Perfect days è un film che non lascia indifferenti. Nonostante sia presentato come un drama, è forse più corretto classificarlo come uno slice of life, uno spaccato di una settimana nella vita del protagonista, un umile addetto alle pulizie dei bagni pubblici a Tokyo che vive seguendo la sua perfetta routine. Il film non vuole costruire tensione, non vuole creare drammi. Assistiamo ad una settimana della vita di Hirayama facendo da spettatori alla sua routine.
Di Hirayama non sappiamo alcunché, nemmeno il nome. Ci viene fatto capire che qualcosa è successo: nonostante la professione umile, Hirayama è un uomo di cultura appassionato di letteratura, che ascolta musica occidentale in musicassette, che lavora con orgoglio, con un hobby incredibilmente giapponese e filosofico: la fotografia komorebi (in brevissimo: catturare la luce che filtra attraverso i rami degli alberi, farne percepire le sensazioni) .
Kōji Hashimoto interpreta Hirayama con naturalezza mostrando tutta la sua abilità ed esperienza, eccellendo non soltanto nei dialoghi ma anche e soprattutto nella fisicità, comunicandoci lo stato d’animo e le emozioni del personaggio con una limpidezza disarmante senza mai esagerare, senza mai diventare una maschera.
Perfect days richiama intenzionalmente lo stile di Yasujirō Ozu, uno dei più grandi registi giapponesi di sempre, con il suo storytelling minimalista e la centralità della vita quotidiana, nonché la aspect ratio 4:3. In definitiva, Perfect Days è una storia delicata che emoziona senza scendere nel tragico e nel drammatico, che non annoia e ci lascia porre domande che evidenziano la tridimensionalità del suo protagonista senza insultare l’intelligenza dello spettatore.
Diretto da Wim Wenders al massimo delle sue capacità e trainato dall’abilità del veterano Kōji Hashimoto, con un cast di contorno in cui ogni singolo attore interpreta perfettamente il proprio ruolo, Perfect Days è un film perfetto.
