Gli 11 Migliori Film del 1982 da vedere assolutamente [LISTA]

Dai magnifici effetti speciali di E.T. - L'extra-terrestre al travagliato Fitzcarraldo, ecco 11 opere che hanno segnato il 1982.

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Il pianeta azzurro – Franco Piavoli (1982)

Il pianeta azzurro, Franco Piavoli, 1982

Il pianeta azzurro è sicuramente un documentario sperimentale sul pianeta Terra. L’opera segue infatti il ciclo delle stagioni e la vita degli abitanti del pianeta, dagli animali agli esseri umani. Abbandonando la funzione divulgativa ed esplicativa del documentario, il film preferisce puntare esclusivamente sul lato visivo e su quello sonoro.

Silvano Agosti, altro maestro poco noto del cinema italiano, affidò l’attrezzatura personalmente a Franco Piavoli, commissionandogli un lungometraggio. Piavoli, nel circuito dei cortometraggi da ormai 30 anni, realizzò le riprese con la collaborazione di Neria Poli nel 1981. Oltre a numerosi premi e alla nomination al Leone d’Oro a Venezia, il film ricevette il plauso di Andrej Tarkovskij, che lo definì un capolavoro.

Un po’ come il coetaneo Koyaanisqatsi di Godfrey Reggio, Il pianeta azzurro non ha dialoghi né trama, ma in più non ha neanche le musiche. Infatti, la componente sonora del film è data esclusivamente dalla melodia prodotta dagli animali e dal paesaggio. L’unico brano musicale appare alla fine del film è tratto da una composizione di Josquin Desprez.

La citazione iniziale tratta dal De rerum natura di Lucrezio permette di capire che Piavoli abbia impostato l’opera come poema visivo. Derivano immagini suggestive che si sposano perfettamente con i suoni dell’ambiente. Il risultato è un film fortemente contemplativo che invita a riflettere sulla bellezza del creato una società improntata ormai al consumismo. Non servono parole, bisogna lasciarsi trasportare e stabilire una connessione con la natura.

Made in Britain – Alan Clarke (1982)

Made in Britain, Alan Clarke

Trevor (Tim Roth) è uno skinhead sociopatico che compie crimini più o meno gravi che si concludono in tribunale. Tuttavia, la sentenza è sempre la stessa: essendo il ragazzo minorenne, egli non può andare in prigione. Tuttavia, Trevor viene condotto in un centro di riabilitazione, dove incontra Errol (Terry Richards). Il giorno dopo, i due vanno a cercare un lavoro…

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Made in Britain è un film televisivo tanto controverso quanto interessante. Alan Clarke, il regista, ha dedicato la sua filmografia alla critica nei confronti del sistema giudiziario britannico. In Made in Britain, infatti, non esistono personaggi positivi: sia lo skinhead che i suoi educatori sono al centro del mirino. Capita infatti spesso che i tutori della legge minaccino o addirittura adoperino la violenza per cercare di aprire gli occhi a Trevor.

Clarke dirige senza moralismi né complessità narrativa, narrando una storia molto semplice e breve (72 minuti). Tuttavia, la ricerca del realismo è l’obiettivo principale. Ne scaturisce un linguaggio volgare ed esplicito, come sono anche i contenuti (si pensi alla scena dell’inalazione del collante Evo-Stik).

Made in Britain rappresenta l’esordio di Tim Roth, che porta in scena il controverso skinhead completamente “made in Britain” (ossia frutto di una società corrotta). Lo stile di Clarke abbonda di long take e inquadrature spesso fisse; inoltre, il regista utilizza la steadycam per spostarsi negli ambienti, tecnica allora insolita in TV. La punk rock band inglese The Exploited firma invece le adrenaliniche musiche. Numerosi, infine, sono gli estimatori del film, da Harmony Korine a Gus Van Sant.

Next of Kin – Tony Williams (1982)

Next of kin, Tony Williams

Dopo la morte della madre, la giovane Linda Stevens (Jacki Kerin) eredita il Montclare, un edificio rurale ora sede di una casa di riposo. Una volta stabilita, la ragazza trova e legge il diario di sua madre e altri documenti, tra cui quelli relativi alla morte di sua zia. A un tratto, però, uno dei residenti della casa di riposo viene trovato affogato in una vasca da bagno…

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Ampiamente elogiato da Quentin Tarantino, Next of kin (trad. “parente prossimo”) è un horror interessante ma purtroppo nascosto. Un’ossessiva aura di mistero aleggia attorno all’intero film e non lascia tregua allo spettatore. Nonostante alcuni passi di trama possano risultare scontati o già visti, l’opera ha comunque dei meriti di originalità.

Lo stile del film è sicuramente il punto di forza principale. Il ralenti è usato in modo peculiare, in quanto, invece di essere utilizzato per enfatizzare l’azione, caratterizza scene non ancora contestualizzate. Risulta quindi un effetto di straniamento. Tarantino poi ha paragonato il film a Shining di Stanley Kubrick, che sicuramente è la fonte principale di Next of kin. Per esempio, il regista Tony Williams riprende le inquadrature dall’alto e il ragazzino che si sposta nei corridoi (sostituito dal gatto).

Visivamente, l’opera è molto suggestiva. Oltre all’inquietante trucco dei cadaveri, sono presenti scene oniriche, come quella di un anziano defunto che si affaccia da una finestra su sfondo blu. Ma il motivo principale per cui bisogna ricordare Next of kin è che rifiuta qualsiasi tipo di categorizzazione. Infatti, il film contiene in sé diversi generi, come lo psicologico, lo slasher e l’action che non risultano mai fuori posto.