I 12 migliori film per conoscere il cinema d’azione orientale [LISTA]

Nonostante sia spesso meno conosciuto, il cinema d'azione orientale ha fatto scuola anche in Occidente. Ecco 12 capolavori del genere.

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09) Old Boy (2003) – Park Chan-wook

Old Boy (2003) - Park Chan-wook, azione orientale Corea del Sud

Senza apparente motivo, Oh Dae-su (Choi Min-sik) si risveglia in un’angusta stanza di appartamento senza possibilità di fuga. In attesa della liberazione, l’uomo si allena fisicamente e cerca di capire chi possa averlo rapito. Dopo diversi anni, Oh si ritrova dentro una valigia sopra al tetto di un palazzo. Ha quindi inizio il viaggio dell’uomo alla scoperta del proprio passato…

Forte di un incredibile successo al Festival di Cannes, Old Boy ha aperto definitivamente le porte del cinema sudcoreano al mondo occidentale. Durante l’evento, Quentin Tarantino definì l’opera come “il film che avrebbe voluto fare”, contribuendo di fatto alla sua diffusione. Il film è tratto da un manga (giapponese) di Garon Tsuchiya e Nobuaki Minegishi ed è il secondo capitolo della “trilogia della vendetta”. Gli altri titoli, Mr. Vendetta (2002) e Lady Vendetta (2005), sono stati diretti dal medesimo regista.

Old Boy ha consacrato l’attore Choi Min-sik come uno tra i maggiori attori sudcoreani (soprattutto nel genere thriller). La sua interpretazione fu talmente apprezzata che il regista lo reclutò nuovamente per il professor Baek di Lady Vendetta. Come suggerisce il titolo della trilogia, il tema principale è la vendetta, sia di Oh che del suo sconosciuto rapitore. Il film si caratterizza per alcuni colpi di scena di forte impatto.

Lo stile impiegato da Park Chan-wook per dirigere Old Boy lo ha reso uno dei più interessanti registi del cinema contemporaneo. Oltre all’uso frequente del grandangolo per distorcere l’immagine, rimane indimenticabile la scena del combattimento nel palazzo di detenzione. Inquadrando parallelamente la lotta, la macchina da presa effettua solo carrellate a destra o sinistra, richiamando i picchiaduro a scorrimento laterale del mondo videoludico. Lo stile innovativo e a tratti fumettistico e la profondità psicologica dei personaggi hanno reso Old Boy un classico contemporaneo.

10) Vendicami (2009) – Johnnie To

Vendicami (2009) - Johnnie To

Irene (Sylvie Testud), una madre di famiglia, riesce a sopravvivere per miracolo a una sparatoria che ne ha sterminato la famiglia. Costello (Johnny Hallyday), il padre di lei, parte quindi dalla Francia per sincerarsi delle sua salute. Nonostante le gravi condizioni, riesce a rivelare al padre il numero degli aggressori e la ferita riportata da uno. Costello, quindi, parte alla ricerca dei carnefici…

Il nome del protagonista ricorda immediatamente Jef Costello (Frank in italiano), protagonista del film Le Samourai (Jean Pierre-Melville, 1967). Johnnie To è infatti un regista prima di tutto noir che nutre una profonda ammirazione per il cinema occidentale. Ricordiamo anche Exiled (2006), altro suo film significativo, in cui l’impronta dello spaghetti western è molto marcata. To ha però dato prova anche di un’incredibile originalità di stile nel grottesco thriller PTU (2003), considerato il suo capolavoro.

I produttori imposero al regista di redigere l’intera shot list (lista delle inquadrature) del film. Si tratta di un cambio di rotta per lui, solito improvvisare sia la regia delle scene d’azione sia gran parte dei dialoghi. Il protagonista, il cantante francese Johnny Hallyday, fu l’unico a leggere i dialoghi, mentre gli altri attori, per essere più spontanei, si limitarono a conoscere per intero la storia. Vendicami riesce quindi a bilanciare i tecnicismi del noir americano alle improvvisazioni del cinema di Hong Kong.

Il punto di forza dello stile di Johnnie To è l’uso estremamente suggestivo della profondità di campo per disporre in modo peculiare gli attori nell’inquadratura. Le scene d’azione, invece, spesso in slow-motion, ricercano più la raffinatezza fotografica che la spettacolarità. La sequenza finale in cui Costello insegue l’aggressore della figlia, in particolare, sancisce Johnnie To come il regista più elegante del cinema d’azione orientale.

