il 1978 e il 1991. Oggi, un testimone diretto degli eventi – il tenente di polizia in pensione Michael Dubis – torna a parlare di quella notte terribile, confermando quanto ancora le immagini di quell’appartamento lo tormentino.

Dahmer era un molestatore sessuale e serial killer che uccise e fece a pezzi diciassette uomini e ragazzi. Le sue pratiche aberranti includevano necrofilia, cannibalismo e il tentativo di conservare parti dei corpi delle vittime come feticci o trofei, trasformando il suo appartamento in un vero e proprio “museo dell’orrore”.

La sua storia è stata oggetto di innumerevoli documentari, film e serie TV, tra cui la miniserie di Netflix del 2022 Monster: The Jeffrey Dahmer Story con protagonista Evan Peters. Questi prodotti hanno alimentato una crescente fascinazione per il true crime, ma per chi ha vissuto in prima persona gli eventi, l’esperienza è stata devastante.

Intervistato da FOX & Friends, il tenente Michael Dubis, all’epoca tra gli agenti della squadra omicidi di Milwaukee, ha ricordato i momenti successivi all’arresto di Dahmer come qualcosa di ancora difficile da elaborare.

È un’impresa piuttosto ardua anche per un detective della omicidi – ha raccontato Dubis. Quando siamo arrivati, ecco cosa avevamo.

Il tenente ricorda di essere stato avvertito dai colleghi della presenza di fotografie scioccanti e della possibile presenza di una testa umana in una scatola.

Il caso esplose quando l’ultima vittima designata da Dahmer riuscì a fuggire e allertare due agenti di pattuglia, Robert Rauth e Rolf Mueller. I poliziotti entrarono nell’appartamento trovando foto Polaroid raccapriccianti di corpi smembrati e una testa umana nel frigorifero.

C’erano teste umane, ossa e cose del genere ovunque. In ogni cassetto che aprivamo, in ogni armadietto, c’erano parti di corpi – ha raccontato Dubis, descrivendo la perquisizione dell’appartamento come “più simile a smantellare un museo che a una scena del crimine tradizionale”.

Notti inquiete, non incubi – ha aggiunto il poliziotto, riferendosi alle conseguenze psicologiche di quella scoperta.

Anche l’odore dell’appartamento – descritto come un “dolciastro odore chimico” – rimane impresso nella sua memoria.

Ironia della sorte, quell’odore è ancora presente nella stanza in cui abbiamo ammucchiato i suoi effetti personali quella mattina – ha rivelato. Entro lì dentro e resto immobile… e poi ci torno

Durante le indagini, Dubis ha anche avuto un breve contatto telefonico con Lionel Dahmer, padre del serial killer e autore nel 1994 del controverso libro A Father’s Story, in cui cerca di raccontare il figlio dal suo punto di vista.

Abbiamo parlato per qualche minuto – ha raccontato Dubis. Gli ho detto che Jeffrey stava bene, che stavamo indagando su un omicidio, ma che lui era in centro, stava parlando con altri detective, non era ferito. Quella è stata praticamente la fine della conversazione

Molti dettagli dell’indagine e della vita di Dahmer sono stati ripresi con buona accuratezza nei documentari e nelle serie TV, compresi i racconti dei vicini che segnalavano da tempo strani rumori e odori provenienti dall’appartamento. Dubis ha confermato che queste rappresentazioni “sono molto vicine alla realtà”, anche se l’odore, più chimico che di decomposizione, resta difficile da descrivere con precisione.

Dopo essere stato condannato a 16 ergastoli consecutivi, Dahmer fu incarcerato nel 1992. Tuttavia, la sua permanenza in prigione durò poco: il 28 novembre 1994, venne picchiato a morte da un altro detenuto nella prigione di Columbia, nel Wisconsin. Aveva 34 anni.

Terribile.