A distanza di due decenni dalla pubblicazione di Ballate per piccole iene, Manuel Agnelli torna a portare in tour uno degli album più iconici della scena alternativa italiana. Un ritorno non solo musicale, ma esistenziale: l’occasione per confrontarsi con ferite mai rimarginate, ricordi pesanti e un presente artistico che, secondo lui, lascia molto a desiderare.
In una lunga e intensa intervista a Rolling Stone Italia, Agnelli ha raccontato il percorso che lo ha riportato su quel palco, le sue riflessioni sullo stato della musica nel nostro Paese e le sue scelte artistiche, spesso controcorrente. Le sue parole sono taglienti, sincere, e aprono uno squarcio su una visione critica e consapevole del sistema musicale italiano, ma anche su un travagliato percorso personale.
Durante la conversazione, Manuel Agnelli ha parlato apertamente del difficile periodo attraversato in passato, di una crisi profonda e del bisogno di trovare ancore di salvezza, strumenti per riemergere:
Ne ha prese di legante Manuel Agnelli per tirarsi fuori dal periodo buio, anche sesso droga & rock and roll, dalla disillusione, per accettarsi, per diventare più consapevole
La ricorrenza del ventennale di Ballate per piccole iene diventa così il pretesto per riportare sul palco l’intero disco, proposto per intero nella prima parte di ogni concerto. Accanto ad Agnelli, la band originale del 1995: una scelta che suona come il desiderio di ricomporre pezzi di storia personale, chiudere conti rimasti aperti, riannodare fili interrotti. Album cupo, teso, venato di rabbia e disillusione, fu composto in un periodo di profonda perdita di punti di riferimento.
Avevo perso ideali e punti di riferimento. Dalla fine degli anni ’80 e per tutti i ’90 si pensava che il mondo potesse migliorare. Cade il muro di Berlino, Arafat e Rabin si stringono la mano, crolla la dittatura di Ceaușescu, arriva Mani Pulite. Sono stati anni forti anche dal punto di vista musicale, pensa a tutto il movimento grunge, a Jeff Buckley, ai Radiohead. Pensavo: questa grande musica sta andando in classifica, quindi sta cambiando anche il nostro mondo. Poi ci sono state Genova, le due torri …”
L’artista, che ha attraversato la scena indipendente come protagonista assoluto e catalizzatore di energie creative, oggi osserva con distacco e critica il panorama musicale italiano. Le sue parole non lasciano spazio a interpretazioni:
Il mondo della musica italiana fa cagare, l’atmosfera fa cagare ed è il motivo per cui non sono rimasto legato a un particolare ambiente. Sarei diventato creativamente più rigido. Da quella roba lì ho cercato di uscire il prima possibile perché era un mondo di sfigati. Voglio lavorare con persone che stimo, non con gente che ha i miei stessi stessi gusti in fatto di suoni di chitarra.”
Manuel Agnelli denuncia un sistema musicale stagnante, dominato da dinamiche produttive omologate, da formule ripetitive, da un’industria che sembra aver smarrito la sua funzione espressiva:
Nella musica più che in altri campi dell’arte abbiamo vissuto anni di appiattimento, è lo specchio della globalizzazione. Negli ultimi vent’anni in Italia cinque produttori e cinque autori hanno fatto la maggior parte delle canzoni che infatti son tutte uguali, suonano allo stesso modo, hanno gli stessi ingredienti e la parte tecnologica della produzione conta molto di più della scrittura, per non parlare dei contenuti.
Ecco, quella roba lì ha rotto i coglioni. Entro qualche anno, io spero il meno possibile, tutta ’sta merda verrà spazzata via, finalmente. Per lasciare spazio a che cosa non lo so, ma qualsiasi cosa è meglio di quel che c’è adesso. Un indizio però ce l’ho.
Nonostante lo scenario sconfortante, Manuel Agnelli lascia intendere che non tutto è perduto. C’è ancora vita nell’underground, anche se lontano dai riflettori. Sul suo futuro televisivo, in particolare riguardo a X-Factor, mantiene un riserbo che lascia spazio a ogni possibilità.
Che ne pensate di queste parole di Manuel Agnelli?