Clair Obscur: Expedition 33, una lezione per l’industria

Il successo clamoroso di Clair Obscur: Expedition 33 dovrebbe dar molto da pensare all'industria videoludica

Clair Obscur Expedition 33
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Qualche parola sul bellissimo Clair Obscur: Expedition 33

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Negli ultimi giorni non si parla d’altro. Clair Obscur: Expedition 33 ha conquistato immediatamente critica e pubblico. Sviluppato da Sandfall Interactive, piccolo team francese composto per lo più da ex sviluppatori Ubisoft, il gioco ha catalizzato l’attenzione globale con una potenza impressionante, diventando la nuova ossessione del mondo videoludico.

Clair Obscur: Expedition 33 è qualcosa di speciale. Anche se non siete fan degli RPG è probabile che ne abbiate comunque sentito parlare. Ma dietro l’entusiasmo collettivo si nasconde anche un certo giustificato disagio da parte deli grandi dell’ industria, colta di sorpresa da un progetto capace di dimostrare quanto talento e visione possano bastare per far brillare anche senza budget faraonici. Il successo dello studio francese non è stato gradito da tutti: alcuni si sono affrettati a sottolineare che il gioco non è stato davvero sviluppato da “30 persone” o che non andrebbe preso come un campanello d’allarme. Eppure rappresenta un segnale forte e chiaro.

Una tela complessa

expedition33 maelle

Il primo punto di forza del gioco sta senza dubbio nella sua narrativa. In un mondo ispirato alla Francia del Novecento, una misteriosa presenza denominata la Pittrice, ogni anno cancella un’intera generazione nel corso di una lugubre cerimonia chiamata Gommage. I nostri protagonisti sono destinati ad una morte imminente, quindi decidono di partire organizzando la Spedizione, oltre i mari che circondano la città di Lumière, con l’obiettivo di rompere questo ciclo.

La trama vale la pena di essere vissuta in prima persona, perchè si tratta di una delle migliori storie raccontate utilizzando il mezzo videoludico. I personaggi sono identificati da tratti distintivi che vengono spiegati con cura e le loro storie svelate lentamente. Ci si ritrova ad esplorare e a scoprire un mondo che nasconde molto più di quello che appare a prima vista e il viaggio dei protagonisti è emozionante e commovente, senza mai risultare banale o forzato.

Il fiore all’occhiello di Clair Obscur: Expedition 33 però è senz’altro il sistema di combattimento, che mescola i classici stilemi di Final Fantasy e elementi moderni come la schivata e il parry, creando sinergia fra la necessaria prontezza di riflessi e una buone dose di tatticismo. Il team non ha voluto semplificare nulla per rendere il gioco più accessibile al grande pubblico e al contrario, ha abbracciato la profondità. Le battaglie sono intense, tecniche, con parate e schivate da eseguire manualmente, che promuove la creatività nelle build fondate su oggetti speciali come i Pictos e i Lumina.

La grando sorpresa è che la mente dietro al progetto, Guillaume Broche, abbia apposto la sua firma su titoli come Ghost Recon: Breakpoint, uno degli esempi più lampanti di mancanza di creaatività nell’industria. Un semplice ingranaggio nella catena di montaggio Ubisoft, che negli anni è diventata il simbolo della desertificazione creativa nel mondo dei videogiochi e che ora paga le conseguenze della sua inconcepibile miopia fra le critiche inoppugnabili dei suoi fan e un titolo in borsa ormai in caduta libera.

Clair Obscur: Expedition 33 è la prova vivente che il talento c’è sempre stato e aveva solo bisogno di un contesto in cui potesse esprimersi liberamente.

Una critica implicita al settre tripla A

Il trionfo di Clair Obscur: Expedition 33 impone una riflessione amara su cosa sia diventata l’industria videoludica. Le stesse persone che oggi fanno sognare con la loro opera indipendente ieri venivano impiegate per costruire giochi senz’anima, infarciti di meccaniche ripetitive, monetizzazioni predatorie e campagne marketing vuote.

L’opera di Sandfall Interactive dimostra che nell’arte serve coraggio e questo verrà sempre ricompensato. In un panorama che spinge ad alzare il prezzo di videogichi di dubbio gusto, a dominare sono progetti indipendenti nati dalla passione, come Clair Obscur: Expedition 33, oppure Remastered di leggende del passato, come Oblivion.

Entrambi questi titoli sono stati offerti al prezzo di 50€ e davanti ad una biforcazione storica per il medium, gli appassionati hanno scelto in massa la strada che porta a premiare la passione e non l’avarizia. Clair Obscur: Expedition 33 dimostra come sono i videogiocatori, in quanto clienti, consumatori e appassionati, ad avere in mano il timone e il rigetto sistematico nei confronti di ciò che le grandi software house cercano di forzare ci fa guardare con speranza al futuro

L’impatto di Clair Obscur: Expedition 33 ricorda quello che ha avuto Baldur’s Gate 3 nel 2023, un gioco che ha riportato in auge un genere che si credeva morto, stabilendo un nuovo standard di qualità. Anche in quel caso i soliti sospetti hanno provato a sostenere che si trattava di un’eccezione, di un miracolo irripetibile. Ma la verità è un’altra e sta diventando troppo evidente per poterla nascondere dietro a campagne di marketing propagandistiche.

Come disse Swen Vincke, direttore di Larian Studios, durante i Game Awards: “Uno studio crea un gioco perché vuole giocarlo. Non per aumentare le quote di mercato. Non per servire un brand. Non per soddisfare obiettivi arbitrari imposti da un consiglio d’amministrazione.”

È questo il segreto che nessuno vuole ammettere, ma più verrà ignorato, più emergeranno giochi come Clair Obscur: Expedition 33, pronti a ricordarlo al mondo che il videogioco è arte prima di essere business.

Due visioni a contrasto

Oggi l’industria videoludica è divisa. Da un lato c’è chi vede il gioco come un servizio, un veicolo per impossessarsi del denaro degli appassionati. Dall’altro c’è invece chi lo considera una forma d’arte. Non c’è nulla di male nel cercare un ritorno economico, le software house sono aziende ed è legittima la loro ricerca del profitto, ma quando questa diventa l’unica priorità, l’esperienza inevitabilemente si svuota.

Per questo oggi si cerca di convincerci che i videogiochi devono costare 90€, che i contenuti devono essere frammentati e venduti a parte, ogni interazione deve essere monetizzata. È un processo graduale, subdolo, che però sta lentamente alienando lentamente la base di utenti più appassionati. Esisteranno sempre i Call of Duty e GTA che muoveranno decine di milioni di copie, ma la ricerca del profitto sta annebbiando le priorità delle software house, che rischiano di relegarsi ad un ruolo sempre più minoritario e non si rendono conto che arriverà un momento in cui non basteranno influencer e certa stampa a salvarli dall’irrilevanza.

Clair Obscur: Expedition 33 costa 50€, non ha microtransazioni, e regala un mondo ricco, profondo, creato con passione. Offre un’esperienza unica a cui tutti dovrebbero ispirarsi, perchè il suo mondo si esplora col cuore, non con la carta di credito.