11) The Raid – Redemption (2011) – Gareth Evans

The Raid - Redemption (2011) - Gareth Evans, azione orientale Indonesia

Un imponente condominio nel centro di Giacarta sta per essere occupato dalle forze di polizia. Il giovane ufficiale Rama (Iko Uwais) e la sua squadra di agenti scelti sono sulle tracce del signore del crimine locale Tama Riyadi (Ray Sahetapy). Inizialmente, va tutto secondo i piani e la polizia si fa strada nell’edificio. Ma giunti al sesto piano, gli agenti vengono scoperti e Tama non esita a chiamare i rinforzi…

Come suggerisce esplicitamente il titolo, The Raid mette in scena un raid della polizia, senza retorica e senza romanzare. Il regista britannico Gareth Evans proveniva infatti da un documentario sul pencak silat, un’arte marziale indonesiana. Data la ricerca di realismo, il film è molto efferato ed esplicito, senza però mai esagerare né cadere nell’assurdo. L’opera è riuscita a unire pubblico e critica, che hanno apprezzato entrambi la profondità dei personaggi e le coreografie.

Dopo Merantau (2009), il regista torna a collaborare con l’attore indonesiano Iko Uwais, altra importante icona dell’azione orientale. La sua peculiarità risiede soprattutto nella fisionomia: viso fanciullesco, volto aguzzo, occhi rotondi, ampi e neri. Insieme a Yayan Ruhian, Iko ha curato egli stesso le coreografie dei combattimenti, alternando le mani nude all’utilizzo di armi da taglio.

Il regista riprende il tutto utilizzando massicciamente la camera a mano e operando tagli di montaggio spesso quasi impercettibili. Il filtro carbonizzato della grana simboleggia la dilagante criminalità che sta riducendo in polvere il paese. Gli effetti speciali curati da Kevin Reeves enfatizzano il lato crudo e realistico che contraddistingue The Raid. Il successo del film è stato replicato dall’altrettanto validissimo sequel The Raid 2 – Berandal (2014).

12) The Grandmaster (2013) – Wong Kar-wai

The Grandmaster (2013) - Wong Kar-wai

Non poteva mancare nella lista di film sul cinema d’azione orientale un’opera sul grande maestro del kung fu Ip Man (1893-1972). A differenza soprattutto della tetralogia omonima con protagonista Donnie Yen, The Grandmaster si mantiene più fedele alla biografia dell’eroe. L’opera in esame mostra vari eventi della vita di Ip Man, soffermandosi soprattutto sul rapporto con Gong Er (Zhang Ziyi), figlia del maestro del Nord. La narrazione avviene attraverso flashback ed ellissi, in un uso del tempo tipico di Wong Kar-wai.

Ip Man ha raggiunto la fama internazionale per aver diffuso la tecnica del wing chun, stile di kung fu, e per aver allenato Bruce Lee. A interpretare il grandmaster è Tony Leung, che riesce perfettamente a restituire il carisma e la saggezza attribuite a Ip Man. Ma bisogna ricordare anche Zhang Ziyi, perfetta nell’interpretare la profondità psicologica di Gong Er.

The Grandmaster fu annunciato nel 2008, ma il progetto ebbe una produzione molto travagliata. Si tratta di un’incursione nel cinema d’azione di uno dei registi contemporanei più importanti (non solo in Asia), solitamente concentrato sul dramma a forte connotazione romantica. A riprese iniziate, la lavorazione subì un rallentamento per una ferita al braccio riportata da Leung. Inoltre, gran parte del pubblico americano non vide la versione internazionale di 123 minuti, bensì una da 108 montata da Weinstein. L’opera conquistò due candidature all’Oscar (montaggio e fotografia).

Per quanto riguarda lo stile, Wong Kar-wai utilizza il ralenti per soffermarsi sulla tecnica dei combattimenti. Tra questi, occorre segnalare il confronto tra Ip Man e Gong Er e quello tra quest’ultima e il perfido allievo Ma San (Zhang Jin). Nel primo, molto dinamico, i due combattenti sembrano più ballare e scambiarsi sguardi d’amore (che sboccerà subito dopo). Il secondo, invece, avviene sullo sfondo di un treno in corsa, che ne alimenta il dinamismo.