Ogni giorno, una persona media scorre sullo schermo dello smartphone contenuti per una lunghezza complessiva di circa 90 metri. Per dare un’idea, è quasi quanto l’altezza della Statua della Libertà. Un dato impressionante, che però nasconde conseguenze preoccupanti.
Questo comportamento è noto come “doom scrolling” o “zombie scrolling”, due fenomeni digitali che stanno diventando sempre più comuni, soprattutto tra i giovani. Si tratta di abitudini che possono avere un impatto significativo sulla salute mentale, sul sonno e persino sulle capacità cognitive.
Zombie scrolling vs Doom scrolling: qual è la differenza?
Secondo il Newport Institute, queste due modalità di fruizione compulsiva dei contenuti online hanno caratteristiche differenti:
Quando scorri in modalità zombie, fissi il tuo smartphone con sguardo assente mentre passi da un feed all’altro – si legge.
Il doom scrolling, invece, è legato alla ricerca continua e compulsiva di notizie negative o angoscianti, spesso senza una finalità precisa se non quella di alimentare stati d’ansia e preoccupazione.
Schermo e salute: sette ore al giorno sotto stress digitale
Dati recenti rivelano che la maggior parte delle persone nel mondo trascorre in media poco meno di sette ore al giorno davanti a uno schermo, e spesso parte di questo tempo è dedicata allo scrolling notturno, proprio prima di andare a dormire. Secondo diversi studi, basta anche solo un’ora di utilizzo del telefono prima di dormire per compromettere la qualità del sonno.
Gli effetti sul cervello: la “decomposizione cerebrale”
Lo zombie scrolling non impatta solo il riposo, ma anche le funzioni cognitive. Il dott. Don Grant, PhD, consulente nazionale per la gestione dell’uso sano dei dispositivi al Newport Institute, mette in guardia contro un sintomo crescente:
Un sintomo è quello che viene definito ‘decomposizione cerebrale’ – spiega.
Il Newport Institute lo descrive come “uno stato di annebbiamento mentale e declino cognitivo derivante da un eccessivo utilizzo degli schermi”.
Anche se non è una condizione clinicamente riconosciuta, si tratta di un fenomeno reale, osservato sempre più frequentemente nei soggetti giovani.
Impatto emotivo e confronto sociale
Il dott. Grant sottolinea anche i gravi effetti negativi sulla salute mentale associati allo scrolling compulsivo:
Per i giovani, l’impatto di ciò che vedono sui social media può essere estremamente destabilizzante e più a lungo lo fanno, maggiore sarà l’impatto su di loro – afferma. Scrollare non significa semplicemente guardare qualcosa: implica delle emozioni ed è una cosa personale.
Grant usa l’espressione “confrontare e disperare” per descrivere la tendenza tipica degli utenti — soprattutto adolescenti — a paragonare la propria vita a quella idealizzata che vedono sui social, in particolare su app come Instagram, dove l’apparenza può prevalere sulla realtà.
Una vita “non vissuta” a causa dello zombie scrolling
Infine,il zombie scrolling impedisce alle persone di vivere pienamente la realtà che le circonda, come evidenzia il dottor Grant. La continua esposizione ai contenuti digitali allontana dall’esperienza autentica del mondo fisico, generando una sorta di disconnessione dalla vita reale.
Che ne pensate? Anche voi siete vittima dello ‘zombie scrolling’?